Mafia, Claudio Fava, ripristinare il 41bis ad Aldo Ercolano - QdS

Mafia, Claudio Fava, ripristinare il 41bis ad Aldo Ercolano

redazione web

Mafia, Claudio Fava, ripristinare il 41bis ad Aldo Ercolano

sabato 14 Dicembre 2019

Lettera del presidente della Commissione antimafia regionale al ministro della Giustizia Bonafede, torni al carcere duro. Il numero due del clan Santapaola recentemente accusato dell'omicidio Scopelliti. Il ruolo nell'operazione Samael

Ripristinare il regime di carcere duro al boss Aldo Ercolano, 59 anni, nipote e alter ego dello storico capomafia Benedetto Santapaola ritenuto la mente pensante e la mano economica di Cosa nostra a Catania.

Lo ha chiesto il presidente della Commissione regionale antimafia, Claudio Fava, in una lettera inviata al ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dopo un’audizione nella Prefettura di Catania.

Il figlio del giornalista e scrittore Giuseppe Fava, assassinato dalla mafia il cinque gennaio del 1984, ha rilanciato l’allarme, come aveva fatto nel 2014 e nel 2015.

Nella missiva, inviata per conoscenza anche al procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, parla di “fatto incongruo, preoccupante, non comprensibile” e quindi chiede un “intervento conseguente” dello Stato.

“Sono sessantuno i detenuti del territorio catanese ristretti al 41 bis – scrive Fava – non pochi. Ma non vi figura più Aldo Ercolano, nonostante sia considerato dall’autorità giudiziaria l’esponente apicale, assieme a Benedetto Santapaola, della famiglia criminale egemone di Cosa Nostra in questa parte della Sicilia”.

Eppure, ha osservato Fava, in sede di audizione “tutti hanno messo in evidenza lo stridente contrasto tra l’intatta autorevolezza e la pericolosità criminale che viene a tutt’oggi riconosciuta a Ercolano e la revoca del 41 bis che lo ha restituito al circuito detentivo normale”.

Peraltro, osserva ancora Fava, “recenti indagini giudiziarie, e la testimonianza di alcuni collaboratori di giustizia, hanno confermato la capacità di controllo e di comando che Ercolano, sia pur detenuto da molti anni, conserva pressoché intatta sugli affiliati del suo gruppo criminale” che raggruppa “oltre la metà di tutti gli affiliati a Cosa Nostra di Catania”.

Aldo Ercolano, figura storica della mafia catanese, fu arrestato nel marzo del 1994 a Desenzano del Garda (Brescia) assieme a tre fiancheggiatori.

Rientrava in Italia, sospettarono i carabinieri che lo catturarono, da un summit di Cosa nostra all’estero per stabilire le nuove strategie dopo le catture dei boss Benedetto Santapola e Giuseppe Pulvirenti.

Viene definito dai collaboratori di giustizia come spietato e determinato sia nelle azioni criminali che nelle operazioni economiche.

Recentemente il sicario di Cosa nostra di Catania, Maurizio Avola, che si è autodenunciato di un centinaio di omicidi, lo ha accusato di avere avuto un ruolo, assieme al superlatitante Matteo Messina Denaro e ad altri capimafia siciliani, nell’uccisione del giudice Antonino Scopelliti, assassinato in Calabria il 9 agosto del 1991.

Per questo reato è indagato dalla Dda della Procura di Reggio Calabria.

Più recentemente l’operazione Samael, secondo i carabinieri del Ros di Catania, ha evidenziato i rapporti attivi del boss ergastolano con esponenti di spicco di Cosa nostra, come suo cognato Giuseppe ‘Enzo’ Mangion, figlio del capomafia deceduto Francesco, e l’imprenditore Giuseppe Cesarotti.

Quest’ultimo, intercettato, ricordava che “servono soldi anche per sostenere chi è ‘nell’altra vita’”,ossia in carcere.

E per la Dda di Catania il riferimento era a Benedetto Santapaola e Aldo Ercolano.

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