Catania, la Gdf “scova” due importanti reperti risalenti al V secolo a.C. - QdS

Catania, la Gdf “scova” due importanti reperti risalenti al V secolo a.C.

Paola Giordano

Catania, la Gdf “scova” due importanti reperti risalenti al V secolo a.C.

sabato 19 Novembre 2022

Sequestrate due teste di terracotta di origine ellenica, frutto a quanto pare di scavi clandestini. La soprintendente Aprile: "Realizzeremo un allestimento per valorizzare questo patrimonio"

CATANIA – Due pezzi dal valore storico-culturale inestimabile, unici nel panorama della storia antica, sono stati restituiti alla cittadinanza a seguito di un sequestro effettuato dalla Guardia di finanza di Catania nella notte di giovedì 17 novembre. I dettagli dell’operazione sono stati resi noti nel corso di una conferenza stampa tenutasi ieri mattina nella sala Koiné del nucleo di Polizia economico-finanziaria di Catania delle Fiamme gialle.

“Nel corso di un normale servizio di controllo sul territorio svolto dai nostri militari della Compagnia Pronto Impiego di Catania – racconta al QdS Massimiliano Pacetto, comandante del I gruppo della Guardia di Finanza di Catania – è stato notato un movimento sospetto di un’autovettura con a bordo, come scoperto in un secondo momento, due siracusani. I militari hanno fermato i due soggetti per capire il loro comportamento strano e nel corso dell’ispezione del mezzo hanno individuato all’interno del bagagliaio due teste in terracotta avvolte da carta e vecchi indumenti che successivi approfondimenti della Sovrintendenza ai Beni culturali di Catania e dell’Università di Catania hanno permesso di datare al V secolo a. C., nel cosiddetto periodo ‘Severo’ dell’arte greca”.

I due soggetti a bordo dell’auto fermata in località Belpasso, presso un’area di servizio lungo la statale 121, sono stati segnalati all’Autorità giudiziaria per “ricettazione e illecito possesso di beni di valore storico-archeologico”, mentre i due reperti sono stati immediatamente sequestrati e sottoposti ad esami tecnico-scientifici per stabilirne l’esatta datazione. “Quasi certamente – dichiara il tenente colonnello Pacetto – i due reperti provengono da scavi clandestini” e adornavano le falde di copertura di un edificio sacro o di carattere funerario. Il loro valore è dal punto di vista storico-culturale inestimabile ma “nel mercato dell’arte si potrebbe immaginare aggirarsi al mezzo milione di euro” specifica Pacetto.

Ad aprire la conferenza stampa è stato il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Catania, Antonino Raimondo, che ha fatto un plauso ai suoi uomini per “la brillante attività condotta”. Presente all’incontro anche il rettore dell’Università di Catania, Francesco Priolo, il quale ha sottolineato che, grazie alle analisi effettuate, è stato possibile “datare in maniera precisa e sicura i reperti e, quindi, autenticare il fatto che si tratta di ritrovamenti risalenti al V secolo a.C.” che adesso potranno essere “fruiti da tutta la popolazione”. “I manufatti antichi – ha spiegato Priolo – nel tempo accumulano energia che se rilasciata nella maniera opportuna riesce a dirci esattamente qual è il periodo nel quale i manufatti siano stati realizzati”, il quale ha concluso il suo intervento sostenendo che “quando scienza e cultura umanistica si incontrano si riesce ad avere un risultato straordinario”. “Per i due reperti verrà prossimamente realizzato un allestimento specifico con l’obiettivo di valorizzare questo patrimonio” ha poi annunciato la soprintendente dei Beni culturali etnea, Donatella Aprile, la quale ha ribadito l’importanza scientifica ma anche culturale di reperti come quelli rinvenuti dalle Fiamme gialle.

All’interno della conferenza ampio spazio è stato dato al metodo di datazione utilizzato in circostanze, come questa, nelle quali il campione da datare si trova fuori contesto: “Quella del prelevamento del campione – ha precisato Anna Maria Gueli, professore associato di Fisica applicata ai Beni culturali e ambientali – è una fase ‘distruttiva’. In un’analisi di costi/benefici è il prezzo da pagare. Si tratta però di una fase microdistruttiva perché vengono effettuati nel reperto fori di piccolissima profondità (1 mm) e di piccolo diametro (3 mm)”. Si è passati quindi al test di autenticità con la tecnica della termoluminescenza: grazie alla collaborazione tra il Dipartimento di Fisica e Astronomia e quello di Ingegneria Elettrica, Elettronica e Informatica dell’ateneo catanese è stata messa a punto una metodologia innovativa basata su un metodo di transduzione non invasiva, che anche applicato a reperti fuori contesto consente di valutare non solo l’autenticità ma anche la compatibilità con l’eta presunta dei due reperti. “è una soluzione – aggiunge Carlo Trigona, ricercatore di Misure elettriche ed elettroniche – che ci consente di stimare l’età presunta con incertezza contenuta”.

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