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La contraddizione Palermo

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La contraddizione Palermo

Giovanni Pizzo  |
giovedì 04 Aprile 2024

Una città bellissima e bruttissima allo stesso tempo, che si ama e si odia contemporaneamente.

Palermo è, già definirla rasenta l’impresa, contraddizione allo stato puro. La sua bellezza è stordente, stridente, straniante. Le sue bruttezze sono luride, lerce, lestofanti.

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La vicenda di Asia, la ragazza palermitana a cui è stata usata violenza due volte, di nuovo, nel silenzio assordante di una società dormiente, dimessa, deficiente di spirito civile, è specchio della sua contraddizione. Per Kant la contraddizione era un difetto del pensiero, necessaria. Per Hegel la contraddizione è nel mondo, le cose in se stesse sono contraddittorie. Solo la ragione può fare sintesi superiore, e superare la dicotomia per elevare il livello, per uscire dallo stallo.

Qui, oggi, Palermo non alza nessun livello, non recupera alcun ragionamento, ma sprofonda nel nulla di una comunità impotente, che ancora non ha sconfitto la Mafia ma è già precipitata in un degrado sociale, civile, antropologico, senza fondo. Siamo passati da una labile primavera all’inverno del nostro scontento, direbbe Steinbeck. Esistono forme di recupero?

Certo, se l’università costruisce lauree fasulle con lestofanti qualcosa puzza dalla testa, non è solo degrado di ambienti in cui l’ignoranza fa da padrona. Nella vicenda di Asia, sequestrata, picchiata da chi l’aveva già violentata, coercita davanti alla forza pubblica per ritrattare la denuncia, c’è tutta la contraddizione di Palermo. Se è civile, come si è arrivati a tutto ciò, dopo esserci vergognati a luglio davanti a tutta Italia, o forse non ci siamo vergognati per nulla, abbiamo accettato e rimosso, abituati così davanti alla violenza?

Palermo è bellissima e bruttissima allo stesso tempo, e come si fa a capire tutto questo, limiti e superamenti degli stessi? Il pensiero sociale, la Chiesa palermitana, il pensiero politico? No, nulla di tutto questo, forse altro. Forse una canzone, scritta da un sociologo e musicista palermitano, arrangiata jazz, la musica di un altro profondo Sud, di gente nera, sopraffatta e sopraffacente, come noi.

Palermo, troppe facce, le scopri “tutt’assieme”, Se cerchi quelle tracce. Non capisci chi la teme.
È lenta, si trascina, e spesso si ferisce. Si affaccia ogni mattina e a volte ti tradisce.
Ma è bella come il sole, con lo sguardo di chi vuole cambiare, perché cambia chi vive nell’amore
Stupisce azzurro e ‘arancio, di vespri e gelsomini, cannella, ma nel marcio, che approfitta di cuori bambini
Palermo si difende, il suo soffio si sospende, combatte chi ne oscura, Bellezza sorprendente
Perché è anche sua natura giocare con i sogni, sconfigge la paura fra trame di bisogni
Ma odora fiori secchi, bambina e ormai già donna, dimentica dei sacchi, fatti con la sua gonna
Palermo troppe facce, non le vedi tutte assieme, stordiscono le tracce, anche quando le vuoi bene
“.

Il testo è di Fabio Lo Verde, ordinario di sociologia in questa città disgraziata. Palermo è così, la ami, ma nel frattempo la odi, non ti lascia indifferente, ma questo presente è troppo mortificante.

Così è se vi pare

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