Medicina, studio italiano apre alla possibilità di ringiovanire le cellule del cervello - QdS

Medicina, studio italiano apre alla possibilità di ringiovanire le cellule del cervello

redazione

Medicina, studio italiano apre alla possibilità di ringiovanire le cellule del cervello

venerdì 09 Ottobre 2020

La capacità di ricevere ed elaborare stimoli cognitivi è tipica dell’infanzia e dell’adolescenza, mentre tende a diminuire con il progredire dell’età. Cosa determina questo impoverimento? I ricercatori del Laboratorio Bio@Sns della Scuola Normale di Pisa e del Dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze hanno realizzato uno studio che individua come responsabile della perdita di plasticità del cervello una molecola di microRna. Se si inibisce la presenza di questa molecola nell’adulto, il cervello torna a mostrare la plasticità del giovane.

La molecola si chiama miR-29, ha una caratteristica forma a forcina ed è presente nelle cellule di tessuti come cervello, cuore, muscolo, vasi, in diverse specie animali quali uomo, topo e pesci. Nella corteccia cerebrale, la concentrazione di miR-29 aumenta di 30 volte tra l’infanzia e l’età adulta. Nessun altra molecola, tra le centinaia di microRna presenti nella corteccia cerebrale, mostra un incremento così marcato.

Principale responsabile sperimentale dello studio è DeboraNapoli, perfezionanda in Neuroscienze della Scuola Normale Superiore, coaudiuvata dai perfezionandi Leonardo Lupori e Sara Bagnoli. Lo studio, che ha coinvolto un prestigioso team internazionale è stato coordinato Tommaso Pizzorusso del dipartimento Neurofarba dell’Università di Firenze e dal professore Alessandro Cellerino del Laboratorio di Biologia Bio@Sns della Scuola Normale di Pisa.

“I nostri dati ci hanno suggerito che miR-29 controlla la maturazione della corteccia cerebrale” spiega Tommaso Pizzorusso. “Inibendone l’azione abbiamo effettivamente verificato un aumento della plasticità neurale”. Per dimostrare la correttezza di questa ipotesi, i ricercatori hanno trattato dei topi adulti con una molecola che agisce da inibitore del miR-29. La ricerca ha anche coinvolto il Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell’Università di Pisa, l’Istituto di Neuroscienze del Cnr e l’Università di Leeds, ed è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Embo Reports”.

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