Geotermia, altro che gas russo. La Sicilia ha un enorme serbatoio di energia sepolto sotto terra - QdS

Geotermia, altro che gas russo. La Sicilia ha un enorme serbatoio di energia sepolto sotto terra

Elettra Vitale

Geotermia, altro che gas russo. La Sicilia ha un enorme serbatoio di energia sepolto sotto terra

mercoledì 22 Giugno 2022

In Islanda circa il 30% di energia proviene da centrali geotermiche. Un modello che la nostra regione potrebbe replicare, sfruttando sia l’alta entalpia (nelle aree vulcaniche) che quella "bassa"

PALERMO – Conflitto russo-ucraino e crisi energetica: un binomio ormai indissolubile che cammina su binari a una velocità così elevata che l’Europa, e in particolare l’Italia, non riescono a tenere il passo. È quindi corsa in tempi brevissimi alla ricerca dell’indipendenza da Mosca che sta gradualmente tagliando le forniture di metano all’Ue, indispensabile non solo per gli usi domestici ma, soprattutto, per quelli industriali.

L’Italia importa il 43,3% di gas dalla Russia

Crisi nera per il Vecchio continente se si considera che, dati Eurostat alla mano, l’Italia importa il 43,3 per cento di gas dalla Russia, preceduta solo dalla Germania con il 65,2 per cento del totale. Mentre il Governo nazionale si gira verso l’Algeria e la Libia per rispondere al fabbisogno interno, il ministro della Transizione energetica Roberto Cingolani proprio nei giorni scorsi ha avanzato la volontà di aumentare la produzione nazionale, crollata a picco negli ultimi anni, sfruttando giacimenti già aperti. Si potrebbero “magari raddoppiare i 4 miliardi di metri cubi attuali” ha dichiarato. Nel frattempo, però, la data del 2050 per la decarbonizzazione è dietro l’angolo.

Nel mare magnum delle possibili alternative, una delle soluzioni più immediate è proprio sotto ai nostri occhi, basta solo rivolgere in giù lo sguardo: nel sottosuolo, infatti, vi è un enorme “magazzino” di energia geotermica, che trae origine dai fluidi e dal vapore che si originano nella crosta terrestre in aree particolarmente calde. Lo sa bene l’Islanda, un’isola vulcanica proprio come la Sicilia, che, stando ai dati del report del World Economic Forum 2021, può vantare il 50% della propria energia primaria da fonti rinnovabili e, nello specifico, il paese riesce a produrre circa il 25-30% del proprio fabbisogno di energia elettrica dalle centrali geotermiche. Un esempio di eccellenza sul territorio italiano in tal senso è costituito, dal lontano 1904, dagli impianti geotermoelettrici di Lardarello, Monte Amiata e Travale-Radicondoli gestiti interamente da Enel Green Power, in grado di produrre ben 6.105 GWh/anno tramite i 37 impianti esistenti a una potenza di 916 MWe (MegaWatt-elettrici).

Il geotermico non dipende dal sole

A differenza del fotovoltaico, il geotermico ha il grande vantaggio di non essere prettamente dipendente dal Sole. “I vantaggi che derivano dall’uso di questo tipo di energia rinnovabile, ovvero che è possibile ricaricare tramite cicli naturali – spiega al QdS Marco Viccaro, presidente dell’Associazione italiana di vulcanologia e docente Unict di Geochimica e Vulcanologia del Dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali – sono molteplici. Vi sono due principali destinazioni d’uso che si possono ottenere dall’utilizzo di energia geotermica: produzione di energia elettrica e produzione di energia termica destinata agli impianti di climatizzazione di edifici e complessi industriali”.

Più nello specifico, nel primo caso è necessario disporre di sottosuoli caratterizzati da forti anomalie termiche connesse alla presenza di aree vulcaniche, la cosiddetta energia geotermica a medio-alta entalpia mentre, nel secondo, si parla di bassa entalpia presente in aree con gradienti di temperature nella norma.

Nelle aree vulcaniche si sfrutta la geotermia di alta entalpia

Quale territorio migliore della Sicilia per lo sfruttamento di ambedue le fonti energetiche? “Nella nostra Isola, si passa da aree vulcaniche come quelle di Etna, Pantelleria e Isole Eolie, in cui è possibile sfruttare la geotermia di alta entalpia – illustra il numero uno della vulcanologia nazionale – ad altre zone, come quelle del catanese, del siracusano e del ragusano in cui si registra una temperatura media annua del sottosuolo fino a 150 metri intorno ai 16-18 gradi, che rimane costante nonostante le oscillazioni di temperatura in superficie tra i 5 gradi d’inverno e i 38 gradi d’estate. Il grandissimo vantaggio di quest’ultimo contesto di bassa entalpia del sottosuolo che mantiene coerente il suo gradiente tutto l’anno è che possiamo giocare con un delta di temperatura che, opportunamente lavorato tramite pompe di calore geotermiche, ci permette di produrre caldo e/o freddo a seconda della richiesta energetica del momento”.

Gli impianti per la climatizzazione, inoltre, sono molto più semplici rispetto a quelli atti alla sola produzione di energia elettrica e che presentano dimensioni anche importanti. Come sottolinea Viccaro, infatti “possono sia soddisfare la richiesta energetica della singola unità abitativa (impianti da 5/7 KW termici) ma possono raggiungere anche le diverse centinaia di Kwatt per alimentare, ad esempio, un aeroporto, un centro commerciale o un residence”.

Un tesoro nascosto alla vista, dunque

Un tesoro nascosto alla vista, dunque, che potrebbe soddisfare le richieste di una fetta importante della domanda energetica ma che, attualmente, è ancora troppo sottosviluppata e, di conseguenza, attualmente inespresso. “Se è vero che l’energia geotermica di medio-alta entalpia è strettamente collegata alla geografia del territorio, si pensi alle sole aree vulcaniche della Sicilia o all’Islanda – evidenzia il docente UniCt – quella di bassa entalpia è disponibile in numerosissime porzioni del territorio isolano e, in generale, italiano. Combinando le due formule, tenuto anche conto delle previsioni di una sempre maggior richiesta di produzione negli anni a venire, potremmo sostituire una porzione importante di energia che attualmente viene prodotta in modi certamente meno sostenibili, come con le risorse fossili”.

C’è ancora moltissimo da fare, specie in Sicilia

Sebbene l’Italia abbia inserito, tramite la misura prevista nella legge di conversione n. 34/2022 del decreto 17/2022 (Dl Bollette), l’installazione di sonde geotermiche tra gli interventi trainanti del superbonus 110%, c’è ancora moltissimo da fare, specie in Sicilia. “Il problema – conclude Viccaro – è di natura prettamente politica. In determinati momenti storici si è deciso di scommettere in modo sostanziale sugli incentivi rivolti a energie rinnovabili specifiche, basti pensare al fotovoltaico. Lo stesso non è ancora avvenuto per il geotermico, di cui si sta iniziando a parlare solo da pochissimo. Bisogna innanzitutto sensibilizzare la comunità e, allo stesso tempo informare i decisori politici sull’argomento, in quanto ne sono poco note le incredibili potenzialità. In parallelo è fondamentale aiutare l’avvio sostanziale del settore tramite incentivi ad hoc per spingere i cittadini a prediligere una risorsa che esiste praticamente da sempre e che offre indubbi vantaggi in termini tanto economici quanto ambientali”.

A riprova del disinteresse dell’Isola nei confronti di un immane serbatoio di energia che finisce per rimanere bloccata nel sottosuolo, basta dare una semplice lettura Piano energetico ambientale Pears 2030 intitolato “Verso l’autonomia energetica della Sicilia”. Nell’elenco delle Fer elettriche da potenziare entro i prossimi sette anni, infatti, il geotermico non figura neanche tra le opzioni possibili.

LEGGI L’INTERVISTA

Il professore Salvatore Magazù: “Una tecnologia rinnovabile per aiutare la decarbonizzazione”

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