Mes, ora il fondo salva-Stati spacca anche il centrodestra - QdS

Mes, ora il fondo salva-Stati spacca anche il centrodestra

redazione web

Mes, ora il fondo salva-Stati spacca anche il centrodestra

venerdì 17 Aprile 2020

Salvini e Meloni telefonano a Berlusconi per portalo dalla loro parte ma non ci riescono. Il problema delle risorse per il decreto di aprile e le tre condizioni di Conte per il fondo, che darebbe trentasei miliardi subito spendibili. Malumori nel M5s

Un’interpretazione più estensiva possibile dell’utilizzo del Mes, un livello di condizionalità pari (quasi) a zero, il contestuale via libera a un Recovery Fund da mettere in campo subito: il sì dell’Italia al fondo salva-Stati è sostanzialmente legato a queste tre condizioni.

Condizioni che, nella rete dei contatti diplomatici messi in campo da qui al Consiglio Ue di giovedì 23 aprile, Conte non mancherà di sottolineare ai suoi interlocutori.

Contando sull’asse con la Francia e su una sponda, in zona Cesarini, di Angela Merkel.

Poi spetterà al premier decidere, con il Parlamento, se attivare o meno il Mes.

Conte è stretto tra due fuochi: la necessità di non spaccare la maggioranza e quella di avere soldi, subito, per il decreto di aprile.

Il Mes intanto spacca il centrodestra: il sì di Silvio Berlusconi ha innescato l’ira di Matteo Salvini e Giorgia Meloni e una telefonata serale tra i leader evita la rottura totale ma non sana quella sul fondo salva stati: il Cavaliere ha risposto picche.

Confermando che Conte non sbagliava quando accusava Salvini e la Meloni di diffondere fake news sul Mes.

Resta il fatto che legame tra Mes e il decreto di aprile è fondamentale.

Il provvedimento del governo cresce, in quanto a risorse, di giorno in giorno.

Sul fronte del sostegno ai lavoratori – tra un possibile reddito di cittadinanza e un probabile aumento a 800 euro per il bonus alle partite Iva – nella maggioranza calcolano una spesa di almeno quindici miliardi di euro.

A questi va aggiunta almeno una decina di miliardi dedicati al settore imprese.

La proroga della Cig, i fondi ai Comuni e altre eventuali indennità potrebbero far lievitare il provvedimento tra i cinquanta e i sessanta miliardi, dai quali vanno scorporati gli undici di fondi Ue non utilizzati che, con l’ok di Bruxelles, l’Italia non restituirà.

C’è un problema risorse, dunque.

Un problema che investe a pieno titolo le casse dello Stato. E il Mes, con i suoi trentasei miliardi subito spendibili, è una tentazione non da poco.

Conte, quando si rivolgerà al Parlamento dopo il Consiglio Ue, potrebbe mettere sul piatto l’insieme del “Piano Marshall” europeo.

Sempre che cadano i pregiudizi del M5s. Stefano Patuanelli ieri parlava di “no definitivo” a meno che “non si rompa il Mes come un salvadanaio”. Luigi Di Maio, non a caso, nell’audizione al Senato evita di nominarlo e Alessandro Di Battista ha detto di augurarsi “che il Mes esca dalle trattative”.

Più possibilista il presidente della Camera Roberto Fico.

Certo, le insidie nascoste nei meandri del fondo sono diverse. Una su tutte, quella che con il patto di stabilità possano tornare anche tutte le condizionalità, draconiane, legate al Mes.

Conte martedì terrà un’informativa prima al Senato e poi alla Camera, senza risoluzioni.

Salvini, in forte sofferenza per il disastro Sanità in Lombardia, cerca di spostare l’attenzione su altro e dichiara, “Chi va a Bruxelles senza il voto del Parlamento è fuori legge”.

Fico ribatte che, se ci fossero stati problemi di legalità sarebbe subito intervenuto.

Della forte crisi di Salvini per la Lombardia potrebbe approfittare Berlusconi: pro-Mes, dialogante e, chissà, con un occhio a un governo di unità nazionale.

Le divergenze nel centrodestra potrebbero concretizzarsi nel voto sullo scostamento di bilancio, previsto la prossima settimana in Parlamento.

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