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Comuni aggregati per avere più forza e garantire servizi efficienti ai cittadini

Fabrizio Giuffrida

Comuni aggregati per avere più forza e garantire servizi efficienti ai cittadini

martedì 23 Gennaio 2024

A livello nazionale diminuisce il numero di Enti locali operativi, ma in Sicilia i dati sono in controtendenza

ROMA – A partire da questa settimana il numero dei Comuni presenti in Italia è diminuito al numero di 7.896. Un processo, quello del ridimensionamento degli Enti locali presenti sul nostro territorio, iniziato dopo il 2001, quando si è raggiunto il numero massimo di Municipi pari a 8.101 unità. Da allora, però, le cose sono cambiate: dando vita a un mutamento lento, se confrontato con quello di altri Paesi europei, ma costante.

In Italia il calo è stato solamente del 2,5%

Dando infatti un attimo uno sguardo a ciò che avviane nel nostro Paese e a quanto invece accade al di fuori dei nostri confini, il paragone è presto fatto: in Italia il calo è stato solamente del 2,5%, in Grecia la riduzione è stata del 68%, nei Paesi Bassi del 25%, in Germania del 13%, in Austria dell’11% e in Francia del 5%. Allo stato attuale l’Italia è il quarto Paese europeo per numero di Enti municipali dietro a Francia, Germania e Spagna.

I dati sono contenuti all’interno di una ricerca pubblicata nei giorni scorsi da Fondazione Think Tank Nord Est, “un laboratorio di idee – come si legge sul sito ufficiale – proposte e progettazioni al servizio del territorio. Nata su iniziativa di Giuseppe Bortolussi, storico segretario della Cgia di Mestre e primo presidente della Fondazione Think Tank Nord Est, oggi mette insieme circa ottanta imprese di Veneto e Friuli Venezia Giulia, dedicandosi in particolare al territorio compreso tra le province di Venezia, Treviso, Udine e Pordenone. La Fondazione Think Tank Nord Est è un soggetto animatore del dibattito sullo sviluppo del territorio e facilitatore dell’attività delle imprese. Si pone obiettivi quali: agevolare l’attività delle imprese, stimolando il processo di sburocratizzazione e di semplificazione amministrativa di tutto il Paese; valorizzare le risorse culturali, ambientali, e agroalimentari del territorio, anche in chiave di sviluppo turistico; favorire la nascita e la condivisione, a livello istituzionale ed imprenditoriale, di progetti di area vasta sul territorio”.

L’Italia rimane quindi un Paese di piccoli centri

Come sottolineato dunque all’interno della ricerca della appena citata Fondazione, l’Italia rimane quindi un Paese di piccoli centri. “Infatti – si legge nel report – gli Enti con meno di 5.000 abitanti sono ancora 5.521 (il 70% del totale), mentre 2.012 Municipi hanno addirittura meno di 1.000 abitanti (il 25,5%). I Comuni con meno di 5 mila abitanti mettono insieme complessivamente 9,7 milioni di abitanti, pari al 16,5% del totale nazionale. Invece, nei Municipi con meno di 1.000 abitanti risiede poco più di un milione di persone, meno del 2% della popolazione italiana. I piccoli Comuni si trovano soprattutto nelle aree alpine e appenniniche, ma sono presenti anche nelle basse pianure del Nord e in alcune aree del Meridione”.

Il numero maggiore di Comuni italiani è in ogni caso concentrato nel Nord del Paese: il 19% si trova in Lombardia e quasi il 15% in Piemonte; in queste due regioni ci sono più di 1.000 Enti con meno di cinquemila abitanti. In Valle d’Aosta, capoluogo a parte, tutti i Comuni sono di piccola dimensione, ma una percentuale molto significativa di piccoli Municipi si registra anche in Molise (94,1%), Piemonte (88,6%), Trentino Alto Adige (85,8%), Sardegna (83,8%), Abruzzo (83%) e Basilicata (81,7%). E in tale contesto, oggi più che mai, l’unione fa la forza. Le piccole realtà decidono di fare squadra attivando gli strumenti previsti dalla legge nazionale e di avere in questo modo maggiore forza per garantire ai cittadini una qualità dei servizi sempre maggiore. È grazie alle ultime fusioni realizzate in Veneto, per esempio, che il numero dei Municipi italiani è sceso sotto quota 7.900. In quella parte d’Italia, infatti, sono stati istituiti i nuovi Comuni di Setteville, derivante dall’aggregazione di Alano di Piave e Quero Vas, nel bellunese, e Santa Caterina d’Este, formato dalla fusione di Carceri e Vighizzolo d’Este, nel padovano. Infine, nel vicentino, Sovizzo si è unito a Gambugliano mantenendo il nome Sovizzo

In Veneto, dunque, il numero dei Comuni è sceso a quota 560: poco più della metà (286, pari al 51%) ha ancora meno di 5.000 abitanti, mentre 37 sono addirittura al di sotto della soglia dei 1.000 residenti. In Friuli Venezia Giulia, invece, i percorsi di fusione si sono arrestati da tempo e il totale dei Municipi è fisso a 215: ben 153 (il 71%) ha meno di 5.000 abitanti, mentre sono 52 gli Enti con meno di 1.000 residenti. La Sicilia è in controtendenza rispetto al resto del Paese: negli ultimi anni, infatti, l’Isola ha visto la nascita di un nuovo Comune, quello di Misiliscemi, nel trapanese, facendo arrivare il numero totale di Enti locali a 391. Forse anche qui sarebbe il caso di valutare il processo inverso: unire le forze delle varie realtà istituzionali per rendere più efficienti le proprie strutture istituzionali. Una strada che potrebbe essere utile vista anche la grave carenza di figure professionali di cui ormai da tempo soffrono i Municipi della Sicilia.

Associazioni, Unioni e Fusioni: cosa prevede l’ordinamento italiano

Vi sono vari modi attraverso cui i Comuni possono “unire le forze” e collaborare con l’obiettivo di raggiungere migliori risultati sul fronte dell’efficienza.

Secondo la legge italiana gli Enti locali possono stipulare tra loro apposite convenzioni per svolgere in modo coordinato determinati funzioni e servizi. In alternativa, due o più Comuni possono costituire una Unione, vero e proprio Ente locale dotato di statuto e di organi rappresentativi propri, per l’esercizio stabile di funzioni e servizi. L’ordinamento prevede due tipologie di esercizio in forma associata tramite Unione di Comuni o convenzione: quella, facoltativa, per l’esercizio associato di determinate funzioni e quella obbligatoria, per i Comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti per l’esercizio delle funzioni fondamentali.

La fusione di due o più Comuni

Vi è inoltre anche la fusione di due o più Comuni, con l’istituzione di un nuovo Ente, che costituisce la forma più compiuta di semplificazione e razionalizzazione della realtà dei piccoli centri. Occorre ricordare che tutte queste forme di compartecipazione godono di incentivi statali.
Come si legge all’interno di un rapporto del Centro Studi della Camera, “a seguito della Legge 56/2014 (la cosiddetta Delrio) sono state emanate numerose disposizioni volte a favorire dal punto di vista finanziario i processi di aggregazione e di gestione associata delle funzioni, con particolare riguardo alla fusione di Comuni. Da qui il crescente interesse da parte dei Municipi, soprattutto di quelli di ridotta dimensione demografica, nei confronti di queste nuove forme di governance, anche in risposta al difficile quadro finanziario e ordinamentale che ha caratterizzato il comparto degli Enti locali in questi ultimi anni. Numerose disposizioni, soprattutto di carattere finanziario, sono state emanate per incentivare i processi di accorpamento tra i Comuni, e in particolare per favorire la fusione di Comuni, incrementando la dotazione finanziaria stanziata nel Bilancio dello Stato per l’erogazione dei contributi straordinari a esse spettanti e accrescendo l’entità del contributo erogabile ai singoli comuni”.

Lo scorso novembre assegnati contributi per oltre 2 milioni di euro

Lo scorso novembre, per esempio, il ministero dell’Interno ha assegnato contributi per un totale di 2.381.689 euro in favore di 27 Unioni dei Comuni le cui Regioni non sono destinatarie, per l’anno 2023, delle risorse statali a sostegno dell’associazionismo comunale. Ulteriori contributi, ugualmente per l’anno 2023, sono stati destinati alle Unioni di Comuni e alle Comunità montane per l’esercizio in forma associata esclusivamente di funzioni e servizi di competenza esclusiva dello Stato. In totale 106 gli Enti interessati, per un totale di euro 2.621.393 euro. Le risorse complessivamente assegnate hanno quindi superato di poco i cinque milioni di euro.

“Il Viminale – ha dichiarato il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro – segue con grande attenzione e sostiene con l’erogazione di importanti risorse le forme associative degli Enti locali, che consentono di migliorare la qualità dei servizi ai cittadini, razionalizzare la spesa e perseguire l’efficienza e la semplificazione amministrativa, superando le difficoltà legate alla frammentazione dei piccoli Comuni”.

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