Imprese, addio a “Decontribuzione Sud”. Così si taglia la povertà anziché la ricchezza - QdS

Imprese, addio a “Decontribuzione Sud”. Così si taglia la povertà anziché la ricchezza

redazione

Imprese, addio a “Decontribuzione Sud”. Così si taglia la povertà anziché la ricchezza

Roberto Greco  |
mercoledì 05 Giugno 2024

Gli sgravi contributivi per le regioni del Mezzogiorno, “promessi” fino al 2029, cesseranno il 30 giugno prossimo. Una mazzata per le aziende meridionali che complessivamente vedranno aumentare i costi di circa 3,3 miliardi

Il Sud Italia è di nuovo sotto attacco e, ancora una volta, si tratta di fuoco amico che sventola la bandiera del “ce lo chiede l’Europa”. Dal prossimo 30 giugno non sarà più possibile beneficiare dell’esonero contributivo previsto dalla misura “Decontribuzione Sud” che, dal 2021, ha concorso al mantenimento e rilancio dell’occupazione nel Meridione d’Italia. Di fatto, si tratta (o meglio, si trattava) di uno sgravio del 30% sui contributi previdenziali per i datori di lavoro privati con sede in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia cofinanziato dal Pon Spao con risorse Fse React-Eu.

La possibilità di utilizzare tale sgravio per i contratti di lavoro subordinato nelle regioni del Sud era stata prevista dal dl 104/2020 e sarebbe dovuta scadere nel dicembre 2023 ma, proprio alla fine dell’anno scorso, era stata adottata una ulteriore proroga degli sgravi al 30 giugno 2024 e, contestualmente, l’aumento del massimale di erogazione per le imprese beneficiare a 2,25 milioni di euro e a 335 mila euro per le imprese attive nei settori della pesca e dell’acquacoltura.

Decontribuzione Sud, è stata davvero utile?

Ma la misura introdotta nel 2020 è stata realmente utile alle imprese? La risposta è sì, anzi, quegli sgravi sono fondamentali non solo per le aziende, ma anche per gli stessi lavoratori. Un recente studio condotto da due economisti, Edoardo Di Porto dell’Università di Napoli Federico II e Paolo Naticchioni dell’Università Roma Tre, ha dimostrato come la misura abbia avuto un impatto positivo sul mercato del lavoro. Confrontando le province al confine tra Centro e Mezzogiorno, partendo dall’assunto che le dinamiche di sviluppo di territori così vicini siano simili, a meno di shock di politica economica come ad esempio la misura “Decontribuzione Sud” gli sgravi non hanno avuto alcun effetto sull’occupazione fino all’autunno del 2021 ma, da quel momento e fino alla fine del 2022, l’impatto della misura è diventato positivo e relativamente stabile, nell’ordine del 10%.

Decontribuzione Sud”, inoltre, ha generato effetti positivi sia per le imprese sia per i lavoratori in quanto, per le prime, il taglio dei contributi si è tradotto in una riduzione dei costi fissi legati alla gestione del personale e, quindi, in una maggiore disponibilità di risorse da destinare allo sviluppo del business, all’adozione di nuove tecnologie e alla formazione del personale. Per quanto riguarda invece i lavoratori, gli incentivi hanno garantito l’assunzione di milioni di lavoratori in un’area, quella del Mezzogiorno, già abbondantemente penalizzata dalla carenza di servizi e infrastrutture, elementi decisivi per lo sviluppo economico.

Ecco perché cancellare “Decontribuzione Sud” significa compromettere un ambiente favorevole alla crescita delle imprese, agli investimenti e all’assunzione di nuovo personale e, dunque, interrompere il percorso di riduzione delle disuguaglianze territoriali e promozione di una maggiore equità economica reso percorribile proprio da questa misura. E non serve evocare che sarebbe l’Europa a sollecitare uno stop alla misura, perché proprio da Bruxelles, non più tardi del 15 dicembre scorso, è arrivata l’autorizzazione alla proroga degli sgravi e l’aumento del massimale di erogazione per le imprese beneficiare, a dimostrazione di come l’Europa abbia riconosciuto il valore di una misura come “Decontribuzione Sud” nell’ottica del sostegno alle imprese meridionali in un contesto economico e politico, tra l’altro, ancora segnato da profonde incertezze.

Cancellare gli incentivi per le imprese meridionali, dunque, significa sabotare il rilancio del Mezzogiorno. Nello specifico la misura prevede, o meglio prevedeva, uno sgravio contributivo per le aziende del sud il cui obiettivo era contenere gli effetti dell’epidemia Covid-19 sull’occupazione e tutelare i livelli occupazionali in aree con gravi situazioni di disagio socioeconomico. Erano escluse le imprese dei settori finanziario, agricolo e i datori di lavoro domestico.

Decontribuzione Sud, cosa prevedeva

La misura prevedeva sino al 31 dicembre 2025 un esonero del 30% della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro, per gli anni 2026 e 2027 un esonero del 20% della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro e, per gli anni 2028 e 2029, un esonero del 10% della contribuzione previdenziale a carico del datore di lavoro e non prevedeva un massimale nell’importo per singolo lavoratore/lavoratrice. L’esonero, nonostante la sua pianificazione fino al 2029, è stato concesso dal 1° gennaio 2021 al 30 giugno 2022 prevedendo che, per il periodo successivo ossia dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2029, le istruzioni sarebbero state fornite dopo l’autorizzazione della Commissione Europea che ha accolto la richiesta avanzata dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di estendere l’autorizzazione all’utilizzo della misura fino al 30 giugno 2024. Di fatto, vista l’efficacia della misura sarebbe necessario “metterla a sistema”.

Il divario economico e demografico tra il Sud e il resto del Paese emerge come un tema ricorrente quando si affronta la discussione sulla crisi causata dalla pandemia e sugli scenari di ripresa. Nel mese di aprile, l’Ufficio Studi Confcommercio ha fornito un quadro impietoso della situazione del Mezzogiorno indicando che i fattori persistenti, che da sempre penalizzano le regioni meridionali, sono burocrazia, diffusa micro-illegalità, insufficiente accessibilità e una qualità del capitale umano comparativamente inferiore. Un elemento rilevante da sottolineare è anche l’interconnessione tra il tema della produttività, le condizioni economiche e sociali di vita e la scelta di stabilirsi o emigrare. L’utilizzo dell’incentivo “Decontribuzione Sud” che, per la sua specifica finalità trova applicazione solo nelle regioni del Mezzogiorno, si è concentrato principalmente in tre delle otto regioni che avevano titolo per utilizzarlo, ossia Campania, Puglia e Sicilia, che lo hanno utilizzato per un 70% del totale e ha riguardato, dalla sua entrata in vigore, circa 3,7 milioni di lavoratori e lavoratrici assunti nel Mezzogiorno.

Decontribuzione Sud, agevolate quasi 1 milione e mezzo di lavoratori

Sulla misura “Decontribuzione Sud” il dato fornito dall’Inps relativo al 2023, indica che ben 1.453.444 lavoratori e lavoratrici, tra assunzioni e variazioni contrattuali, sono state agevolate. In Sicilia, nello specifico, l’Inps indica che i contratti destinatari della decontribuzione hanno riguardato 196.835 uomini e 103.458 donne, per un totale pari a 300.293 persone. In totale si stima che lo stop alla misura genererà alle imprese del Sud un maggior costo non previsto, anche perché originariamente la misura prevedeva sgravi fino al 2029, di circa 3,3 miliardi di euro.

Bonus, voucher, misure a scadenza temporale ravvicinata non fanno bene alla nostra economia e dimostrano che continua a mancare una visione a lunga gittata, quella visione che potrebbe far uscire l’Italia dallo stato di assistenzialismo e le permetterebbe di programmare il proprio futuro. Bene, quindi, ma non benissimo anche perché, come spesso succede, si preferisce sacrificare il Sud Italia.

Il ministro per il Sud Raffaele Fitto interviene per spiegare i motivi dello stop

“Avvieremo un negoziato con la Commissione europea”

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Raffaele Fitto

A fronte della posizione delle opposizioni e delle associazioni di categoria delle imprese, che hanno visto nella misura “Decontribuzione Sud” principalmente una boccata d’ossigeno che, come dimostrano i dati dell’Inps, ha permesso di ridurre il numero degli inoccupati e rilanciare la produttività delle imprese del Sud, e quelle dell’opposizione, il ministro per gli Affari europei, Sud, Politiche di coesione e Pnrr, Raffaele Fitto, ha giudicato “falsa e pretestuosa” la ricostruzione offerta dalle opposizioni sulla misura.

“Il Governo – ha dichiarato il ministro Fitto – avvierà un negoziato con la Commissione europea per verificare nuove modalità possibili di applicazione della misura ‘Decontribuzione sud’ in coerenza con la disciplina europea e al di fuori delle misure straordinarie del temporary framework sugli aiuti di Stato” e che il governo aveva chiesto “la massima estensione temporale compatibile con la scadenza del Quadro temporaneo”.

“La Decontribuzione Sud è uno sgravio contributivo per le aziende del Sud che nasce per contenere gli effetti del Covid sull’occupazione e per tutelare i livelli occupazionali in aree con gravi situazioni di disagio socioeconomico. La misura è cofinanziata da risorse nazionali e da risorse europee”, ha spiegato il ministro. “L’esonero è stato introdotto con la legge di bilancio 2021 con un’estensione ipotetica fino al 2029 e necessita, al fine del suo concreto riconoscimento, di periodiche autorizzazioni della Commissione europea, configurando un aiuto di Stato” e “a partire dalla sua istituzione e fino a oggi, il riconoscimento dell’esonero ha potuto beneficiare di una disciplina autorizzatoria semplificata. Sotto il profilo degli aiuti di Stato, il regime è stato infatti inquadrato dapprima nell’ambito del ‘Quadro temporaneo Covid 19’ e, successivamente, nell’ambito del ‘Quadro temporaneo Ucraina’ (Temporay crisis and transition framework- TCTF) in scadenza al 30 giugno 2024. Per quanto riguarda le iniziative assunte da questo governo, si è provveduto a chiedere un primo rinnovo della misura, accolto dalla Commissione europea il 6 dicembre 2022, per la durata di 12 mesi e con un incremento di risorse di 5,7 milioni di euro e dei massimali per impresa fino a 2 milioni di euro”.

“Successivamente, l’esigenza di garantire la piena operatività della misura anche oltre il 31 dicembre 2023 ha portato questo governo a notificare alla Commissione europea, nelle date del 5 e 7 dicembre 2023, un’ulteriore richiesta di rinnovo, con la quale si è provveduto anche a chiedere un innalzamento dei massimali nella misura di 335 mila euro per le imprese attive nei settori della pesca e dell’acquacoltura, e di 2,25 milioni di euro per tutte le altre imprese ammissibili al regime di aiuti esistente”, ha continuato Fitto.

Bruxelles il 15 dicembre 2023 ha accolto la richiesta del Governo, e ha prorogato la decontribuzione fino al 30 giugno 2024, “ovvero con la massima estensione temporale compatibile con la scadenza del Quadro temporaneo Ucraina”.

Le agevolazioni che si possono ancora sfruttare

Dal Decreto Primo Maggio ai fondi europei, così il Governo prova a metterci una “pezza”

Il Governo, intanto, è corso ai ripari con il “Decreto primo maggio”, varato lo scorso 30 aprile dal Consiglio dei Ministri insieme a quello sui Fondi europei di Coesione. Il pacchetto di misure sul lavoro prevede un Bonus assunzione per giovani, donne e nel Sud per l’assunzione a tempo indeterminato di nuovi lavoratori sotto i 35 anni si prevede un esonero contributivo del 100 per cento per due anni nel limite massimo di 500 euro mensili.

Sempre nello stesso periodo, le imprese che assumono donne potranno beneficiare di uno sgravio totale dal versamento dei contributi previdenziali nel limite massimo di 650 euro mensili. Per incentivare l’occupazione nel Mezzogiorno, poi, si prevede un esonero contributivo totale, nel limite di 650 euro mensili, per ogni assunzione a tempo indeterminato. Previsto, inoltre, un bonus per aziende in crisi che prevede che i datori di lavoro che tra il 1° luglio 2024 e il 31 dicembre 2025 assumeranno a tempo indeterminato i dipendenti potranno beneficiare di un esonero totale dal pagamento dei contributi per 30 mesi.

Per le aziende del Centro-Nord è previsto un voucher fino a 30.000 euro per l’acquisto di beni per l’avvio di attività, che diventano 40.000 se si tratta di beni digitali o per risparmio energetico mentre per quelle del Sud e delle aree del Centro colpite dal sisma il valore del voucher arriverà fino a 40.000 euro per l’acquisto di beni per l’avvio di attività, che diventano 50.000 se si tratta di beni digitali o per risparmio energetico.

Introdotto anche un superbonus lavoro, un’agevolazione fiscale sulle assunzioni 2024. Il nuovo incentivo spetta alle imprese che assumono nuovi lavoratori e lavoratrici nel corso dell’anno. Questa super deduzione è pari al 120 per cento per tutte le assunzioni a tempo indeterminato; al 130 per cento per chi assume lavoratori ‘svantaggiati’, ossia giovani ammessi agli incentivi all’occupazione giovanile, donne di qualsiasi età con almeno due figli minorenni, vittime di violenza o disoccupate da almeno 6 mesi. Previsti anche incentivi all’autoimpiego, mirati a promuovere l’autoimprenditorialità.

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