Il coronavirus fa paura, i mutamenti climatici no, in Sicilia -75% di piogge e rischio desertificazione - QdS

Il coronavirus fa paura, i mutamenti climatici no, in Sicilia -75% di piogge e rischio desertificazione

Rosario Battiato

Il coronavirus fa paura, i mutamenti climatici no, in Sicilia -75% di piogge e rischio desertificazione

giovedì 27 Febbraio 2020

Fanno notizia i supermercati vuoti, ma degli invasi a secco non importa a nessuno. Eppure in un anno sono caduti settantadue milioni di metri cubi d'acqua in meno. Gli esperti, “Nell’Isola aumenteranno gli eventi estremi e con l’aridità si svilupperanno più malattie”

Dalla Regione siciliana 
“Siccità, febbraio mese più asciutto in ultimi 100 anni”

PALERMO – È bastato l’arrivo del Coronavirus per scatenare il panico tra gli italiani, con supermercati presi d’assalto come se stesse per arrivare la fine del mondo. Un’epidemia che, certo, non va presa alla leggera, ma che – complice l’allarmismo di alcuni giornali e testate online – è ampiamente sovrastimata. Si teme un virus con una mortalità dello 0,5% (5% secondo i virologi più pessimisti) e che provoca gravi conseguenze perlopiù in persone con un quadro clinico già compromesso. Invece, sembra non interessare a nessuno un altro fatto sotto gli occhi di tutti, da mesi, nel nostro Paese, specie al Sud e in Sicilia, non piove più e le temperature – ben oltre le medie stagionali – hanno praticamente azzerato l’inverno. Il cambiamento climatico in atto, con lo scioglimento dei ghiacciai e l’innalzamento del livello dei mari, e il rischio anche per le città siciliane di finire presto aride o sott’acqua, è la vera emergenza.

LO SCENARIO
Al di là della loro effettiva efficacia, preghiere e processioni, che in questi giorni si sono celebrate in alcune città isolane per chiedere la pioggia e quindi allontanare lo spettro della siccità, dovrebbero verosimilmente essere rivolte altrove. In particolare, per illuminare le teste di quei siciliani che per decenni hanno votato una classe politica incapace di investire o far indirizzare le risorse nazionali o comunitarie nelle reti idriche – circa la metà dell’acqua immessa si perde, lo conferma l’Autorità di Bacino della Regione – e nel completamento degli invasi che per anni, e tuttora, sono apparsi nel lunghissimo elenco delle incompiute siciliane. La paura e gli allarmi di oggi, che arrivano dalle attività produttive ai cittadini, sono figli di un passato immobile.

ALLARME DELL’ANBI
L’ultimo bollettino dell’Associazione nazionale bonifiche e irrigazioni (Anbi), realizzato tramite l’Osservatorio sullo stato delle risorse idriche, ha allargato il fronte delle regioni entrate nello stato di “sofferenza idrica”. Il documento evidenzia, in maniera generale, la contrazione delle piogge – circa il 75% in meno rispetto a un anno fa – e quindi una maggiore difficoltà nella gestione delle risorse idrica. Per la Sicilia, in particolare, si evidenziano “sintomi di difficoltà idrica” perché “gli invasi contengono 72 milioni di m3 in meno rispetto all’anno scorso”.

I VOLUMI INVASATI
Il prospetto dei volumi invasati nelle dighe isolane, secondo i numeri diffusi dal dipartimento regionale dell’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico Sicilia, aggiornati al primo febbraio scorso, certificano uno scarto, rispetto all’anno precedente, del 12%. I dati in valore assoluto confermano che si è passati da 612,7 milioni di metri cubi del febbraio 2019 ai 539,99 dello stesso mese dell’anno in corso. Sono complessivamente 25 gli invasi mappati dalla Regione per utilizzo irriguo, potabile, elettrico ed industriale. Di questi la stragrande maggioranza ha fatto registrare un calo nei volumi invasati. Rispetto al mese precedente, cioè a dicembre del 2019, il dato complessivo è invece in crescita.

LOTTA ALLA SICCITÀ: IL PIANO DELLA REGIONE
La deliberazione del 13 febbraio della Giunta regionale ha sancito il via libera all’Autorità di Bacino del Distretto Idrografico della Sicilia di predisporre, entro 30 giorni, con il supporto dei Dipartimenti interessati, un Piano per la lotta alla siccità. Le principali linee di azione, come si legge nella delibera, si sintetizzano in cinque punti fondamentali: collaudo ed efficientamento delle dighe; riqualificazione della rete di distribuzione dei Consorzi di bonifica; lotta alla desertificazione; realizzazione di laghetti collinari e nuovi sistemi di irrigazione nelle aziende agricole.

SICILIA SUB-TROPICALE
La tendenza negativa in termini di ciclo idrologico, a causa dei cambiamenti climatici, è stata evidenziata proprio dall’Autorità di Bacino regionale all’interno del rapporto, diffuso lo scorso dicembre, dal titolo “Valutazione globale provvisorio dei principali problemi di gestione delle acque”. La considerazione dei tecnici regionali è netta: “il clima mediterraneo caratterizzante il territorio siciliano mostra un significativo trend verso il cosiddetto fenomeno di estremizzazione del clima che vede sempre più frequenti e sensibili i discostamenti dei parametri climatici dagli andamenti storici decisamente più regolari evidenziando una tendenza, quindi, verso un clima temperato subtropicale”.
Riflessioni che derivano dall’analisi della media di lungo periodo, dal 1921 al 2018, che certifica una certa riduzione della piovosità. Tra il 1916 e il 2014, la piovosità media registrata nell’Isola è stata intorno a 700 mm mentre nel corso degli ultimi anni “è evidente l’incremento della porzione di territorio regionale caratterizzata da precipitazioni annue minori di 500 mm”. Una tendenza che pare, al momento, irreversibile e la cui continuazione “rende questi territori sempre più vulnerabili alla desertificazione con gravi ripercussioni sulle condizioni socio-economiche delle popolazioni”.

UN PIANO ANCHE CONTRO LA DESERTIFICAZIONE
Per contenere la desertificazione – secondo un recente studio del Cnr in Sicilia le aree a rischio desertificazione costituirebbero il 70% del territorio – la Regione ha redatto un piano che è stato presentato nell’estate del 2019. In particolare è la siccità che, combinata col cemento – quello abusivo e quello regolare – e quindi col consumo di suolo, si lega ai cambiamenti climatici e quindi alla desertificazione. Nel piano della Regione le “aree critiche” rappresentano oltre la metà dell’intera regione (56,7%) e un altro terzo (35,8%) è classificato come “fragile”. Le zone più a rischio sono a loro volta suddivise in “meno critiche” (identificate come C1) pari al 17,7%; “mediamente critiche” (C2) con il 35%; “maggiormente critiche” (C3) con il 4% dell’intera superficie dell’Isola.

RETI SCADENTI…
È stata ancora l’Autorità di Bacino a sottolineare un’altra grave criticità del settore idrico isolano. In particolare, nel “settore idropotabile con riferimento ai dati del 2015 l’acqua prelevata dalle varie fonti di approvvigionamento è risultata pari a circa 740 milioni di metri cubi”, l’acqua immessa nelle “reti di distribuzione è risultata pari a circa 683 milioni di mc mentre l’acqua effettivamente erogata dalle reti di distribuzione è risultata paria 341 milioni di mc”. Secondo i tecnici della Regione risulta “alquanto evidente la scarsa efficienza del sistema considerate le perdite sia degli acquedotti di adduzione che delle reti di distribuzione che porta a disperdere più del 50% delle risorse prelevate”. Inoltre, mancano quelle tecniche efficienti che potrebbero far risparmiare risorse, come la microirrigazione che è limitata al 31% delle risorse, oppure il ricorso a tecniche per scorrimento superficiale o a sommersione che è pari al 13% e al 50% l’utilizzo dei sistemi per aspersione.

… E ANCHE LA QUALITA’ DELL’ACQUA È SCARSA
Secondo l’Arpa, che ha realizzato un report ad hoc per monitorare lo stato di salute degli invasi siciliani, il 74% si trova in uno stato ecologico sufficiente. Considerando il periodo compreso tra il 2011 e il 2016, poco più di un invaso su due è in uno stato chimico “non buono”. A determinare questo risultato è la presenza di metalli (mercurio, nichel e piombo) a concentrazioni superiori rispetto agli standard di qualità ambientali (Sqa) previsti dalla normativa.



Sui cambiamenti climatici nell’Isola, abbiamo intervistato Brando Trionfera, meteorologo del Centro Meteo italiano

Gli ultimi dati dal Bacino idrografico della Regione siciliana certificano una generale tendenza nella riduzione delle precipitazioni medie. Cosa si può fare per arginare il fenomeno?
“La prima cosa da fare è studiarlo a fondo. La scienza deve soffermarsi sul cambiamento climatico e sulle sue sfaccettature, al fine di poterlo combattere. Bisogna capire innanzitutto se a diminuire siano effettivamente le precipitazioni medie annue o se, invece, il trend mostra soltanto una generale diminuzione della frequenza delle precipitazioni. Nel secondo caso si avrebbe lo stesso quantitativo di pioggia caduta ogni anno, ma non regolarmente distribuita. Di conseguenza si registrerebbe un aumento dei fenomeni estremi”.

In Sicilia è quasi sparito l’inverno. Questo caldo anomalo è destinato a peggiorare in futuro?
“Quantificare l’anomalia termica in Sicilia dell’inverno giunto ormai al termine significa rileggere i dati trimestrali della stagione meteorologica e confrontarli con il trentennio climatico di riferimento. L’estremo Sud Italia comunque rappresenta paradossalmente il caso meno estremo del nostro Paese, dove invece le temperature più elevate rispetto alla media stagionale sono state registrate al Centro-Nord. Basti pensare che Torino nella prima parte di febbraio ha registrato un valore massimo pari a +27°C, stracciando i precedenti record. L’isola ha invece conosciuto più frequentemente questi periodi caldi tra dicembre e febbraio.”

A fronte di un inverno così caldo, cosa ci dobbiamo aspettare per l’estate?
“Ad oggi non è possibile fornire una linea di tendenza valida per la prossima estate, nemmeno a grandi linee. Sono troppe le variabili in gioco. Va registrata comunque la preoccupante tendenza verso trimestri estivi sempre più caldi sul Mediterraneo e per questo motivo non sarebbe una sorpresa se quest’anno dovesse ripetersi il processo”.

Trova che il riutilizzo delle acque reflue per l’agricoltura oppure le procedure di dissalazione dell’acqua marina possano costituire delle alternative per il futuro?
“Sono forse la persona meno competente per poter rispondere a questa domanda. Va elogiato comunque l’impegno adottato da alcuni centri di ricerca per poter fronteggiare al meglio il problema della siccità, in Sicilia così come in altre regioni meridionali del nostro Paese”.



“Nell’Isola aumenteranno gli eventi estremi e con l’aridità si svilupperanno più malattie”

PALERMO – Gli autori del rapporto 2019 dell’Autorità di Bacino hanno evidenziato in maniera scientifica il peso dei cambiamenti climatici: nel territorio siciliano, negli ultimi 30 anni, “sono aumentati in modo consistente il numero dei giorni cosiddetti ‘estivi’ (con temperatura massima maggiore di 25°C) ed è diminuito il numero medio di giorni con gelo (cioè con temperatura minima inferiore a 0°C)”. In calo anche le precipitazioni per le quali, sia le previsioni dei modelli numerici che le osservazioni, evidenziano una “tendenza all’aumento di eventi di precipitazione intensa (negli ultimi anni in diverse località dell’isola si sono verificate piogge di forte intensità con punte di 20 mm in 5’)”. Gli stessi modelli, sulla base delle informazioni scaturite dall’analisi delle serie storiche di dati meteorologici, fanno “prevedere per la Sicilia e per l’area del mediterraneo un aumento degli eventi estremi, sia nel numero di episodi alluvionali sia nella durata e frequenza di periodi siccitosi” e come conseguenza si prevede “l’aumento della vulnerabilità degli ecosistemi naturali, degli incendi estivi e l’alternanza di episodi alluvionali con periodi fortemente siccitosi, l’innalzamento dei mari, la salinizzazione delle falde e dei terreni prossimi alle coste, continuerà ad aumentare il degrado e la perdita di suolo e di vegetazione, con aumento della sensibilità del territorio ai processi di desertificazione”. Inoltre, in Sicilia e nell’area mediterranea in generale, “l’aridità è aumentata negli ultimi 30 anni con conseguenze abbastanza significative sulle piante, sulla vegetazione in generale, sullo sviluppo di malattie, sulla disponibilità delle riserve idriche superficiali e profonde”.

C’è anche Palermo tra le città che rischiano di finire sott’acqua
Se non si riducono le emissioni, il mare Mediterraneo, considerato un hotspot del clima, potremmo avere circa 40 città con l’acqua alta come a Venezia. Oltre Venezia, anche Napoli, Cagliari, Palermo e Brindisi, rischiano di finire sopra al metro entro fine secolo. Ma sotto l’acqua finiranno anche la Versilia, le provincie di Grosseto, Taranto, La Spezia, la pianura padano veneta, la piana del Tevere, l’area pontina, la piana dei Fondi e la piana del Sele. Gianmaria Sannino, responsabile del laboratorio modelli climatici Enea, con il suo gruppo di lavoro è l’autore di queste che sono le uniche mappe in dettaglio di aumento del livello del mare nel Mediterraneo. Un evento meteorologico come l’acqua alta a Venezia fa prevedere “un futuro che vedrà questo genere di eventi come normali – spiega Sonnino -. Nel 2100 potremmo avere un metro in più rispetto ad oggi del livello del mare. Se non si applica l’accordo di Parigi di fine 2014 la rotta è già segnata”.

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Un commento

  1. Francesco ha detto:

    Delle scie chimiche non ne parla nessuno manipolazione del clima e desertificazione della sicilia svegliamocci

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