Mammismo italico, sperequazione stipendi - QdS

Mammismo italico, sperequazione stipendi

Carlo Alberto Tregua

Mammismo italico, sperequazione stipendi

sabato 09 Settembre 2023

13^, 14^, 15^ mensilità

Questa volta vogliamo descrivervi una questione ostica, per cui ci attireremo molte antipatie. Riguarda una sorta di mammismo italico consistente nel dovere, da parte dei datori di lavoro pubblici o privati, di fare le trattenute su compensi e stipendi di ordine previdenziale e fiscale.
La prima osservazione che emerge da questo atavico meccanismo è che lo Stato considera tutti/e i/le cittadini/e percettori/trici di reddito come potenziali evasori. Come dire: “Siete un popolo di evasori e per evitare di cadere nel peccato, vi faccio trattenere imposte e previdenza dal datore di lavoro, pubblico o privato”.
Nessuno si ribella a questo stato di cose perché è ormai assodato e perché, consapevolmente o inconsapevolmente, i/le cittadini/e convengono di essere evasori.
C’è di più. I/le cittadini/e ritengono di essere ancora in fasce, per cui hanno bisogno dei tutori per fare il loro dovere, consistente, appunto, nel pagare tutte, ma proprio tutte, le imposte e i contributi previdenziali su quanto viene percepito.

Vi è una seconda discrasia rispetto a una situazione “normale” e cioè che questo sistema di ritenuta alla fonte su tutti i compensi erogati a dipendenti e pensionati è una palese violazione dell’articolo 3 della Costituzione riguardante l’uguaglianza fra i/le cittadini/e, perché vi è una moltitudine di altri/e cittadini/e, quelli/e che esercitano professioni o svolgono lavoro autonomo, ai/alle quali non viene effettuata la ritenuta alla fonte se non in qualche caso e comunque in misura parziale.

La diseguaglianza consiste nel certificare che vi sono cittadini/e che non possono evadere le tasse perché sono stretti/e alla gola dalle ritenute alla fonte, e altri/e che possono tranquillamente farlo perché, se non vogliono pagare, non pagano e poi magari si cancellano dagli elenchi delle Camere di commercio o dagli Albi professionali per sfuggire totalmente agli accertamenti fiscali.

Ad alcuni/e cortesi lettori/trici può sembrare che sollevare una questione di fondo e strutturale come quella prima rappresentata sia un esercizio del tutto inutile, perché tanto questo stato di cose non può cambiare. Noi, invece, riteniamo che proprio le questioni di fondo vanno portate all’attenzione dei/delle lettori/trici e dell’opinione pubblica per acuirne la sensibilità.

Vi è una terza questione che concerne il mammismo italico e riguarda il fatto che i Governi e i Parlamenti di questi settantacinque anni di Repubblica hanno ritenuto e ritengono, ancora una volta, che i/le cittadini/e siano bambini/e. Cos’hanno pensato di fare? Di istituire la tredicesima mensilità. Come dire: “Cari/e cittadini/e, regolate le vostre spese sui vostri dodici stipendi e poi considerate una sorta di sopravvenienza la tredicesima mensilità”.

Si tratta di una questione non irrilevante su cui i sindacati non hanno mai messo lingua, mentre avrebbero dovuto pretendere che i datori di lavoro, pubblici e privati, inglobassero questa mensilità supplementare che si eroga in dicembre nelle dodici mensilità regolari.
Probabilmente questo stato di cose è imposto dalle categorie imprenditoriali, perché finanziariamente erogano anche importi rilevanti per la tredicesima mensilità solo nel mese di dicembre, evitandone le uscite nei precedenti undici mesi.

Non basta. Vi sono contratti di lavoro, come quello dei giornalisti, che prevedono la quattordicesima mensilità e altri, come quelli dei bancari, che prevedono la quindicesima mensilità.
Ora, è vero che ogni comparto economico, privato o pubblico, si regola come meglio crede in base all’accordo fra la parte datoriale e la parte impiegatizia, ma è anche vero che lo Stato c’è come regolatore di comportamenti che non rispettano sempre il richiamato articolo 3 della Costituzione sull’uguaglianza fra i/le cittadini/e.

Ritenute alla fonte e mensilità supplementari alle regolari dodici sono due caratteristiche del mondo del lavoro italiano che non si trovano in nessuna altra Nazione, per quanto ci risulti, e meno che mai nella prima democrazia del mondo (datata 1776), cioè gli Usa, ove è molto peggio essere evasori fiscali che mafiosi: così fu arrestato Al Capone.
Non crediamo che lo scenario descritto possa cambiare perché a nessun responsabile istituzionale passa per la testa di disturbare lavoratori e sindacati, per ripristinare l’eguaglianza fra i/le cittadini/e.

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