Basta invasione da Tunisia e Libia - QdS

Basta invasione da Tunisia e Libia

Carlo Alberto Tregua

Basta invasione da Tunisia e Libia

venerdì 05 Agosto 2022

Di Maio, falliti gli accordi

È indispensabile aiutare i bisognosi. Ne parlavano Agostino di Tagaste e San Francesco, ma è anche un principio morale al quale nessuno deve sottrarsi. Però c’è modo e modo per aiutare il prossimo bisognoso e c’è anche una questione di quantità perché non si può dividere con gli altri la povertà, ma si può venire incontro al prossimo se si hanno disponibili risorse di diverso tipo.

La questione degli immigrati che sbarcano a migliaia a Lampedusa è diventata insostenibile. In quell’isola, nel cuore della stagione turistica estiva, il movimento di migliaia e migliaia di cittadini fuggiti dai loro Paesi è un elemento di grande pena e disordine.

Ovviamente disordine e pena sono finanziati da un mare di risorse che lo Stato riversa su quell’isola sottoforma di mantenimento di un esercito di dipendenti e dirigenti pubblici che organizzano l’accoglienza e l’assistenza agli immigrati stessi.

I governi passati e l’attuale hanno tentato di riversare gli immigrati negli Stati partner dell’Europa, pro quota, ovvero in proporzione alle popolazioni. Però tutti i partner hanno fatto orecchie da mercante, con la conseguenza che l’Italia ha dovuto affrontare, e continua ad affrontare, questa invasione disordinata che ha solo una giustificazione umanitaria, ma non certo di equa distribuzione.

A monte di questa invasione, il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in tale veste per buona parte della Legislatura, iniziata il 4 marzo 2018, ha effettuato convenzioni con Libia e Tunisia per attivare posti di controllo in uscita e sorvegliare le spiagge, in modo da evitare la partenza di barche, barchini e barconi, soprattutto quelli organizzati dalla malavita, che pare esiga da dieci a quindicimila euro a persona. Cosicché l’accoglimento degli immigrati si traduce in una sorta di finanziamento ai criminali, oltre che in morti quando i mezzi di trasporto affondano.

Tirate le somme, non sembra che questa politica a maglie larghe sia di interesse del nostro Paese e neanche di quei poveracci che per raggiungere i nostri lidi rischiano la vita, spesso morendo.
Pochi immigrati arrivano dal Marocco e nessuno dall’Algeria. Nel primo Paese, il re, Muhammad VI, ha imposto il blocco alle partenze, quindi sfuggono alla sorveglianza della Polizia marittima pochi barchini. In Algeria, sotto la ferrea gestione del presidente, Abdelmadjid Tebboune, non parte proprio nessuno perché le disposizioni del governo sono tassative e nessuno si permette di trasgredirle.

In Libia, invece, dopo l’infausta caduta di Gheddafi, voluta dall’allora presidente francese Sarkozy, il caos istituzionale è sovrano. Sono in carica due governi, di cui solo uno riconosciuto dalla Comunità internazionale, con la conseguenza che di fatto le spiagge non sono sorvegliate.
Qualche tempo fa i governi italiani dell’epoca donarono delle motovedette ai governi libici in carica per controllare le coste, ma a distanza di tempo questa iniziativa si è rivelata fallimentare.

Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ex prefetto, fa parte di un governo che, riguardo alla materia trattata, ha un preciso indirizzo: lasciar fare. Per cui gli addebiti alla stessa sono fuor di luogo perché l’attuale politica di accoglienza è decisa dal Consiglio dei Ministri e dal suo premier, non dal ministro dell’Interno da solo.

Con l’estate, l’affluenza a Lampedusa si è amplificata, tanto che l’hotspot è sempre stracarico di persone, che superano il doppio migliaio, mentre la capienza è di trecentocinquanta posti.
Il Governo spende soldi per noleggiare traghetti, atti a spostare gli immigrati, oltre che mantenere centinaia e forse migliaia di propri dipendenti sull’Isola, proprio per provvedere all’assistenza di questo flusso migratorio.

C’è un modo per cambiare lo stato di cose? Certamente: basta far sapere che le maglie dell’accoglienza si restringono e che nel nostro Paese possono entrare solo gli stranieri che ne facciano domanda all’ambasciata italiana della loro patria; un modo ordinato di accogliere gli immigrati e di distribuirli in maniera razionale.

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