Mafia Palermo, chi sono Suleman, Lo Nardo e Marano

Palermo, da Suleman a Lo Nardo: chi sono i personaggi al vertice della famiglia di Corso Calatafimi

Antonino Lo Re

Palermo, da Suleman a Lo Nardo: chi sono i personaggi al vertice della famiglia di Corso Calatafimi

Roberto Greco  |
martedì 19 Marzo 2024

La parola d'ordine è estorsioni in corso Calatafimi. Un uomo è stato picchiato perché tradì la moglie

Dalle investigazioni è emerso che le persone oggetto dell’ordinanza di custodia cautelare eseguita questa mattina dai Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, Paolo Suleman, Giuseppe Marano e Rosario Lo Nardo
sono inseriti in una posizione di vertice, nella “famiglia” di Corso Calatafimi.

La famiglia di Corso Calatafimi

La famiglia mafiosa di Corso Calatafimi è l’articolazione del mandamento di Pagliarelli operante sul tratto urbano che confina con il territorio della famiglia di Rocca Mezzomonreale, della famiglia di Pagliarelli e del mandamento di Porta Nuova. In particolare, come emerso dalle continue e prolungate attività investigative delegate sul mandamento mafioso di Pagliarelli, già confluite nell’esecuzione delle operazioni “Cupola 2.0” ed “Eride”, tale consorteria è concretamente in grado di esercitare la propria influenza sulla porzione di territorio che si estende da Piazza Indipendenza fino alla via Santa Margherita Pietratagliata che, come anticipato, segna il confine con il territorio di competenza della famiglia di Rocca Mezzomonreale la cui dorsale è il corso Calatafimi, tratto viario affollato da moltissime attività commerciali.

In seguito alla decapitazione del vertice del mandamento, avvenuta lo scorso 4 aprile 2021 con l’arresto del reggente Giuseppe Calvaruso, legittimo successore di Settimo Mineo, l’attività di indagine ha permesso di registrare una riorganizzazione degli assetti criminali su tutto il territorio investigato e, in particolare, gli accertamenti disposti cristallizzavano l’attiva posizione assunta da Paolo Suleman che, in seguito all’investitura ricevuta da Francesco Annatelli, intraprendeva la gestione delle estorsioni sul territorio della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi al fine di garantire il mantenimento dei detenuti, tra i quali Filippo Annatelli, già capofamiglia di quell’articolazione, e assicurare il contributo della famiglia di Corso Calatafimi alle entrate della cassa del mandamento mafioso.

Chi è Paolo Suleman

Paolo Suleman, uomo d’onore del mandamento mafioso di Palermo-Pagliarelli nonché soggetto vicinissimo al boss Giovanni Vincenzo Nicchi, è stato condannato, il 18 dicembre 2014 dalla Corte di Appello di Palermo a otto anni di reclusione per aver fatto parte della famiglia mafiosa di Pagliarelli e per avere intessuto rapporti con altre articolazioni di Cosa Nostra. La decisione della Corte era stata supportata dalle emergenze raccolte in seno all’indagine “Hybris” dalla quale si è evinto che, oltre ad attingere gran parte della struttura associativa del mandamento di Pagliarelli, ne aveva documentate le ramificazioni intessute con tutti gli altri mandamenti palermitani e in particolare con quelli di Porta Nuova, Santa Maria di Gesu,.Brancaccio, Noce, Boccadifalco, Tommaso Natale, Misilmeri e Bagheria. Nel corso di quelle investigazioni si era accertato, tra l’altro, che, Paolo Suleman aveva avuto un ruolo attivo nella gestione della latitanza di Giovanni Vincenzo Nicchi. Era stato poi condannato in via definitiva per il reato di estorsione aggravata dal metodo mafioso e, nello specifico gli era stato riconosciuto di aver costretto l’imprenditore Giuseppe Spera, gestore, tra l’altro, di una sala ricevimenti denominata “Villa 1sa”, ubicata ad Altavilla Milicia (PA), a versargli delle somme di denaro a titolo estorsivo. Prodromica al lavoro degli investigatori è stata la riunione avvenuta a Butera nel settembre 2022, evidenzia il PM, è risultata, propedeutica a un successivo summit, che si sarebbe tenuto nel pomeriggio stesso con coloro che sarebbero stati successivamente individuati come i vertici della famiglia mafiosa di Pagliarelli, i tre uomini d’onore che avevano trattato diverse tematiche. Tra di esse era risultata cruciale quella relativa alla gestione del territorio di competenza della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi che, stando al contenuto delle intercettazioni ambientali, sarebbe stata affidata, su iniziativa dell’anziano uomo d’onore Francesco Annatelli, vista l’assenza del reggente Giuseppe Calvaruso, a Paolo Suleman, soggetto tuttavia sgradito ai Badagliacca in quanto ritenuto non all’altezza del ruolo. Le successive attività investigative consentivano di accertare come il responsabile della famiglia designato, Paolo Suleman, servendosi di uomini di sua assoluta fiducia quali Giuseppe Marano e Rosario Lo Nardo avesse intrapreso la gestione di una sistematica e proficua attività estorsiva sul territorio del Corso Calatafimi, volta a rimpinguare la cassa mandamentale e ad assicurare il mantenimento degli associati detenuti e delle loro famiglie. Il ruolo di vertice rivestito dal Suleman nonché, più in generale, l’attuale operatività, dell’intera compagine criminale della famiglia di Pagliarelli venivano peraltro confermati da una serie di incontri tra i vertici delle diverse famiglie mafiose del mandamento.

Chi è Giuseppe Marano

Giuseppe Marano, già condannato per reati contro la persona e il patrimonio, nel 2008 era stato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Perseo” in quanto ritenuto responsabile di estorsione aggravata dal metodo mafioso, venendo però assolto nel 2011. Nel corso delle successive indagini che avevano interessato il mandamento, e in particolare quelle che sarebbero poi confluite nell’operazione “Cupola 2.0”, era stato documentato il suo pieno supporto all’allora capofamiglia Filippo Annatelli. In particolare il Marano aveva provveduto ad allestire quanto necessario in vista di un incontro riservato fra Annatelli stesso, Salvatore Mirino e Enrico Scalavino, che infatti si sarebbe tenuto proprio presso l’abitazione della figlia del Marano, Emanuela. Tale circostanza aveva dunque cristallizzato il vincolo di assoluta fedeltà del Marano ai vertici gerarchici della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi, per la quale egli avrebbe continuato a rappresentare un qualificato punto di riferimento.

Chi è Rosario Lo Nardo

Rosario Lo Nardo, nel 2013 era stato condannato per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso per fatti commessi tra il mese di aprile e maggio dell’anno 2010, accertati in seno al procedimento penale derivante dall’operazione “Araba Fenice”. Già all’epoca, egli era stato ritenuto appartenente al gruppo capeggiato da Paolo Suleman, anche allora dimostratosi particolarmente attivo nell’avanzare richieste estorsive e perpetrare danneggiamenti ai danni dei commercianti di Corso Calatafimi che rifiutavano la “messa a posto”.

Un reggente violento al comando del territorio

L’attitudine particolarmente violenta che caratterizzava il trio, capeggiato dal Suleman, ha avuto modo di esternarsi in modo inequivocabile in occasione della spedizione punitiva organizzata nei confronti di Giovanni Mannino detto Giancarlo, che veniva selvaggiamente picchiato in pieno giorno, prima a mani nude e poi anche con un bastone. Nello specifico si è trattata di una vera e propria spedizione punitiva nei confronti di Mannino, responsabile del suo coinvolgimento in una lite in occasione della quale la moglie aveva rischiato di abortire. Non solo, quindi, avrebbe tradito la moglie, ma l’avrebbe anche picchiata mentre era incinta, rischiando di provocarle un aborto. Colpe inaccettabili e imperdonabili, contrarie al “codice d’onore” di Cosa Nostra e da pagare a suon di schiaffi e bastonate tanto che Suleman ha deciso di agire in pieno gioco e davanti a diversi testimoni il 24 novembre del 2022 quando Mannino sarebbe stato selvaggiamente pestato da Paolo Suleman e da Rosario Lo Nardo. Il retroscena emerge dall’ordinanza del gip Lirio Conti e serve a dimostrare la violenza degli indagati e anche la loro capacità di controllo sul territorio e di risolvere questioni private, non direttamente legate ai loro affari: Suleman considerava, quanto compiuto dalla vittima dell’aggressione, una mancanza di rispetto nei suoi confronti, oltre che della moglie. Dopo aver saputo della lite, Suleman, come si evince dalle intercettazioni, dice a Lo Nardo: “E si sono ammazzati come cani, lei gli ha alzato le mani, lui gli alzava le mani… So che l’hanno portata all’ospedale perché stava abortendo… Ora noialtri u ‘nagghiuamu stamattina, noialtri di bella glielo diciamo a suo padre e ci portiamo pure la macchina, ce la vendiamo la macchina e ci diamo i picciuli alla ragazza”. Lo Nardo, dal canto suo si è dimostrato accondiscendente: “Va bene, Paolo, quello che dici tu si fa!”.

La caccia all’uomo e la punizione

Dopo di che, come indicato dai carabinieri, iniziava la caccia all’uomo nella zona tra corso Pisani e alcune strade di Villa Tasca. Mannino veniva trovato a casa sua e, dopo averlo fatto scendere in strada, Suleman e Lo Nardo “iniziavano a colpirlo a schiaffi”, annotano i militari, e lui gridava e chiedeva scusa, senza riuscire a bloccare la furia degli indagati. Suleman a un certo punto gli diceva che doveva lasciare quella casa e non metterci mai più piede e l’uomo acconsentiva. “Ti devo rompere – diceva Suleman – prendi la mazza! Ti devo rompere una gamba! Perché tu rispetto per me non ne hai avuto, quella picciuttedda incinta!”. Lo Nardo, come registrato dai carabinieri, recuperava effettivamente un bastone col quale l’uomo veniva picchiato. L’aggressione finiva solo perché a un certo punto una donna urlava ed implorava di smetterla.

Marano sarebbe invece rimasto in macchina con un altro uomo e commentava con disappunto quanto fatto da Suleman e da Lo Nardo: “Lo stava ammazzando, amunì prima che vengono gli sbirri, perché così si danno i colpi di legno? Appena mi ha visto mi fa dice: ‘Vi conosco a tutti’. Questo ci fa arrestare a tutti! Non ci credi? Questi sbagli che loro fanno! Perché non glieli devi dare tu che lo conosci… Tu devi prendere a due che non li conosce, quello sa tutto di noi, tutto! Non si fanno in mezzo alla strada! Sono arrivato all’ultimo, ho visto gli ultimi due colpi di legno, dice: ‘A tutti vi conosco’, manca poco e lo ammazza”. L’aggressione sortì i suoi effetti perché, come si evince da una successiva conversazione in cui Suleman parlava con un’altra persona e diceva: “Lo sa lui quello che deve fare, lo sa!” e l’altro: “Lo sa, appunto, all’ospedale lui non ci può andare, assolutamente, ora c’è mio nipote dice: ‘Se conosce a qualcuno, sai com’è all’ospedale…'”.

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