Giarre, matrimonio a quarant'anni dalla tragica fine degli "ziti" trovati uccisi mano nella mano - QdS

Giarre, matrimonio a quarant’anni dalla tragica fine degli “ziti” trovati uccisi mano nella mano

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Giarre, matrimonio a quarant’anni dalla tragica fine degli “ziti” trovati uccisi mano nella mano

lunedì 07 Settembre 2020

Sarà celebrato il trentuno di ottobre dal sindaco della città, Angelo D'Anna, anche con l'intento, per la comunità giarrese, di riconciliarsi con due concittadini al centro di una terribile vicenda che secondo alcuni andrebbe inserita, con Ustica e la Strage di Bologna, tra i grandi misteri italiani del 1980. Così, per non scordare Giorgio e Tony, a dire sì saranno - stavolta davvero dopo un matrimonio simbolico finito persino sul New York Times - Massimo e Gino, tra i fondatori del primo Arcigay italiano, quello di Palermo. Rutelli tra gli invitati. E vorrebbero anche Salvini

Hanno deciso di diventare coppia anche davanti alla legge perché, nonostante una convivenza di quarantadue anni, per lo Stato non sono parenti. E se ne sono accorti “quando Gino è rimasto tra la vita e la morte durante il lockdown”.

“Sarebbe stato lo stesso – spiega Massimo – anche per conviventi eterosessuali, ma negli occhi di un infermiere, mentre ribadiva che a parlare con i medici potevano essere soltanto i parenti dell’ammalato, ho letto come una sorta di soddisfazione, che mi ha fatto male”.

Così hanno deciso di celebrare la loro unione civile, Massimo Milani, 66 anni, e Gino Campanella, 74, “Per evitare che potesse ripetersi quanto accaduto – spiega il primo – ma anche per voltare pagina e festeggiare la rinascita di Gino con tutti i nostri amici”.

Il primo romano, il secondo vissuto a Torino dove la famiglia, palermitana, era emigrata. Entrambi stabilitisi a Palermo quarant’anni fa, dove avrebbero aperto vicino Ballarò un laboratorio artigiano di lavorazione di cuoio e pellami e fondato il 9 dicembre del 1980 il primo Arcigay italiano con Franco Lo Vecchio, Vincenzo Scimonelli, Salvatore Scardina e don Marco Bisceglia, sacerdote cattolico che ebbe l’idea di far nascere il movimento dopo l’emozione suscitata dal ritrovamento a Giarre, nel Catanese, il 31 ottobre di quell’anno, dei corpi di due giovani omosessuali che si tenevano per mano ed erano stati uccisi ciascuno con un colpo di pistola alla testa.

La terribile storia di Giorgio e Tony

Massimo e Gino ricordano che erano giunti in Sicilia “poco dopo quella terribile storia di Giorgio e Tony”.

Giorgio Agatino Giammona aveva venticinque anni e la fama di “puppu c’u bullu”, omosessuale certificato, dopo esser stato sorpreso, a sedici anni, in auto con un ragazzo.

Tony, Antonio Galatola, ne aveva appena quindici.

“I ziti”, i fidanzati, come li chiamavano in paese con una smorfia di disgusto, erano scomparsi da casa due settimane prima. Poi un pastore li trovò in campagna, lasciati a marcire sotto un pino.

Il mutismo di Giarre e dei familiari di fronte al clamore che la vicenda ebbe a livello nazionale – in Sicilia arrivarono giornalisti e numerosi esponenti nazionali del Fuori, l’associazione per i diritti omosessuali dei radicali, tra cui Francesco Rutelli – la diceva tutta sulle pressioni subite dai due giovani da parte della collettività.

Un giovanissimo Francesco Rutelli

“Fu trovato – ricorda Gino – un biglietto in cui rivelavano l’intenzione di suicidarsi. Di certo dovevano trovare insopportabili le prese in giro e le angherie del paese e della stessa famiglia. Ancora questo succede, nelle piccole comunità, ma a quei tempi era una pressione psicologica ancor più terribile. Era quasi impossibile esporsi pubblicamente”.

Confessione, ritrattazione, archiviazione

“Poi – continua Gino – venne fuori la confessione di un nipote di Tony, un ragazzino di tredici anni che disse di esser stato costretto a ucciderli da loro stessi, con minacce di morte. Poi però ritrattò, raccontando che erano stati gli investigatori a imporgli quella confessione”.

Si fecero tante ipotesi, compresa quella che il ragazzino – si chiamava Francesco Messina e per la legge non era punibile -, si fosse accollato il delitto commesso da un esponente maggiorenne della famiglia, e alla fine il caso fu archiviato.

“Uno dei grandi misteri italiani di quel 1980 – sottolinea Massimo -, dalla Strage di Bologna a Ustica. Ma di Giorgio e Tony, però, non ne parla più nessuno”.

Matrimonio a Giarre in onore degli “ziti”

“Noi – sottolinea Massimo – siamo arrivati a Palermo nel 1980. E a distanza di quarant’anni abbiamo deciso di chiudere il cerchio e celebrare il nostro matrimonio. Sì, matrimonio. Perché unione civile mi suona davvero male. Certo, è innegabile che questa legge dia dei diritti, ma è incompleta: per esempio, non riconosce i figli delle coppie omosessuali”.

“Insomma – conclude – ci sposeremo a Giarre il 31 ottobre, anniversario del ritrovamento dei corpi degli ‘ziti’. Perché nessuno li dimentichi”.

“Perché se è vero – afferma Gino – che un cambiamento in questi anni c’è stato, soprattutto grazie alle associazioni come Arcigay che hanno facilitato la consapevolezza delle persone omosessuali, oggi riemerge l’intolleranza contro chiunque non sia omologato: per chi è diverso è sempre più difficile essere accettato. E questa è la reazione di coloro i quali non vogliono il progresso”.

Il primo sposalizio finì sul New York Times

“Siamo nel Movimento da più di quarant’anni – raccontano Gino e Massimo – e la nostra vita privata è diventata pubblica per necessità. L’unire personale e politico, per citare un vecchio slogan femminista, fa parte della nostra storia. Per tanti anni ci siamo battuti per il matrimonio ugualitario. E nel 1993 finimmo addirittura sul New York Times per un matrimonio simbolico celebrato in piazza Pretoria che segnò un’epoca a Palermo e non solo”.

Il matrimonio simbolico del 1993

Il sì fu pronunciato il 28 giugno di quell’anno sulla scalinata della chiesa di Santa Caterina. Gino indossava un completo rosso fuoco, papillon e camicia nera. Massimo un frac bianco con code a strascico. Il matrimonio simbolico fu celebrato da una consigliere comunale del Pds, Ernesta Morabito, con tanto di fascia tricolore. E c’erano oltre duecento omosessuali provenienti da tutta la Sicilia, a festeggiare.

“La nostra – ricorda Massimo – era ovviamente una battaglia per la libertà, non è che volessimo davvero sposarci. Poi però…”

“Io – confessa Gino – ho sempre desiderato sposare Massimo e lui adesso si è finalmente deciso. Tanti anni fa, quando si parlava di matrimonio gay venivamo accusati di voler copiare gli omosessuali. Oggi non più e questo è positivo”.

Giarre si riconcili con Giorgio e Tony

“Crediamo – spiegano entrambi – che il nostro matrimonio possa essere l’occasione per Giarre di riconciliarsi con Giorgio e Tony, cancellando quanto accaduto in quel 31 ottobre scellerato di quarant’anni fa. Una riconciliazione che passi dalla consapevolezza di quanto siano inumane storie come questa”.

Il sindaco di Giarre Angelo D’Anna

Il sindaco di Giarre, Angelo D’Anna, che officierà la cerimonia, concorda: “Sarà la prima unione civile celebrata a Giarre tra persone dello stesso sesso, ma sarà soprattutto l’occasione per fare il punto sull’importantissimo e delicato tema legato alla conquista di diritti civili e all’evoluzione e al progresso della nostra società”.

“Noi – aggiunge – non possiamo perdere quest’occasione: Giarre è inconsapevole di aver avuto un ruolo fondamentale in una vicenda che ha segnato la storia del Costume, della Cultura, e della sensibilità sui Diritti civili non soltanto in Sicilia ma in Italia. Da quella vicenda nacque un movimento che portò alla nascita della più grande organizzazione Lgbt d’Europa, cioè Arcigay. Per riavere il ruolo che le spetta nella storia del Paese, Giarre deve dunque prima di tutto ricordare questi ragazzi e la loro tragica fine. Elaborare questo lutto guardandolo negli occhi per crescere dal punto di vista civico”.

Un convegno per riflettere

“Da cattolico – spiega – sono convinto che il rispetto dell’individuo, con le proprie peculiarità, sia fondamentale. Per questo dobbiamo ancora crescere tutti, nel rispetto reciproco”.

E il primo cittadino parla della volontà di dar vita, prima del 31 ottobre, a un convegno che sia un momento di riflessione per la città su tutti questi argomenti.

Paolo Patané gran maestro di cerimonie

“L’idea del sindaco è splendida” commenta Paolo Patané, giarrese, che è stato anche presidente nazionale di Arcigay e sarà il gran maestro di cerimonie del matrimonio tra Gino e Massimo.

Paolo Patanè

“Quando Giorgio e Tony furono ritrovati morti – afferma Patané – io avevo solo dodici anni, ma già mi risultava evidente come nei fatti ci fosse qualcosa di poco chiaro. E ricordo perfettamente che la città, attonita, all’arrivo di giornalisti e politici che si battevano per i diritti dei gay, si chiuse a riccio. Si preparava una manifestazione e il preside della mia scuola che venne in tutte le classi per dirci che avrebbe chiesto ai nostri genitori di non farci uscire di casa per evitare di incontrare tutti quegli omosessuali”.

“Sulla vicenda di Giorgio e Tony, poi – aggiunge – rifletto da decenni. Il vero scandalo stava nel fatto che erano ‘ziti’, fidanzati, antesignani inconsapevoli del diritto di coppia. Innamorati, non semplicemente amanti, cosa che magari la comunità avrebbe potuto accettare, purché non se ne parlasse troppo. Tutto sommato una certa omosessualità mediterranea era tollerata. Ma lo scandalo era l’amore, nella Giarre di quegli anni. Poi Tony era minorenne e infine c’era la questione sociale: Giorgio proveniva da una famiglia abbiente, con un avviato negozio di strumenti musicali, mentre il fidanzatino era figlio di un giocattolaio e viveva in un ambiente economicamente instabile e precario”.

Giorgio e Tony

Nelle foto sembrano pupazzi

Le uniche foto insieme dei due ragazzi sembrano quasi da segnaletica della polizia. Ritratti entrambi con, sul volto, un’espressione di infinita tristezza. Sembrano quasi dei pupazzi.

“Restituiscono – sottolinea Patanè – la drammatica malinconia che sarebbe sfociata in una tragedia ancora, dopo quarant’anni, dai contorni misteriosi. Provo per loro una gran pena”.

“Mi piacerebbe invitare Salvini”

“A farci da testimoni – racconta Massimo – saranno alcuni cari amici, e a festeggiarci dovrebbe esserci anche Rutelli. Però mi piacerebbe invitare a questo matrimonio anche il capo della Lega Nord Matteo Salvini, che in ottobre dovrebbe essere in zona per via del processo che subirà a Catania. Chissà, dopo esser passato da Forza Etna alla difesa a oltranza dei Meridionali, tanto che adesso parla persino di Ponte sullo Stretto, potrebbe ricredersi anche sugli omosessuali”.

“Ecco – scherzano -, se intervenisse alla cerimonia potrebbe farci da paggetto, portarci le fedi…”.

Poi tornano seri, per concludere, “Nella nostra comunità, e non solo, in questi anni siamo stati un esempio per tutti, anche perché abbiamo sempre condotto una vita alla luce del sole, vivendo nel centro di Palermo e aprendo a tutti le porte della nostra bottega: ci sono ancora tanti giovani che hanno difficoltà a dichiarare persino in famiglia la propria omosessualità e vengono da noi a cercare appoggio e aiuto”.

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