Coronavirus, il premier Conte, "programmiamo la fase 2" - QdS

Coronavirus, il premier Conte, “programmiamo la fase 2”

redazione web

Coronavirus, il premier Conte, “programmiamo la fase 2”

giovedì 02 Aprile 2020

Non c'è ancora la data, dice il Presidente del Consiglio, ma già stiamo lavorando. Il virologo Pregliasco, "ripresa da maggio". Dai test sierologici la vera foto dell'epidemia: 36 laboratori in undici regioni. Calcio, Serie A dal 24 maggio?

“Non siamo in grado di dire ora quando terminerà” l’emergenza. “Sarei la prima persona contenta” di poter “allentare le misure”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte alla tv spagnola.

“Posso dire – ha aggiunto – che vogliamo uscire quanto prima dalla fase di emergenza più acuta. Già ora stiamo programmando una nuova fase di gestione dell’emergenza, in cui allentare alcune misure e apprendere a convivere con il virus”.
Infine “arriverà la fase dell’uscita definitiva, per ricostruire il tessuto economico e sociale e per il rilancio dell’economia”.

Il virologo Pregliasco, siamo ancora a plateau, fase 2 da maggio

Un’idea di quando potrebbe partire la fase 2 è venuta dal virologo dell’Università di Milano Fabrizio Pregliasco, secondo il quale “siamo ancora in una fase di plateau per l’andamento dei casi, anche se ci sono primi positivi segnali di un rallentamento, e ritengo che la fase due di graduale riapertura del Paese non possa verosimilmente avviarsi prima di maggio”.

“Sulla base dei dati forniti – ha affermato l’esperto – ci troviamo ancora in una fase di plateau e per l’inizio della discesa reale dei casi stimo si dovrà attendere ancora tra una e due settimane”.

Dunque, “verosimilmente la fase due di graduale riapertura potrà partire non prima di maggio ma mantenendo comunque delle misure di sicurezza come il distanziamento. L’ipotesi di una riapertura scaglionata sarebbe inoltre la più opportuna, con una priorità per tipologia di attività”.

Inoltre, “quando arriverà la validazione ufficiale che indichi quali sono i più efficaci test sierologici per la rilevazione degli anticorpi al SarsCov2, dovranno essere avviati screening ampi ma mirati su categorie della popolazione. Il risultato di positività, ovvero la conferma che si sono sviluppati anticorpi al virus – conclude – potrebbe anche diventare un parametro sulla cui base organizzare il graduale rientro alle attività lavorative”.

Dai test sierologici la vera foto dell’epidemia

Il momento della riapertura, dunque, non è vicinissimo, ma bisogna prepararsi fin da adesso per poter capire esattamente con quale gradualità sarà possibile tornare a una vita normale e uno degli strumenti fondamentali per farlo sono i test sierologici per la ricerca degli anticorpi.

Sono questi test, secondo i ricercatori, che potranno aiutare a comprendere per esempio quante siano state le persone hanno avuto il virus in Italia, oltre ai casi diagnosticati. Soprattutto nella fase della riapertura diventa importante individuare chi ha avuto l’infezione, ma senza sintomi o con sintomi così lievi da non avere avuto la diagnosi.

Si calcola che sarebbe sufficiente che fosse il 50% della popolazione per poter riaprire il Paese senza rischi.

Al momento esistono soltanto delle stime, secondo le quali il numero potrebbero essere da cinque a dieci volte quello delle persone che hanno avuto la diagnosi, ma il numero reale è sconosciuto.

“Lo strumento per portare alla luce questa realtà sommersa sono i test sierologici che nel sangue individuano la presenza degli anticorpi contro il coronavirus SarsCoV2”, ha osservato il virologo Francesco Broccolo, dell’università Bicocca di Milano e direttore del laboratorio Cerba di Milano.

“Mentre i tamponi forniscono una diagnosi diretta, individuando i frammenti genetici del virus nei campioni prelevati da naso e gola, i test sierologici – spiega l’esperto – forniscono una diagnosi indiretta rivelando la presenza degli anticorpi, ossia se l’infezione sia avvenuta in passato o meno”.

Si preparano 36 laboratori in undici regioni, ecco la mappa

Esistono test sierologici più rapidi ed economici ma meno affidabili e che per questo hanno bisogno di essere validati; ci sono poi altri test più complessi e costosi, ma più affidabili, per i quali sono al momento 36 i laboratori pubblici di almeno undici regioni che si stanno organizzando.

Tre laboratori in Sicilia, a Messina e Palermo

La Campania è la regione che ne ha di più, con sette laboratori pubblici fra Napoli, Caserta e Benevento; segue la Liguria, con sei centri che hanno fatto richiesta fra Genova, La Spezia e Savona; cinque ne ha la Lombardia, tutti a Milano e alcuni in fase di sperimentazione; cinque sono i laboratori in Veneto, fra Padova, Vicenza, Verona e Mestre; tre sono in Sicilia, a Messina e Palermo, e tre in Piemonte, a Novi Ligure, Alessandria, Arona e Acqui Terme; due sono nel Lazio, entrambi a Roma; due in Toscana, a Massa e Pisa, dove sta partendo un protocollo di studio; hanno infine un laboratorio il Friuli Venezia Giulia (Trieste), Emilia Romagna (Reggio Emilia) e Puglia (Bari)​.

Calcio, ipotesi di ripresa della Serie A il 24 maggio

Nell’ipotesi di “normalizzazione” è coinvolto anche il mondo dello sport e il ministro Vincenzo Spadafora sta lavorando a un piano straordinario per far ripartire le attività da maggio, sempre che l’epidemia del coronavirus lo permetta.

La Serie A sta valutando insieme alla Federazione le possibili date in cui ripartire e al momento si ipotizzano quelle del 24 o del 31 maggio con una ripresa degli allenamenti nei centri sportivi dopo Pasqua o al più tardi intorno al 3 maggio, per dare modo ai club di far rientrare i giocatori stranieri dai propri Paesi e metterli in quarantena per poi ricominciare l’attività in vista della ripresa a porte chiuse e, se necessario, in campo neutro, ossia in zone meno problematiche dal punto di vista dei contagi.

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