Il vino da tavola siciliano marcisce nelle cantine. Export per 72 mln € contro il miliardo del Veneto - QdS

Il vino da tavola siciliano marcisce nelle cantine. Export per 72 mln € contro il miliardo del Veneto

Michele Giuliano

Il vino da tavola siciliano marcisce nelle cantine. Export per 72 mln € contro il miliardo del Veneto

mercoledì 24 Aprile 2019

Stessa sorte per i mosti concentrati (Mcr), utilizzati per elevare il grado alcolico: sono sempre meno quelli che partono dall’Isola alla volta di quelle regioni dove, per condizioni climatiche, è difficile arrivare alla gradazione alcolica minima prevista dalla legge.

I risvolti economici non sono cosa da poco: c’è il rischio di gravi sofferenze bancarie che possono costituire l’anticamera del fallimento, con conseguenze devastanti per il territorio. Uno stato di crisi che trova conferma nelle preoccupazioni dell’Irvo, l’Istituto regionale del vino e dell’olio. “Per superare questo momento bisogna trovare dei possibili ‘strumenti’ che permettano di ammortizzare, nel lungo periodo, le annate in cui ci sono state produzioni eccessive – commenta Vincenzo Cusumano, direttore dell’Irvo-. Ma guardando oltre bisogna anche intervenire strutturalmente sul tessuto imprenditoriale siciliano, fatto soprattutto di micro imprese. Da un lato sarebbe meglio studiare dei meccanismi che possano meglio distribuire gli utili lungo la filiera, mentre dall’altro le stesse imprese cooperative dovrebbero sforzarsi di innovarsi ed emergere sul mercato anche internazionale”.

Altra cosa fondamentale, la necessità di creare un disciplinare per il prodotto: il vino comune, come viene chiamato adesso il vino da tavola, infatti, non ne ha uno rigoroso come Doc e Igt. È regolamentato dal Testo unico (legge 238/2016) che prevede una resa massima di 500 quintali di uva per ettaro (tra i 350 e i 400 ettolitri di vino).

In Sicilia, a seconda del tipo di coltivazione, intensiva o meno, la resa si aggira tra i 160 e i 200 quintali. In realtà questo problema per il vino siciliano non è altro che un fattore contingente, non è altro che un problema nel problema.

Che qualcosa nel settore non funzioni è un dato assodato e si può dire anche storico e basta guardare ad esempio un numero su tutti: l’export. Incredibile quello a cui si assiste nell’Isola, che ha il record di superfici vitate, oltre 100 mila ettari, eppure un’esportazione che davvero è ai minimi termini in proporzioni.

Sulla base delle serie Ateco dell’Istat si rileva ad esempio che nel I semestre del 2018 il Piemonte, con meno della metà degli ettari coltivati, esporta vini per un valore di 457 milioni di euro contro gli appena 72 della Sicilia; sostanzialmente quasi sugli stessi numeri piemontesi la Toscana; ci schiaccia invece il Veneto che a fronte di meno di 80 mila ettari coltivati esporta per oltre un miliardo di fatturato. Senza parlare poi dei vini di qualità, quindi quelli riconosciuti con etichette Doc, Igt o Dop: la Sicilia ha appena 31 vini, nelle altre tre regioni invece si viaggia su numeri che quasi doppiano l’Isola. Segno proprio che nel sistema vitivinicolo siciliano c’è qualcosa che non quadra.

Il paradosso sta anche nella produzione: mentre la Sicilia dai suoi vigneti produce 6 milioni di ettolitri, il Veneto addirittura sfiora i 9 milioni pur avendo meno terreno coltivato. Ciò significa che anche la resa lascia molto a desiderare.
Non resta comunque che aggrapparsi proprio al vino di qualità in Sicilia: in particolare la Doc Sicilia nel 2018 ha registrato una crescita del 173%, rispetto all’anno precedente: oltre 80 milioni di bottiglie contro i ventinove milioni del 2017.


Imprenditori alla canna del gas: impossibile coprire i prestiti per le anticipazioni

“Con questi prezzi è impossibile rientrare dai costi. Nelle province di Palermo e Trapani, che da sole producono quasi il 70% di vini e mosti siciliani, crisi di mercato e prezzi bassissimi non consentiranno a tutte le cantine sociali di coprire i prestiti per le anticipazioni”.

Una preoccupazione che arriva dalle organizzazioni di categoria, la Confederazione italiana agricoltori in primis. Parole pronunciate da Maurizio Scavone, presidente della Cia di Mazara del Vallo, una delle città siciliane con più superficie vitata. Il vino comune non ha un disciplinare rigoroso come Doc e Igt. è regolamentato dal Testo unico (legge 238/2016) che prevede ad esempio una resa massima di 500 quintali di uva per ettaro (tra i 350 e i 400 ettolitri di vino). In Sicilia, a seconda del tipo di coltivazione, intensiva o meno, la resa si aggira tra i 160 e i 200 quintali. E qui si pone l’altro problema: “Quello dei 500 quintali è un tetto da rivedere, anche per evitare il rischio di frodi – dice Antonino Cossentino, presidente della Cia Sicilia Occidentale –, per questo chiediamo l’abbassamento da 500 a 250 quintali per ettaro ma anche l’attivazione di controlli straordinari nei confronti di quelle aziende che, a qualsiasi latitudine, abbiano presentato dichiarazioni di raccolta anomale”.

La Cia Sicilia Occidentale chiede anche la messa al bando definitiva dello zuccheraggio del vino, concesso dalla normativa europea in Francia e in Germania ma anche in alcune zone dell’Italia: Valle d’Aosta, Trentino e nella provincia di Belluno. “Lo zuccheraggio nel resto d’Italia è sofisticazione – conclude Cossentino – è un reato penale. Se estendiamo il divieto anche a quei territori possiamo trovare sbocchi di mercato per i nostri mosti che non partono più”.


L’assessore all’Agricoltura, Bandiera, analizza la situazione
Puntare di più sulla qualità I piani della Regione

Meno quantità, più qualità. è la parola d’ordine del governo regionale siciliano che ancor prima di questi dati aveva già voluto tracciare la necessità di puntare a quei prodotti che garantiscano mercato. Ed il prodotto generico, quale può essere per l’appunto il “vino da tavola”, deve quindi necessariamente ridursi proprio perchè non ha più grandi spazi di mercato.

“L’orientamento del Governo Musumeci – afferma l’assessore regionale all’Agricoltura Edy Bandiera – è di ridurre al minimo la superficie a ‘vino da tavola’, migliorando pertanto la qualità per incrementare la competitività sui mercati dei prodotti siciliani”. C’è da dire che la Sicilia ne ha bisogno, se si considera che i prodotti certificati nel comparto vitivinicolo sono davvero pochi rispetto ad altre realtà che hanno superfici vitate inferiori. Per riuscire ad aiutare il comparto il governo regionale sta puntando molto sui bandi dell’Ocm vino, per cui sono in ballo qualcosa come 55 milioni di euro: 34,5 per la ristrutturazione e riconversione dei vigneti, 8,8 per la promozione presso i Paesi terzi, 11 per gli investimenti e 700 mila euro per la vendemmia verde.

“Con le risorse a disposizione nella precedente campagna – aggiunge Bandiera – sono stati emessi i bandi per le misure ‘Promozione nei Paesi Terzi’, ‘Ristrutturazione e riconversione vigneti’ e ‘Investimenti’che hanno consentito di finanziare integralmente tutti i progetti inseriti nelle graduatorie definitive e afferenti alle prime due misure. Per quanto attiene invece la misura ‘Investimenti’ è in corso l’istruttoria delle domande d’aiuto presentate, anche se si ritiene già che sarà possibile procedere al finanziamento di tutti i progetti inseriti nella graduatoria definitiva”.

Un commento

  1. Carlo ha detto:

    E’ incredibile che un prodotto di qualità e unico nel suo genere come il vino siciliano debba subire di crisi congiunturali di questo tipo. Ma, proprio perché si tratta di un unicum per qualità e genere, sono certo che saprà rialzarsi e farsi apprezzare da tutti gli amanti del buon vino sia in Italia che all’estero.

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