Lettera ad un amico - QdS

Lettera ad un amico

Marco Vitale

Lettera ad un amico

mercoledì 01 Giugno 2022

Non ho mai scritto niente su questa orrenda e stupida guerra

Non ho mai scritto niente su questa orrenda e stupida guerra, nonostante abbia ricevuto alcune sollecitazioni a farlo.
Forse una riflessione sulle ragioni di questo mio rifiuto può essere di qualche utilità. Interrogandomi a fondo, stimolato dallo sconforto del Tuo messaggio, mi sono reso conto che lo sconforto, che condivido, è dovuto, a sua volta, a molteplici ragioni.

La prima ragione è la partecipazione al dolore di una popolazione innocente martoriata e bombardata senza alcun rispetto umano e senza alcuna ragione comprensibile. In quei bambini, tristi e, pur talora sorridenti, come sono spesso i bambini anche nelle più dure circostanze, mi sono rivisto bambino quando, a otto anni, venivo portato nei rifugi a causa dei primi bombardamenti su Brescia.

E pensare che sto concludendo la mia troppo lunga vita nello stesso modo con cui l’ho incominciata, con la guerra che bombarda le città, mi ha dato un senso di vuoto, di inutilità di ogni cosa, anche se, per ora, i bambini nei rifugi non sono ancora i miei nipotini. Ma, per favore, liberiamoci da giudizi superficiali su interi popoli come fai anche tu quando, sulla base della tua esperienza di lavoro, scrivi: “ammetto di aver maturato un giudizio non positivo su quel popolo (ucraino) che non poteva che esprimere la classe dirigente che si ritrova: corrotto, parassitario, mai produttivo e mai disponibile verso gli altri”.

Come sai, ho molto girato il mondo, anche in ambienti rurali, poveri, di montagna, oltre che nelle grandi metropoli. Forse ho imparato poco, ma una cosa l’ho certamente imparata: mai ragionare e giudicare per grandi masse, per popoli, per città, per arti e mestieri, per razze. L’origine delle guerre è proprio in questo approccio, che non può non essere fonte di grossolani pregiudizi. Le donne ucraine, ad esempio, le abbiamo viste all’opera nelle nostre città, come aiuto per la casa e come badanti. E le abbiamo viste, spesso, come donne forti, brave, oneste, per bene, di grande utilità per tante nostre famiglie, pronte a sacrificarsi per anni per mandare i risparmi del loro lavoro in Ucraina per sostenere i vecchi genitori o gli studi dei giovani figli. Lasciamo, dunque, a Putin e a quelli come lui, razzisti oltre che autentici fascisti, questo modo di ragionare.

La seconda ragione dello sconforto è osservare la “scomparsa della ragione”, come mi ha detto in questi giorni un artista italiano, importante e intelligente disegnatore. La ragione è scomparsa nei governanti (certamente in Putin e nella sua cerchia ma anche in Biden e nei suoi) ma anche in tanta parte della classe dirigente a Est ed a Ovest, e soprattutto negli operatori della comunicazione.

Limitandomi all’Italia, l’opinionismo è, come ha detto giustamente De Rita, la malattia più grave e scoraggiante in questi giorni. Chiunque, pur che sia rigorosamente ignorante di quello su cui è chiamato a discutere, si sente in dovere di sdottorare su ogni cosa, iniettando nella nostra comunità già scossa ulteriore ignoranza, veleni, confusione.

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