Il diritto non diventi un privilegio - QdS

Il diritto non diventi un privilegio

Carlo Alberto Tregua

Il diritto non diventi un privilegio

giovedì 16 Giugno 2022

È inconcepibile sentire continuamente da media, televisioni, giornali ed altri, l’elencazione dei diritti che tutti hanno. Non abbiamo mai sentito, e continuiamo a non sentire, per contro, l’elencazione dei doveri che vengono prima dei diritti.

La nostra Costituzione li elenca chiaramente: dovere del lavoro (art.1), dovere di votare (art. 2), di difendere la Patria (art. 3), di concorrere alle spese pubbliche (art. 4), di fedeltà alla Repubblica e di rispetto della Costituzione (art. 5).

La questione etica che esponiamo ha un riflesso concreto nella vita della Comunità perché se tutti osservassero i propri doveri, non ci sarebbe bisogno di reclamare i diritti per il principio della circolarità: laddove arrivano gli adempimenti, chi li riceve è già soddisfatto.

Sarebbe soddisfatto anche il principio di sussidiarietà secondo il quale le istituzioni centrali e periferiche devono intervenire successivamente alla incapacità di soddisfacimento di ognuno.

A forza di reclamare i diritti, che strumentalmente sindacati, mezzi di stampa, partitocrati ed altri consimili portano avanti, i cittadini vengono diseducati al corretto rapporto etico dovere-diritto, con la conseguenza che continuano a pensare di vivere nel paese di Bengodi, ove tutto è facile, tutto quello che serve è a portata di mano, non ci sono pene e sacrifici, non si suda e si partorisce senza dolore (dal libro della Genesi, capitolo tre: “Ti procurerai il pane con il sudore del tuo volto” e “con dolore partorirai figli”).

Per fortuna, la gran parte della gente è saggia e capisce come vanno le cose; per sfortuna i blabalatori che vanno nelle televisioni, che scrivono nei media, poi confondono le carte artatamente, in modo imbrogliare le persone in buona fede.

La conseguenza più grave è che a forza di reclamare i diritti i cittadini perdono di vista una grave conseguenza negativa: tali diritti alla fine diventano privilegi e quindi ledono il principio di eguaglianza fra i cittadini stessi.

Non vi sembri di poco conto la questione trattata, perché dai conseguenti comportamenti deriva la diffusione di un’equità indispensabile affinché una società possa progredire: tutta e non una parte privilegiata di essa.

Il diritto alla salute, il diritto al lavoro, il diritto alla libertà, il diritto all’istruzione ed altri sono sacrosanti. Ma se qualcuno ha diritto a queste cose ci dovrà essere qualche altro che si adoperi per soddisfare questo diritto. Dunque, si torna alla circolarità dell’azione che deve esserci in una Comunità.
Non c’è, nel nostro ordinamento, il diritto alla povertà, ma neanche il diritto alla ricchezza. Sono due stati che non sempre, ma spesso, dipendono da noi.

Mio padre, appena congedato dalla guerra 1915-’18, a venti anni era letteralmente povero. Ma lui si ribellò a tale stato e mi diceva sempre: “Non devo essere più povero”. Lavorò duramente per tutta la vita per raggiungere una buona posizione economica.

Vi sono tanti che hanno fatto alla stessa maniera e hanno conquistato, anche nel dopoguerra, eccellenti posizioni economiche e sociali, anche perché, nel dopoguerra, l’ascensore sociale di Scuola e Università ha funzionato.

Purtroppo da qualche decennio, con la caduta morale e sociale dei rappresentanti delle istituzioni, alias parlamentari, membri del Governo e Presidenti del Consiglio, l’ascensore sociale si è inceppato, perché Scuola e Università hanno funzionato male, salvo eccellenze che vanno evidenziate.
Inoltre, si è diffusa la guerra contro chi produce ricchezza, la quale ovviamente deve essere interamente tassata ai sensi dell’articolo 53 della Costituzione. Ma chi guadagna e paga tutte le imposte dovrebbe esser considerato un cittadino modello e benemerito perché con i suoi soldi ha contribuito al benessere di tanti cittadini meno abbienti.

Vi è stata inoltre una caduta della cultura, anche per l’effetto negativo della diffusione di informazioni nelle reti digitali, con la conseguenza che tanta gente pensa di sapere perché acquisisce qualche breve nozione su Wikipedia e dintorni, senza avere il bagaglio culturale che gli consenta di collegare le informazioni e avere un quadro adatto a valutare fatti e circostanze.
Sulla cultura dovrebbero puntare i Governi, non sui diritti senza doveri.

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