Ue, giusto il controllo su destinazione fondi - QdS

Ue, giusto il controllo su destinazione fondi

Carlo Alberto Tregua

Ue, giusto il controllo su destinazione fondi

venerdì 04 Settembre 2020

In questo periodo, in cui tanti italiani sono stati in ferie, nonostante avessero fatto ferie obbligate nei mesi precedenti, è scesa una sorta di silenzio sulle risorse finanziarie che l’Unione europea ha destinato ai suoi partners, fra cui l’Italia.
Sono tante, in parte a fondo perduto, cioé che non vanno restituite, in parte sotto forma di prestiti che dovranno essere resi all’Unione in periodi differenziati fra dieci e trent’anni.
Per la parte redimibile è ovvio che l’Ue eserciti il controllo sugli scopi che il finanziamento intende raggiungere. All’opinione pubblica disinformata sfugge che l’erogazione di somme da parte dell’Unione non è generica, ma finalizzata a raggiungere determinati obbiettivi.
Ed ecco l’ovvia necessità dei controlli che tali obbiettivi vengano raggiunti, con la conseguenza che le erogazioni rateizzate possano essere effettuate in funzione di essi. Non si capisce perché stolti ed ignoranti pretenderebbero di ottenere prestiti senza il corrispondente impegno di doverli restituire.

La questione non cambia per quanto concerne i finanziamenti a fondo perduto. Anch’essi sono finalizzati, cioé debbono raggiungere obbiettivi che l’Italia ha proposto avendone avuto il consenso dall’Unione. Com’è ovvio, le due parti debbono sempre concordare una sorta di contratto sulle condizioni in base alle quali possa avvenire l’erogazione dei finanziamenti.
Pochi sanno che l’accordo politico, con cui sono stati previsti finanziamenti non restituibili per 209 miliardi e finanziamenti restituibili per 37 miliardi (Mes) e per circa 30 miliardi (Sure) debbono essere approvati ancora dal Consiglio dell’Unione e dal Parlamento.
Già nella legge di bilancio 2021, il ministro Gualtieri ha previsto che possa ottenere un’anticipazione di venti miliardi per approntare le spese correnti e di investimento. Solo con questa anticipazione il Mef potrà tentare di varare tale legge con indebitamento zero, perché la festa è finita, il debito pubblico salirà a 2.600 miliardi circa e non vi è più spazio per ulteriore indebitamento.
Ora si tratta di vedere come il ministro dell’Economia posiziona queste somme: se verso la spesa cattiva (corrente) o verso quella buona (investimenti).
Di investimenti il nostro Paese ne ha estremo bisogno, soprattutto per costruire nuove infrastrutture (ferrovie e strade), per intervenire massicciamente nella riparazione dei territori ad alto rischio idrogeologico, per finire di costruire la rete digitale universale che consenta a tutti gli angoli dell’Italia di entrarvi e soprattutto di provvedere alle tre grandi riforme di cui si parla da decenni, senza alcun risultato pratico: pubblica amministrazione, giustizia e scuola.
Tutti i partitocrati di qualunque area continuano a tirare il lenzuolo dal proprio lato, con una mentalità da mendicanti e da incompetenti, in quanto non riescono a vedere l’assieme e soprattutto la prospettiva a cinque e dieci anni. Come potrebbero costoro avere una visione di medio-lungo periodo se non possiedono le competenze mai acquisite, necessarie all’uopo?
La questione ritorna sistematicamente a galla e cioé che nessuno può dare ciò che non ha o ciò che non ha acquisito precedentemente, con la conseguenza che la mediocrità si diffonde a macchia d’olio.

Tutte le risorse disponibili, oltre 270 miliardi, costituiscono un’opportunità irripetibile per il nostro Paese, irripetibile ancor più per tutto il Sud che ha maggior bisogno di interventi sul territorio.
In questo quadro dovrebbero esercitare una forte pressione i quotidiani regionali e nazionali, nonché radio e televisioni regionali e nazionali, oltre che tutti i media sociali. Però notiamo molta leggerezza nel trattare questi argomenti e soprattutto una sorta di deresponsabilizzazione della funzione primaria dell’informazione, che non è solo quella della cronaca, ma sviscerare i problemi, proporre soluzioni e spingere i responsabili delle istituzioni verso atti tempestivi, rapidi ed efficaci.
D’altra parte i giornalisti dovrebbero dire a chiare lettere e senza alcuna remora quali siano le responsabilità dei vertici istituzionali che non provvedono con la necessaria tempestività a dare soluzioni agli innumerevoli problemi della Cosa pubblica.
Quando bisogna agire? Ora e subito.

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