Operazione contro la mafia di corso Calatafimi, i nomi degli arrestati

NOMI | Palermo, i commercianti assoggettati alla mafia violenta: vittime e arrestati del blitz

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NOMI | Palermo, i commercianti assoggettati alla mafia violenta: vittime e arrestati del blitz

Roberto Greco  |
martedì 19 Marzo 2024

Riunioni riservate, minacce e "pizzo" preteso per generare profitti per Cosa nostra: i primi dettagli dell'operazione antimafia contro la famiglia di corso Calatafimi.

All’alba del 19 marzo i carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito 3 arresti nei confronti di altrettante persone, ritenute responsabili di associazione per delinquere di tipo mafioso ed estorsioni aggravate, consumate e tentate, commesse avvalendosi del metodo mafioso e al fine di agevolare l’attività mafiosa: si tratterebbe di persone vicine alla mafia di corso Calatafimi.

Operazione contro la mafia di corso Calatafimi, i nomi degli arrestati

Gli arrestati del blitz sono:

  • Paolo Suleman, nato a Palermo il 20/7/1976;
  • Rosario Lo Nardo, nato a Palermo il 18/1/1983;
  • Giuseppe Marano, nato a Palermo il 16/7/1952.

Per i primi due il giudice per le indagini preliminari Lirio Conti ha disposto il carcere, per il terzo i domiciliari.

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Le accuse

Tutti gli arrestati dell’operazione sono accusati, a vario titolo, di “avere fatto parte, fra loro e unitamente ad altre persone note e ignote, dell’associazione di tipo mafioso denominata Cosa Nostra e segnatamente della famiglia di corso Calatafimi, avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva, per commettere i delitti contro la libertà personale e il patrimonio (…) per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri”, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare.

La gestione delle estorsioni

Nello specifico, Paolo Suleiman avrebbe promosso, diretto e organizzato, nel suo ruolo di reggente della
mafia di corso Calatafimi, le attività illecite dell’associazione coordinando il sistema delle estorsioni e individuando le imprese e i singoli titolari degli esercizi commerciali da assoggettare al pagamento del “pizzo”, decidendo la destinazione da assegnare a tali proventi, dando disposizioni ai suoi sodali in merito ai modi e ai tempi per l’imposizione, e l’esazione delle somme estorte.

Si occupava del mantenimento dei familiari dei detenuti della medesima famiglia mafiosa, deliberando l’avvio e la cessazione delle attività economiche insistenti sul territorio di corso Calatafimi di Palermo; partecipando a riunioni riservate con altri “uomini d’onore ” quali Francesco Annatelli, Vincenzo Annatelli e Gioacchino Badagliacca; deliberando e partecipando a pestaggi per la risoluzione di controversie.

Nei confronti, invece, di Marano e Lo Nardo le accuse formulate sono relative all’aver fatto parte di Cosa Nostra e segnatamente della famiglia di corso Calatafimi. Marano avrebbe commesso le estorsioni per conto e su ordine del reggente della famiglia (Suleman) e nel raccoglierne i proventi da riversare nelle casse della famiglia. Lo Nardo, invece, avrebbe commesso le estorsioni per conto e su ordine del reggente della famiglia Paolo Suleman, raccolto i proventi da riversare nelle casse della famiglia e partecipato al violento pestaggio ai danni di Giovanni Mannino e anche all’incontro riservato con gli uomini d’onore Gioacchino Badagliacca e Vincenzo Annatelli del 12 ottobre 2022.

Mafia di corso Calatafimi, il business degli arrestati col “pizzo”

Inoltre, Paolo Suleman e Giuseppe Marano sono accusati di aver costretto, attraverso minacce, Salvatore Tarantino, titolare dell’attività commerciale “Pescheria Tarantino Salvatore e c. s.a.s.” a versare indebitamente una somma di denaro d’importo non precisato. Avrebbero poi costretto Vincenzo Di Piazza, titolare della pescheria “Da Enzo e figli” a versare la somma di 500 euro a titolo di “pizzo”, procurando all’associazione mafiosa un ingiusto profitto. Inoltre, avrebbero costretto Paolo Casisa, titolare della macelleria “Carni DOC – Polli DOV Casisa” a versare una somma di importo imprecisato e a procurare all’associazione mafiosa un ingiusto profitto.

Gli arrestati avrebbero preteso, palesando la loro appartenenza a Cosa nostra, il pizzo anche da Salvatore Patorno, titolare dell’attività commerciale “Macelleria del viale di Patorno Salvatore”, e Lorenzo Viola, titolare della polleria “Loren’s Food“.

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