Melagrana antinfiammatorio naturale per il fegato - QdS

Melagrana antinfiammatorio naturale per il fegato

redazione

Melagrana antinfiammatorio naturale per il fegato

Biagio Tinghino  |
giovedì 27 Luglio 2023

Al QdS intervengono la responsabile del Laboratorio Enea “Salute e ambiente”, Barbara Benassi, e la ricercatrice Maria Pierdomenico

ROMA – “Dalle prime analisi in vitro è emerso che il trattamento a base di estratto di melagrana è in grado di ridurre in modo significativo la risposta infiammatoria in cellule epatiche umane” – a dirlo Barbara Benassi, responsabile del Laboratorio Enea Salute e Ambiente e coautrice dello studio sperimentale sulla melagrana insieme alla collega di laboratorio, Maria Pierdomenico (Enea), intervistate per il QdS.

Una ricerca Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) ha messo in evidenza il potere antinfiammatorio della melagrana per il fegato. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista “Natural product research”. Lo studio ha investigato gli effetti benefici di alcune particolari sostanze presenti in grandi quantità nei chicchi rossi ma anche nella buccia e nelle membrane interne della melagrana. Abbiamo approfondito la questione insieme alle due ricercatrici.

Dott.ssa Benassi e dott.ssa Pierdomenico, avete compiuto degli studi sulle molecole contenute nella melagrana. Cosa è emerso?
“Da uno studio condotto nel nostro Laboratorio Enea Salute e Ambiente di Roma, in collaborazione con la azienda italiana di nutraceutici Esserre Pharma, è emerso come alcune molecole contenute nella melagrana, presenti in grandi quantità nei chicchi rossi (arilli), nella buccia e nelle membrane interne del frutto, siano in grado di esercitare un potente effetto antinfiammatorio in un modello sperimentale di cellule di fegato umano”.

Quali sono stati i risultati degli esperimenti che avete condotto in laboratorio?
“Il fegato è uno dei bersagli di microrganismi patogeni e sottoprodotti batterici provenienti dall’intestino attraverso la vena porta, il vaso sanguigno che convoglia il sangue dall’intestino al fegato. Un tipico esempio è una tossina di origine batterica, chiamata LPS (lipopolisaccaride) una componente cioè della parete cellulare di alcuni batteri. Tale tossina può indurre uno stato di infiammazione a livello del fegato stesso, con danni a carico del tessuto epatico. Nei nostri esperimenti in vitro, condotti cioè in cellule di fegato umano mantenute in laboratorio, abbiamo dapprima mimato l’infiammazione causata dalla tossina LPS, quindi abbiamo somministrato l’estratto di melagrana. Il risultato ottenuto dalle prove in laboratorio è stato molto incoraggiante: l’estratto di melagrana ha ridotto significativamente la produzione ed il rilascio di quelle molecole, chiamate citochine pro-infiammatorie, responsabili dell’infiammazione e dell’aumento di rischio di danno tissutale a livello epatico”.

Come mai avete scelto proprio la melagrana?
“La melagrana è da sempre considerato un frutto di grande valore, ma non solo dal punto di vista nutrizionale; è ricco infatti di interessanti biomolecole attive di cui preliminari studi in laboratorio e clinici hanno messo in evidenza le potenziali e promettenti proprietà antimicrobiche, antinfiammatorie ed anche anti-tumorali, che gli hanno valso la definizione di ‘superfood’. È compito della scienza e della sperimentazione in laboratorio dimostrare l’efficacia reale di tali molecole, in diversi ambiti di applicazione biomedica e della protezione della salute. È necessario inoltre valorizzare non solo estratti ottenuti da succo o da parti edibili della pianta, ma anche da prodotti di scarto della lavorazione del melograno, poiché anch’essi ricchi di interessanti, e per certi versi ancora inesplorate, biomolecole attive per la salute”.

La melagrana può essere considerata una valida alleata nella lotta al cancro?
“La comunità scientifica ha mostrato un crescente interesse nell’uso di molecole estratte dalla melagrana per curare il cancro. Diversi studi hanno evidenziato come biomolecole attive ottenute dal frutto o dal succo siano in grado di contrastare la proliferazione e la crescita di alcune cellule tumorali, come ad esempio del tumore alla prostata. Va però sottolineato un aspetto importantissimo quando si parla di tumori: dimostrare che una molecola estratta dalla melagrana sia attiva contro una neoplasia non significa che, mangiando melagrana, ci si cura dal cancro; perché si può incorrere in un falso, e a nostro avviso pericolosissimo, messaggio, secondo il quale l’alimentazione sostituirebbe una terapia oncologica convenzionale. Molti principi attivi di chemioterapici sono di origine naturale, ma sono comunque estratti e caratterizzati in laboratorio per poi essere formulati, ad altissime concentrazioni, in possibili nuovi farmaci. Diverso è condurre studi, come il nostro, per dimostrare come un’alimentazione sostenibile, ricca in frutti dell’area mediterranea e/o l’integrazione con nutraceutici a base vegetale, possano prevenire l’insorgenza di patologie cronico-degenerative. L’infiammazione tessutale è il primo gradino di un danno che può progressivamente portare all’insorgenza di diverse malattie: tenerla sotto controllo -come abbiamo dimostrato noi con l’estratto di melagrana- può contribuire a prevenire molte patologie”.

State compiendo studi su altre varietà di frutta, magari coltivate in Sicilia?
“Si. Utilizzando il modello in laboratorio di infiammazione epatica, lo stesso utilizzato nello studio della melagrana, stiamo conducendo una ricerca per valutare l’effetto anti-infiammatorio della mucillagine estratta dai cladodi (le foglie) del fico d’india. Anche in questo caso, le proprietà del frutto sono note, meno quelle di altri sottoprodotti della coltivazione della pianta, quali la mucillagine ottenuta delle pale del fico d’India che sembra avere delle promettenti attività e applicazioni nel campo della salute umana paragonabili, se non superiori, a quelle dell’aloe”.

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