Disabili, un popolo che non viene ascoltato - QdS

Disabili, un popolo che non viene ascoltato

Carlo Alberto Tregua

Disabili, un popolo che non viene ascoltato

martedì 05 Dicembre 2023

Problema di 3,6 milioni di italiani

Domenica 3 dicembre è stata la Giornata della Disabilità, che è servita ad attirare l’attenzione degli e delle italiani/e sul sei per cento della popolazione (circa 3,6 milioni) disabile. Se a questo numero si aggiunge quello degli accudenti (circa due persone per una persona disabile) ecco che raggiungiamo un totale di circa dieci milioni di persone.

Sembra incredibile che un tal numero di cittadini e cittadine, fra cui molti minorenni, non sia in condizione di farsi ascoltare dai Governi. Per la verità, il precedente e anche questo Governo hanno istituito il ministero delle Disabilità, nominando Alessandra Locatelli a capo di esso.

Con la Locatelli abbiamo svolto un interessante Forum pubblicato lo scorso 3 marzo. Non abbiamo avuto modo di incontrarla in occasione del recente convegno che l’Anfass (Associazione nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale) ha svolto nella Sala Gialla dell’Assemblea regionale siciliana, venerdì 1 dicembre. La Ministra, tuttavia, ha inviato un videomessaggio nel quale ha precisato alcune cose.

In primo luogo è riuscita a raggranellare risorse per trecentocinquanta milioni circa. Non sono tanti, ma qualcosa la possono fare. Dopodiché, sta cercando di mettere insieme tutti i pezzi delle istituzioni che si occupano delle persone disabili. Non solo, ma sta cercando di attivare una collaborazione più proficua e profonda con le associazioni di volontariato che si occupano di queste persone. Fra esse, appunto, l’Anffas, cui prima si accennava.

I disabili, maggiorenni o minorenni, sono persone che hanno bisogno di accudimento più o meno frequentemente, in base alla disabilità, per cui nella maggior parte dei casi sono i parenti stretti che se ne prendono cura, rinunziando così a una parte non indifferente della propria vita.
Invece, le istituzioni, nazionali, regionali e locali, dovrebbero affrontare la situazione in maniera adeguata, approntando strutture con personale altamente qualificato e in condizione di assistere i disabili sotto tutti i punti di vista. In questo modo sgraverebbero almeno in parte le fatiche e le pene che sostengono i parenti e agevolerebbero la vita delle persone disabili.

Non sempre questo accade, con la conseguenza che oltre a soffrire della disabilità, gli sfortunati disabili e i loro parenti sono avviliti perché non ricevono le necessarie prestazioni di cui avrebbero bisogno. Sia chiaro che il bisogno dei disabili non è provvisorio o transitorio; è costante, spesso per tutta la vita. Vi sono giovani che vengono colpiti da malattie rare per le quali non esistono farmaci e non riescono a essere autosufficienti, per cui hanno bisogno di assistenza materiale.

Non si devono trascurare poi gli effetti psicologici, perché chi si trova in questo stato può essere colpito da forme di depressione, che porta anche a considerare l’inutilità della propria vita. Ma in Italia non esiste la possibilità di far cessare uno stato di gravissima disabilità (suicidio assistito) se non a certe condizioni piuttosto teoriche che la Corte Costituzionale ha stabilito con la famosa sentenza numero 242 del 2019.

Dunque, il gravame su quasi dieci milioni di cittadini/e è enorme e non si capisce come essi/e non riescano a farsi ascoltare dalle istituzioni per ottenere l’assistenza di cui hanno bisogno. Quale potrebbe essere la loro “forza” persuasiva?

Si tratta di unire le proprie forze e concentrare, per esempio, tutti siti web delle singole associazioni provinciali o cittadine del Paese in un unico sito nazionale ove fare confluire tutte le informazioni. Un sito di tal fatta potrebbe raccogliere alcuni milioni di visualizzazioni al mese e quindi avrebbe un potere mediatico molto forte sulle istituzioni. In più, vedendo riversare le proprie richieste su tale sito nazionale, vi sarebbero tanti altri che proporrebbero soluzioni e spingerebbero a ottenerle.

Non solo, ma questi dieci milioni di cittadini/e sono anche nelle condizioni di dare indicazioni di voto ai partiti, a prescindere dalle loro ideologie. Come? O concentrando il loro consenso su quei partiti che si mettono al loro servizio o sconsigliando di votare quelli che restano indifferenti. Si tratta di una massiccia azione politica perché oggi il ceto istituzionale ascolta solo i votanti e ignora i bisognosi. Ma se questi ultimi si trasformano in votanti, ecco che verranno ascoltati.

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