Figli? Meglio rinviare. In Sicilia neomamme a 31,4 anni - QdS

Figli? Meglio rinviare. In Sicilia neomamme a 31,4 anni

Patrizia Penna

Figli? Meglio rinviare. In Sicilia neomamme a 31,4 anni

sabato 09 Aprile 2022

Istat, al Nord e al Centro l’età media al parto cresce ancora (32,5 e 32,8 anni). In Sicilia al 1° gennaio 2022 i residenti sono 4,8 milioni. A livello nazionale, invece, scendono a 58,9 milioni

ROMA – In Sicilia la popolazione residente al 1° gennaio 2022 è di 4 milioni 801 mila unità. Lo rende noto l’Istat nel suo report sugli indicatori demografici.
La variazione relativa alla popolazione è dunque pari al 6,7 per mille rispetto al 2020. I numeri della nostra Isola si pongono in linea con quelli del Mezzogiorno, dove la crisi demografica si fa sentire in modo più marcato (-6,5 per mille) e, in particolar modo, regioni come Molise (-12 per mille), Basilicata (-9,5) e Calabria (-8,6), sono sempre più sul procinto di essere coinvolte in una situazione da cui appare difficile poter uscire.
Ben 34 delle complessive 38 Province del Mezzogiorno presentano un tasso di variazione annuale della popolazione peggiore di quello nazionale (-4,3 per mille) e in 9 di queste la riduzione relativa è a doppia cifra: si va dal -10,6 per mille riscontrato nella Provincia di Oristano al -15,4 per mille in quella di Isernia, con in mezzo circoscrizioni importanti come Nuoro, Campobasso, Enna, Potenza, Benevento, Caltanissetta e Crotone.

In Italia popolazione in calo dal 2014

A livello nazionale, la popolazione residente è in riduzione costante dal 2014 quando risultava pari a 60,3 milioni. Al 1° gennaio 2022, secondo i primi dati provvisori, la popolazione scende a 58 milioni 983 mila unità cosicché nell’arco di 8 anni la perdita cumulata è pari a 1 milione 363 mila.

In Sicilia mamme a 31,4 anni

In Italia nel 2021 le nascite sono scese al minimo storico, con 399.400 bambini nati nel corso dell’anno (-1.3% sul 2020). Segnali di ripresa si registano anche nei matrimoni: nel 2021 si è quasi toccato il ritorno alla normalità con 179mila celebrazioni (3 per mille abitanti), quando nel 2020 se ne registrarono solo 97mila (1,6 per mille). Il Covid-19, unitamente alle restrizioni forzate sul piano della mobilità residenziale e delle celebrazioni nuziali ha prodotto un impatto psicologico specifico nel 2020 (perlomeno a partire dal mese di marzo) che ha avuto conseguenti effetti sulle scelte riproduttive portate a termine nel 2021.

Al Nord e al Centro il numero medio di figli per donna è cresciuto, rispettivamente, da 1,27 a 1,28 e da 1,17 a 1,18. Stabile è invece il Mezzogiorno, fermo a 1,24 figli per donna come nel 2020. Troppo presto e troppo poco per poter valutare, come nel caso della mortalità, la presenza di un’accentuazione delle differenze territoriali di fecondità. Permane comunque solida la circostanza di molte regioni del Mezzogiorno (salvo Campania 1,28 e Sicilia 1,35) ben al di sotto della fecondità espressa a livello nazionale. In particolare, Basilicata (1,10 figli per donna), Molise (1,08) e Sardegna (0,99) rimangono saldamente ancorate sul valore di rimpiazzo della sola madre (cioè a un figlio per donna) che non, idealmente, a quello della coppia di genitori.

La scelta di rinviare sempre più in avanti la decisione di avere figli, spiega l’Istat, accomuna tutte le realtà del territorio. Le neo-madri del Nord e del Centro, rispettivamente con età medie al parto di 32,5 e 32,8 anni, continuano a presentare un profilo medio per età più anziano rispetto a quelle del Mezzogiorno (32 anni). In Sicilia l’età media scende ancora a 31,4 anni. Ciononostante proprio in quest’ultima ripartizione si trovano le neo-madri mediamente più anziane del Paese, quelle sarde (33 anni) e lucane (33,1).

Eccesso mortalità al Sud

Al Sud la speranza di vita alla nascita totale scende a 81,3 anni, evidenziando una perdita di 6 mesi che vanno a cumularsi ai 7 mesi ceduti nel 2020.
Una spiegazione possibile del fenomeno riguarda i tempi di propagazione della pandemia. La prima ondata del 2020 ha colpito soprattutto il Nord mentre il Mezzogiorno è stato maggiormente coinvolto solo a partire dalla seconda, ossia nell’ultima parte dell’anno. Cosicché è verosimile che le persone più fragili residenti al Nord abbiano pagato il prezzo della vita prevalentemente nel 2020, quelle del Mezzogiorno nel 2021, con la terza e quarta ondata.
In Sicilia dati in linea con quelli del Mezzogiorno: 78,7 anni l’aspettativa di vita per gli uomini e 83,1 anni per le donne con un eccesso di mortalità del 10,2%.

Migrazioni

Tra i vari segnali di ritorno alla normalità degli anni precedenti la pandemia vi è quello della ripresa della mobilità residenziale interna al Paese.
Anche nel 2021 si registrano movimenti migratori interni sfavorevoli al Mezzogiorno. In tale ambito, sono 389 mila gli individui che hanno lasciato nel corso dell’anno un comune meridionale per trasferirsi in un altro comune italiano (eventualmente anche dello stesso Mezzogiorno), mentre sono 339 mila quelli che hanno eletto un comune del Mezzogiorno quale luogo di dimora abituale (eventualmente anche provenienti da altro comune dello stesso Mezzogiorno). Tale dinamica ha generato, per il complesso della ripartizione, un saldo negativo di 49 mila unità (-2,5 per mille abitanti). Tra le regioni del Mezzogiorno la situazione risulta più sfavorevole in Basilicata (-4,8 per mille) e Calabria (-4,4 per mille), seguite da Molise (-3,9 per mille) e Campania (-3,2 per mille). In Sicilia numero più contenuti (-2,5 per mille).

Le regioni del Nord, dove complessivamente si riscontra un tasso del +1,6 per mille, rimangono quelle a maggiore capacità attrattiva, rispetto a quelle del Centro, che nel complesso registra un +0,5 per mille. Le regioni più attrattive risultano essere l’Emilia-Romagna (+2,9 per mille) e il Friuli-Venezia Giulia (+2,5 per mille).

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