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Mafia, maxiblitz Palermo, da tempo gli affari si fanno a Milano

redazione web

Mafia, maxiblitz Palermo, da tempo gli affari si fanno a Milano

martedì 12 Maggio 2020

Lo dice l'inchiesta che ha portato all'operazione con 91 provvedimenti in nove diverse regioni. Il business degli orologi di lusso e le corse di cavalli truccate della "famiglia" Fontana, di cui parlò Buscetta. Pronti a sfruttare l'effetto coronavirus

Da tempo i fratelli Angelo, Giovanni e Gaetano Fontana, esponenti di spicco del clan dell’Acquasanta – e finiti in carcere insieme alla madre e a boss ed estorsori nel blitz antimafia della Dda di Palermo che ha portato all’emissione di novantuno provvedimenti cautelari -, vivevano a Milano, dove avevano spostato il centro dei loro affari e, secondo i magistrati, attraverso una rete di complicità anche con professionisti lombardi, riciclavano denaro sporco proveniente da estorsioni, traffico di stupefacenti e controllo del gioco d’azzardo.

Blitz con cinquecento uomini in nove regioni

Il blitz, nel corso del quale sono stati sequestrati anche beni per quindici milioni di euro, ha coinvolto Sicilia, Lombardia, Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Marche e Campania impegnando cinquecento uomini delle Fiamme Gialle, con l’appoggio di un mezzo aereo e di unità cinofile addestrate per la ricerca di armi, stupefacenti e valuta.

Milano centro del riciclaggio di denaro sporco

D’altronde, in un rapporto del 2018 della Dia – struttura interforze con eccellenze di Carabinieri, Polizia e Finanza coordinati dal Dipartimento di Pubblica sicurezza – sanciva che un euro su cinque, in Italia, veniva riciclato nella sola città di Milano. Gli interessi delle mafie si sono concentrati infatti in quel Nord che, secondo il rapporto 2020 di Eurispes, ha “rapinato” il Sud di ben 840 miliardi in diciassette anni. E la mafia va dove ci sono i soldi.

Gli inquirenti parlano di una vera e propria delocalizzazione al nord che la “famiglia” ha realizzato grazie a una rete di complici e ai patrimoni accumulati.

Al Nord affari senza intimidazioni ma con contaminazioni

Affari realizzati senza intimidazioni, “con una contaminazione silente ma non meno insidiosa per il tessuto connettivo dell’economia nazionale, in termini di alterazione della libera concorrenza, indebolimento delle tutele per i lavoratori ed esposizione delle istituzioni alla corruzione”, scrive il gip.

I boss “storici” di cui parlò Masino Buscetta

Sono nomi noti da decenni agli inquirenti quelli finiti nell’inchiesta della Finanza di Palermo.

La famiglia “storica” dei Fontana venne descritta dal “Traditore” Tommaso Buscetta come una delle più pericolose. Dalle indagini è emerso il ruolo di vertice di Gaetano Fontana, scarcerato per decorrenza dei termini nel 2013 dall’accusa di mafia, tornato in cella nel 2014 e nel 2017 uscito nuovamente dopo aver scontato la pena.

Oggi sono stati arrestati anche i fratelli: Giovanni, un lungo elenco di precedenti per ricettazione, omicidio, porto abusivo di armi e resistenza a pubblico ufficiale, e Angelo, dal 2012 sottoposto all’obbligo di soggiorno a Milano.

I tre fratelli, infatti, vivevano da tempo in Lombardia, dove avevano spostato molti interessi economici, pur gestendo ancora, a Palermo, imprese che operano nella cantieristica navale, nella produzione e commercializzazione di caffè, e avrebbero il controllo di decine di supermercati, bar e macellerie e del mercato ortofrutticolo, delle scommesse on-line e delle slot machines.

La “delocalizzazione” a Milano e le complicità lombarde

L’operazione di delocalizzazione riguarda diverse attività commerciali tra cui anche attività di produzione e commercio del caffè, con un trasferimento delle aziende da Palermo a Milano, che ha goduto delle complicità di imprenditori lombardi.

Coronavirus, attenti agli aiuti in Lombardia

Gli investigatori hanno lanciato l’allarme sulle ingerenze mafiose in una distribuzione veloce e generalizzata di aiuti e crediti per imprenditori e operatori del commercio in Lombardia, per favorire la ripresa economica e che, per essere tale, deve limitare i controlli preventivi delle amministrazioni pubbliche e degli istituti di credito sui potenziali beneficiari.

“La velocizzazione dell’accesso alle misure di sostegno creditizio, affidata soprattutto al senso di responsabilità e alla correttezza dei richiedenti – scrive il gip – potrebbe invogliare i componenti della organizzazione mafiosa a manovre spregiudicate dando fondo a reti relazionali collaudate, con imprenditori, funzionari pubblici e agenti degli istituti di credito compiacenti, per attivare manovre truffaldine in grado di intercettare indebitamente denaro pubblico”.

Il gip, clan pronti a sfruttare la crisi Covid

Il Gip che ha disposto gli arresti parla infatti, nell’ordinanza, di “contesto assai favorevole per il rilancio dei piani dell’associazione criminale sul territorio d’origine e non solo”.

Secondo il giudice per le indagini preliminari “Le misure di distanziamento sociale e il lockdown su tutto il territorio nazionale, imposti dai provvedimenti governativi per il contenimento dell’epidemia, hanno portato alla totale interruzione di moltissime attività produttive, destinate, tra qualche tempo, a scontare una modalità di ripresa del lavoro comunque stentata e faticosa”. E sottolinea come “l’attuale condizione di estremo bisogno persino di cibo di tante persone senza una occupazione stabile, o con un lavoro nell’economia sommersa, può favorire forme di soccorso mafioso”.

La crisi di liquidità potrebbe poi scatenare forme di “interessato sostegno”, come “l’usura, il riciclaggio, l’intestazione fittizia di beni, suscettibili di evolversi in forme di estorsione o, comunque, di intera sottrazione di aziende ai danni del titolare originario”.

Estorsioni al centro del sistema mafioso

Le estorsioni restano tra le principali fonte di approvvigionamento economico della mafia.

“Non è solo una odiosa e gravissima forma di sfruttamento parassitario delle altrui iniziative economiche” scrive il gip, ma “una vera e propria ‘tassazione privata’, un ‘metodo’ che impone dei prodotti, che consente di controllare ogni attività sul territorio … e che mantiene le famiglie dei mafiosi quando questi sono in carcere”. “Purtroppo … le vittime, tranne qualche caso sporadico, non hanno sporto denuncia”.

Orologi lusso e insospettabili prestanome e complici

A Milano fratelli Fontana avevano messo sù un redditizio commercio di orologi di lusso attraverso società italiane ed estere gestite tramite prestanome: denaro a fiumi e riciclaggio dei soldi sporchi della cosca anche grazie alla complicità di un commercialista milanese.

In una intercettazione uno degli indagati consiglia al boss Giovanni Fontana di acquistare in Inghilterra una società con soli centocinquanta euro, garantendosi così la possibilità di accendere a un numero enorme di conti correnti.

La Milano criminale al centro dei traffici d’Europa

Il pentito Vito Galatolo ha parlato di bonifici che arrivavano da Londra e ha raccontato ai pm: “mio cugino Angelo Fontana figlio di Stefano, suo fratello Gaetano e Giovanni sono la stessa cosa … lui a Milano gestisce tutto … orologi, brillanti compra vende, manda suo fratello a Palermo, fanno affari con altri gioiellieri”.

“Ricordo che molti orologi venivano smerciati all’estero – ha aggiunto Galatolo – in particolare in Germania, dove venivano riciclati con appositi punzoni”.

E raccontando di un prestanome ha spiegato: “Gli hanno fatto aprire una gioielleria ma con i soldi dei Fontana … portano orologi, cose rubate, li portano in giro… a Francoforte, in Germania”.

Le mani dei boss anche sulle corse dei cavalli

Milano, ma anche Torino, Modena, Villanova d’Albenga e Siracusa, erano gli ippodromi in cui i clan, con complicità locali, avrebbero truccato le corse dei cavalli. C’è infatti anche la frode sportiva e il riciclaggio di denaro sporco realizzato attraverso l’acquisito di puledri di razza nell’inchiesta condotta dalla Finanza. In particolare dalle indagini, che hanno portato anche al sequestro di 12 cavalli, è emerso che l’uomo della cosca nel mondo dell’ippica era Mimmo Zanca, già arrestato in passato, e incaricato di gestire la combine all’interno degli ippodromi, corrompendo e minacciando chi si opponeva.

Tra gli altri boss coinvolti Ferrante e Passarello

Altro personaggio di rilievo dell’indagine è Giovanni Ferrante, braccio operativo del clan Fontana. Ferrante usava attività commerciali del quartiere per riciclare i soldi sporchi, ordinava estorsioni e imponeva l’acquisto di materie prime e generi di consumo scelti dall’organizzazione.

Già condannato per mafia, dal 2016 è stato ammesso all’affidamento in prova ai servizi sociali. Uscito dal carcere, ha consolidato la propria posizione di leader all’interno della famiglia mafiosa e per la gestione degli affari illeciti usava come intermediatrice la compagna, Letizia Cinà.

Molto temuto per i modi violenti, in una intercettazione dopo essere stato scarcerato dice: “Oramai non ho più pietà per nessuno! Prima glieli davo con schiaffi, ora con cazzotti o a colpi di casco… con… cosa mi viene”.

Altro personaggio di spicco è Domenico Passarello, a cui era stata delegata la gestione dei giochi e delle scommesse a distanza, del traffico di stupefacenti, della gestione della cassa e della successiva consegna del denaro ai vertici della famiglia per versamento nella cassa comune.

Tra gli indagati anche un ex del “Grande Fratello”

C’è anche un ex concorrente del Grande Fratello tra gli indagati nell’inchiesta della dda di Palermo sui clan mafiosi dell’Arenella e dell’Acquasanta.

E’ Daniele Santoianni, che ha partecipato alla decima edizione del reality, e che ora è ai domiciliari con l’accusa di essere un prestanome del clan. Santoianni era stato nominato rappresentante legale della Mok Caffè S.r.l., ditta che commerciava in caffè, di fatto nella disponibilità della cosca.

“Con ciò – scrive il gip – alimentando la cassa della famiglia dell’Acquasanta e agevolando l’attività dell’associazione mafiosa”.

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