Busia, Anac: “Oggi combattiamo la corruzione con armi e strumenti nuovi” - QdS

Busia, Anac: “Oggi combattiamo la corruzione con armi e strumenti nuovi”

Patrizia Penna

Busia, Anac: “Oggi combattiamo la corruzione con armi e strumenti nuovi”

martedì 08 Novembre 2022

Legge Severino, 10 anni dopo. Il punto di Busia, presidente Anac. “Digitalizzazione significa rapidità, semplificazione e controllabilità”

ROMA – Dieci anni fa, il 6 novembre 2012, veniva approvata dal Parlamento la legge 190/2012 nota come Legge Severino, che ha fatto nascere in Italia l’Autorità Anticorruzione. Forte era la necessità di combattere un fenomeno diffusissimo in Italia, stimato da studi europei e dall’Ocse in 60 miliardi di costo annuo per lo Stato, portando il nostro Paese a figurare come il terzo Paese Ocse più corrotto, subito dopo Messico e Grecia, nell’indice di percezione della corruzione.

Cosa è cambiato in questi dieci anni? Qual è lo stato della corruzione? Sono stati fatti passi avanti? E cosa c’è ancora da migliorare?
A rispondere è Giuseppe Busia, Presidente di Anac, l’Autorità Anticorruzione.
“L’Italia ha fatto importanti passi avanti. Lo dico con orgoglio, ma anche con responsabilità, perché questo ci impegna a proseguire il cammino. Solo in quest’ultimo anno il nostro Paese ha scalato dieci posizioni nella classifica di Transparency International: secondo i dati dell’indice della percezione della corruzione 2021, diffusi all’inizio di quest’anno, siamo al 42° posto su una classifica di 180 paesi, con 56 punti. L’anno precedente l’Italia occupava il 52° posto. Dalla nascita di Anac, dieci anni fa, l’Italia ha guadagnato 14 punti. La media dei paesi dell’Europa occidentale è tuttavia di 66 punti: nonostante il balzo dell’ultimo anno, abbiamo ancora molta strada da percorrere. La legge 190 è stata voluta per prevenire e reprimere la corruzione e l’illegalità nella Pubblica amministrazione, oltre che per promuovere la trasparenza. Direi che oggi, ancor più di dieci anni fa, l’obiettivo è prioritario, con gli ingenti fondi del Pnrr che si stanno cominciando a spendere, e l’attenzione dell’Unione europea su di noi per una corretta gestione di tali finanziamenti”.

C’è chi parla di modificare la Legge Severino, addirittura qualcuno di abolirla. Se n’è discusso anche durante il recente referendum. Cosa ne pensa?
“La Legge 190 non può essere abrogata perché l’Italia l’ha approvata per adeguarsi ad alcuni obblighi internazionali assunti attraverso la convenzione di Mèrida delle Nazioni Unite che chiede a tutti i Paesi di investire nella prevenzione della corruzione. La stessa Presidente von der Leyen e la Ue hanno ribadito anche di recente che una efficace normativa anticorruzione è il prerequisito per rimanere a pieno titolo nella Ue e ricevere i fondi. Il Presidente ungherese, Orban, per adeguarsi e ricevere i finanziamenti europei, ha subito istituito un’Autorità Anticorruzione, che mancava in quel paese. Quanto al referendum del giugno scorso, non riguardava la Legge 190, ma l’abrogazione di uno dei provvedimenti attuativi, il decreto legislativo successivo n.235, del 31 dicembre 2012, sull’impossibilità di candidarsi o essere eletto, e sulla decadenza dalla carica per chi sia stato condannato. Inoltre, all’interno di tale decreto, la disposizione particolarmente criticata era quella che prevede la sospensione dalla carica, negli enti locali, anche in caso di condanna di primo grado. Al riguardo, il decreto legislativo non distingue fra diverse tipologie di reati e –si è detto- tale sospensione può essere giustificata per i reati più gravi, come quelli di mafia, ma non per tutti gli altri. Si trattava dunque di possibili interventi puntuali, ma non si metteva in discussione l’impianto generale della legge Severino. Come sempre, se si deve intervenire, non va fatto con la sciabola ma col fioretto”.

Come è cambiata Anac in questi dieci anni?
“Dopo gli anni di Tangentopoli si è capito che per combattere la corruzione non bastavano gli strumenti penalistici, che intervengono dopo che il reato è stato commesso. Inoltre, pur con l’impegno delle forze dell’ordine e dei pubblici ministeri, quanto emerge è solo la punta dell’iceberg, e il grosso dei comportamenti corruttivi resta nascosto. Ecco perché servivano e servono strumenti per prevenire la corruzione, creando buona amministrazione, trasparenza nell’amministrazione pubblica, anche attraverso le disposizioni sul conflitto di interessi, che evitino commistioni improprie tra interessi privati e pubblici, politica e amministrazione. E servono tutele per i whistleblower, coloro che, all’interno delle organizzazioni, sono i primi ad accorgersi dei comportamenti scorretti, non si voltano dall’altra parte e responsabilmente segnalano quando non va: essi vanno dunque protetti da ingiuste ritorsioni, perché aiutano a perseguire l’interesse pubblico ed anche ad evitare sprechi e ruberie. Tutti questi sono anche gli elementi posti alla base delle convenzioni internazionali alle quali l’Italia ha aderito, da quelle Onu al Consiglio d’Europa. In questo quadro, Anac è nata con una marcia in più, perché aveva anche importanti compiti di vigilanza e di controllo sui contratti pubblici, per realizzare opere e comprare servizi e forniture, procedure nelle quali si annidano anche alcuni dei rischi principali di corruzione e cattiva amministrazione. Oggi Anac è Autorità Anticorruzione, ma anche Autorità della Buona Amministrazione. Questo sta incidendo profondamente nella società italiana e nella Pubblica Amministrazione, favorendo concorrenza e legalità nei contratti pubblici, buon funzionamento della macchina amministrativa, efficienza e celerità della realizzazione degli appalti, snellimento delle gare, conclusione delle opere nel modo migliore. Una Pubblica amministrazione che funziona bene ha in sé gli anticorpi contro la corruzione, la rende meno praticabile. Soprattutto, si apre ai cittadini e rinforza la loro fiducia nelle istituzioni”.

La bozza di Codice degli Appalti, approvata dal Consiglio di Stato e ora al vaglio del governo, ha rafforzato i poteri e le funzioni di Anac. Come cambierà l’Autorità col nuovo Codice?
“I criteri direttivi introdotti dal Parlamento nella legge delega sugli appalti prevedono un rafforzamento delle funzioni di vigilanza dell’Autorità e di supporto alle stazioni appaltanti. In particolare, con la vigilanza collaborativa, che è uno dei più efficaci strumenti di prevenzione, è possibile intervenire con tempestività a garanzia della legalità nelle procedure di aggiudicazione. Le pubbliche amministrazioni che vi aderiscono sottopongono in via preventiva gli atti di gara all’Autorità, che in tempi brevissimi – dai 5 agli 8 giorni – fornisce osservazioni e consigli. È un istituto importante di affiancamento delle pubbliche amministrazioni che diventa strumento di deflazione del contenzioso, come confermato dal numero esiguo di ricorsi avviati in questi anni sulle procedure vigilate dall’Autorità”.

E il supporto alle Pubbliche amministrazioni in cosa consiste?
“L’altro elemento centrale nel nuovo Codice degli Appalti è il ruolo di Anac di ausilio e sostegno alle stazioni appaltanti con la creazione di bandi tipo, documenti tipo, schemi già pronti, che le amministrazioni possano usare. Si tratta di una forma di collaborazione e di promozione di ‘buone pratiche’, nello spirito di risoluzione dei problemi. Abbiamo orientato la nostra azione di Autorità in questa direzione per favorire la ripresa, affiancando le amministrazioni sul versante dei contratti, per renderli strumenti efficaci di realizzazione dei tanti progetti messi in campo, garantendo apertura, concorrenza e capacità di selezionare le imprese più idonee, dinamiche e innovative, al servizio dell’interesse pubblico. Attraverso gli atti tipo, per esempio, e le nostre piattaforme informatiche, viene monitorato il rispetto dei contratti collettivi di lavoro, evitando l’adozione dei cosiddetti ‘contratti pirata’, a garanzia dei lavoratori. Analogamente, si verifica il rispetto delle disposizioni a tutela dell’occupazione femminile e giovanile, evitando elusioni e concorrenza sleale fra operatori economici”.

Anac è molto impegnata sul fronte della digitalizzazione, specie nei contratti pubblici e nella pubblica amministrazione. Perché la digitalizzazione è così importante come arma per combattere la corruzione?
“La gestione interamente digitale degli investimenti in appalti pubblici è un impegno di Anac da tempo, e ora troverà piena collocazione anche nel nuovo Codice degli appalti. Vogliamo garantire l’estensione del digitale a tutto il ciclo di vita del contratto, a partire dalla programmazione, alla richiesta del Cig (codice identificativo di gara) fornito da Anac, fino all’esecuzione e conclusione del contratto, e all’ultima fattura. Oggi la corruzione si combatte con armi e strumenti nuovi: controllo digitale preventivo, incrocio dei dati, amministrazione trasparente con innovative tecnologie di monitoraggio. Stiamo realizzando la digitalizzazione di tutte le procedure, raccogliendo informazioni sulle gare in tempo reale, velocizzando e semplificando da una parte ogni fase della gara, e controllando dall’altra ogni anomalia o uso distorto che si dovesse presentare. Grazie alle gare digitali, si riesce a coniugare perfettamente rapidità, semplificazione e controllabilità. Ultimo punto: abbiamo deciso di aprire le nostre banche dati a tutti i cittadini, perché ognuno possa controllare come sta spendendo i soldi, ad esempio, il proprio comune, confrontandolo anche con quanto fanno gli enti analoghi, favorendo una maggiore partecipazione civica.

Insomma, in dieci anni è stata fatta parecchia strada.
“Certamente, ma il percorso da fare è ancora lungo: prevenire singoli atti corruttivi non basta, se nello stesso tempo non si fa crescere nel Paese una cultura della legalità, a livello diffuso. è questo il fondamento per potere avere fiducia nelle istituzioni. Non dobbiamo mai dimenticarcelo. Voglio inoltre sottolineare un punto essenziale: in questo momento di risorse scarse e difficoltà economiche, investire in prevenzione della corruzione significa qualificare la spesa pubblica, evitare sprechi e quindi avere risorse per offrire servizi migliori a tutti i cittadini, oggi in crescente difficoltà. È una sorta di manovra economica, nascosta, ma estremamente efficace e con ritorni importanti per le finanze pubbliche”.

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017