Vagliasindi: "Risposta giudiziaria efficace a dispetto delle poche risorse" - QdS

Vagliasindi: “Risposta giudiziaria efficace a dispetto delle poche risorse”

Chiara Borzi

Vagliasindi: “Risposta giudiziaria efficace a dispetto delle poche risorse”

venerdì 02 Dicembre 2022

Forum con Maria Grazia Vagliasindi, presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta

Intervistata dal vice direttore Raffaelle Tregua, la presidente della Corte d’Appello di Caltanissetta, Maria Grazia Vagliasindi, risponde alle domande del QdS.

Qual è la situazione generale negli Uffici che presiede?
“Nell’ultimo periodo ci sono state significative innovazioni, soprattutto sul versante dell’informatizzazione, ma va posta in assoluta evidenza la carenza di personale magistratuale e amministrativo. Va segnalata soprattutto la vacanza dei posti di dirigente amministrativo, con grave complicazione per i compiti dei capi degli uffici che subentrano in un ruolo non di loro stretta competenza. La carenza di organico della Magistratura poi, in un distretto ad altissimo tasso di criminalità organizzata mafiosa, è fattore che indebolisce la giurisdizione. Ritengo che la competenza sia la misura più importante del successo di uno stato democratico e di una buona organizzazione. I poteri sono inesorabilmente forti, ma perché un potere non indebolisca i vertici occorre che sia un potere legittimato e soprattutto organizzato. Ho fatto di questo il baricentro della mia filosofia amministrativa”.

Dunque vi sono problemi di sottodimensionamento nell’organico…
“La Giustizia non è un mercato e i diritti non sono una merce. Questo significa che noi dobbiamo puntare all’efficacia e non a un produttivismo puro. Vale a dire che alla domanda di risposta giudiziaria, quest’ultima non può che essere elevata. Tuttavia noi siamo pochi, quindi soli e la solitudine è un costo molto alto. Non si può ammettere che in una Corte d’Appello come quella di Caltanissetta ci siano soltanto dodici magistrati: un drappello di eroi del quotidiano. Devo ringraziare tutti i miei colleghi. A Caltanissetta sono stati celebrati i processi sulle Stragi, ma anche altri contenziosi civili di altissimo profilo. La mia è una Corte d’Appello strategica, innanzitutto per la qualità della domanda di giustizia. Vorrei che si chiarisse e venisse posto all’attenzione della società civile quanto segue: non è il processo penale in sé a fare la differenza, perché a fronte di una giustizia civile depotenziata automaticamente la devianza cresce. Parametrandoci al contenzioso dovrei riuscire a costituire collegi fissi, che non mi creino problemi di compatibilità, con almeno venti magistrati. Per ottemperare a questo, posto che Caltanissetta per la sua condizione geografica è assolutamente strategica, si potrebbe eventualmente ipotizzare un accorpamento ad altri tribunali come Agrigento o Caltagirone. Lancio però un’idea che va valutata dalla politica e non dai magistrati, in un’ottica di razionalizzazione e di pianificazione dell’esistente. Una cosa è certa: con tali risorse è forte il rischio di compromissione di un andamento regolare della giurisdizione, anche se sono altrettanto certa che né i magistrati né il personale amministrativo faranno venire meno il loro apporto”.

Come giudica il processo di riforma attualmente in corso per quanto riguarda la Giustizia?
“È una sfida. Sicuramente c’è un punto molto importante, quello della giustizia riparativa, che il ministro Cartabia ha voluto fortemente e che secondo me è qualificante per una giurisdizione umana. Se c’è una cosa su cui dobbiamo riflettere molto è la condizione carceraria. È una situazione molto complessa e lì la logistica è molto importante. Garantire condizioni umane resta fondamentale: invito qualcuno a osservare il carcere Malaspina di Caltanissetta, dove sono andata in visita di recente: auspico una visita del capo del Dap (Dipartimento amministrazione penitenziaria) ai fini di un sopralluogo. Mi preoccupa il rischio di aumento del tasso di suicidi di detenuti nel panorama nazionale. La giustizia riparativa è una giustizia nuova, che punta al recupero del reo e queste non sono solo utopie. Se c’è la sinergia istituzionale dei soggetti deputati il recupero resta difficile, ma è possibile. È un percorso in salita, ma una sfida possibile”.

Attesa per il nuovo Palazzo di giustizia struttura indispensabile per il Distretto

Tra le vostre competenze c’è anche quella di occuparvi dell’edilizia giudiziaria. Cosa di può dire su questo versante?
“Vorrei si puntasse il faro su questa questione. Noi presidenti di Corte d’Appello siamo stati chiamati a gestire, in maniera anomala, anche la problematica edilizia che riguarda i palazzi di giustizia affidati in passato al Comune. Non eravamo preparati, ma abbiamo dovute affrontare queste tematiche e abbiamo chiesto attenzione al ministero della Giustizia affinché tale appannaggio anomalo di competenze possa essere devoluto a chi è titolato a gestirlo, cioè ai tecnici. Reclamiamo ingegneri, tecnici qualificati, personale che ci possa coadiuvare e aiutare. Chiediamo anche l’attenzione mediatica su questa questione, perché è necessario puntare sul profilo del miglioramento della risposta giudiziaria a fronte di locali adeguati”.

Qual è la situazione nissena?
“Il Palazzo di Giustizia di Caltanissetta non è capiente come quello di altri grandi distretti come Catania o Palermo, che comunque risentono della stessa problematica. Poi c’è la questione del nuovo Palazzo di Giustizia. Si deve al direttore generale delle risorse del ministero della Giustizia se sono riuscita a sbloccare la situazione. I lavori iniziati e mai completati ci avevano lasciato uno scheletro. L’appalto era ormai in fase di risoluzione. Ecco, vedere finito questo palazzo a cui ho dedicato tutte le mie energie con un’interlocuzione costante e una richiesta accorata, vorrebbe dire restituire dignità a una piccola città che è grande per le cose che ha fatto. Caltanissetta ha già un Palazzo di giustizia che è stato contenitore dei più grandi processi contro la criminalità organizzata, non solo le Stragi, che comunque la dicono tutta. La nuova struttura doveva essere pronta per l’estate, ma non è accaduto. Io spero ancora di poterlo inaugurare prima della fine del mio incarico”.

Una rivoluzione digitale spinta anche dal Covid

A che punto è il processo di digitalizzazione? La pandemia ha influito in questo processo, con una nuova organizzazione del lavoro?
“La pandemia è stata una sfida non soltanto perché ha messo in scacco la nostra sopravvivenza, ma anche perché ha creato la sfida della digitalizzazione del processo. Noi ce l’abbiamo fatta. In Corte di Appello abbiamo avuto un 30 per cento in più di eliminazione dell’arretrato e constatiamo una durata ragionevole dei processi sia in sede penale che civile e lo dico anche per debito di gratitudine nei confronti dei miei colleghi, oltre che per fedeltà ai dati statistici. Ce l’abbiamo fatta, abbiamo creato le udienze da remoto, ci siamo inventati tutti un nuovo modo di lavorare anche nel settore penale”.

Un cambiamento epocale…
“Il vero successo resta il cambio culturale dato dalla rivoluzione telematica di tutte le udienze e processi. Sul piano della produttività, in Appello c’è stato addirittura un miglioramento e siamo riusciti a rispondere in maniera adeguata. Tutto questo è stato possibile grazie anche al costante apporto dell’Avvocatura con cui c’è stata sempre massima sinergia, e il cui contributo è infungibile per il buon andamento della giurisdizione”.

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