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Il miglior termometro del nostro pianeta: l’oceano

redazione

Il miglior termometro del nostro pianeta: l’oceano

giovedì 06 Febbraio 2020

Le cause e gli effetti del riscaldamento degli oceani. Attraverso la quantificazione di calore presente negli oceani, possiamo affermare quanto il riscaldamento globale stia distruggendo il nostro pianeta

E’ oramai risaputo il fenomeno del surriscaldamento globale, che interessa non solo la terraferma ma in particolare gli oceani, poiché accumulano la maggior parte del calore terrestre. Assorbono circa il 90% dello squilibrio energetico della Terra creato dall’aumento di gas a effetto serra, sopratutto l’anidride carbonica, dalla combustione di combustibili fossili, dalla distruzione delle foreste e da altre attività umane. Grazie ad Argo, un network di oltre 4mila sensori posizionati nelle acque di tutto il globo, gli studiosi hanno raccolto tutti i dati necessari per capire e dimostrare quanto la temperatura sia cresciuta:é stato registrato come a partire dagli anni 60’ la temperatura degli oceani sia aumentata di 0,075°C  e di come la situazione tutt’oggi stia peggiorando. Questo fenomeno ha molte conseguenze sia dal punto di vista ambientale sia dal punto di vista economico.

Le temperature dell’acqua costituiscono uno dei più forti regolatori della vita marina e gli aumenti di temperatura stanno già provocando grandi cambiamenti sott’acqua, tra cui significative modifiche nella distribuzione delle specie marine, che migrano in acqua più fredde in cerca della loro fonte di cibo, come ad esempio merluzzi e sgombri. Questa spostamento si ripercuote sul sistema economico di molte comunità in cui la pesca é la maggior fonte di ricchezza, poiché vi sono tratti in cui la specie marina é quasi inesistente. Oceani più caldi implicano inoltre eventi atmosferici più intensi, con uragani e tempeste tropicali,  piogge torrenziali in alcune aree e ondate di calore e siccità in altre. Infine possiamo paragonare la temperatura degli oceani a una media di quattro bombe atomiche lanciate negli oceani ogni secondo. Gli studiosi affermano che per migliore questa situazione, e non solo, il punto cardine rimane una netta riduzione delle emissioni di anidride carbonica: devono essere ridotte del 45% rispetto ai livelli attuali entro il 2030. Questa riduzione, appare sempre più improbabile visti i pochi progressi raggiunti finora dai governi del mondo, nonostante l’accordo di Parigi del 2015.

Viviana Fiume

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