Oggetti anfibi come amici quotidiani. Orografie ritorna alla Design Week - QdS

Oggetti anfibi come amici quotidiani. Orografie ritorna alla Design Week

Luigi Patitucci

Oggetti anfibi come amici quotidiani. Orografie ritorna alla Design Week

sabato 13 Aprile 2024

Tredici nuovi oggetti per la seconda collezione del brand ideato da Giorgia Bartolini, con la direzione artistica di Vincenzo Castellana

MILANO – Oggetti anfibi come amici quotidiani. Oggetti che ci aiutano e che, soprattutto, ci fanno stare bene. Abbiamo necessità di imparare una nuova dedizione per gli oggetti che ci circondano, perché senza questa cura non riusciamo a vederli, sentirli, amarli. Tante volte mi sono ritrovato a dover scrivere di Orografie, o meglio, del dispositivo detonante che tale brand ha inteso voler mettere in campo prima di poter intraprendere ogni azione, ogni comunicazione sullo stato dell’arte delle sue inedite frequenze legate ai dispositivi cui amiamo connettere le nostre esistenze: il Manifesto del Design Anfibio.

Giorgia Bartolini e Vincenzo Castellana (foto Irene Tranchida)

Orografie, arredi nati per farci abitare lo spazio

Eccovene uno stralcio: “Siamo ormai animali anfibi, sia digitali che analogici, e abbiamo bisogno di attrezzature che rispecchino questa natura complessa, che ci facciano capire quali funzioni siamo e quali azioni ci rappresentano. Quelli di Orografie sono oggetti che rispondono a tutto questo, affiorando da una superficie come montagne emerse dal mare; sono arredi nati per farci abitare lo spazio, ma anche per insegnarci una cura diversa, un nuovo ordine sensato. I designer di Orografie hanno osservato l’uso spontaneo che a volte facciamo di mobili e oggetti, quando ci riscopriamo costruttori dei nostri mezzi. Progettare una funzione e non per una funzione: questo ci hanno insegnato i maestri. Perché per progettare una forma nuova bisogna partire da prima della forma stessa. Bisogna iniziare dalla funzione. Così sono state progettate cose che assolvono a funzioni che prima non c’erano e che adesso sono indispensabili; forme non sempre riconducibili a categorie già conosciute, ma che ci assomigliano; amici quotidiani che ci aiutano e che, soprattutto, ci fanno stare bene. Abbiamo necessità di imparare una nuova dedizione per gli oggetti che ci circondano, perché senza questa cura non riusciamo a vederli, sentirli, amarli. E questo è vitale, considerando che i buoni oggetti sono come gli alberi in salute: se preservati, essi ci sopravvivono e continuano un racconto di cui abbiamo fatto parte, ma che è più grande di noi e va oltre il qui e ora”.

Centrino (foto Irene Tranchida)

È dalla osservazione degli stili di vita che nasce il design

Sì, perché è dalla osservazione degli stili di vita che nasce il design, come amo ripetere continuamente, sino allo sfinimento, ai miei numerosi giovani allievi designer, coloro che per questioni anagrafiche sono sintonizzati meglio di chiunque altro, con le frequenze proprie d’esercizio delle nostre esistenze nel tempo presente. Ed è da tali riflessioni che l’art director Vincenzo Castellana, il mio poderoso amico “boxeur del design anfibio”, come sono solito chiamarlo ormai a partire da quel debutto del brand Orografie e della prima collezione, data in ostensione a Palazzo Litta nel 2021 ai fruitori provenienti da ogni angolo del pianeta, durante la Milan Design Week di quell’anno. Ancora ricordo quel chilometro di fila continuo, sempre presente davanti all’edificio, e le numerose interviste condotte da Vincenzo Castellana e da tutti noi designer, quali autori di alcuni dispositivi prodotti dal brand per la prima collezione, messa in campo dall’incontenibile desiderio e dall’inossidabile volontà di una magnifica producer, Giorgia Bartolini.

E, credetemi, lo stupore proveniente dalle numerose entità attive di statura intellettuale e culturale considerevole, afferenti a quel circo mediatico che ruota attorno alla disciplina sapiente del design e, l’enormità dei consensi ottenuti dalla critica di settore, in qualche modo, ha travolto persino noi autori, che ne conoscevamo le segrete origini e le intenzioni. In un’era in cui assistiamo alla continua operazione predatoria di acquisizione, da parte di alcuni vaporosi fondi finanziari che, con insaziabile appetito, stanno fagocitando alcuni tra i brand più rinomati del nostro inimitabile Made in Italy, realizzando condizioni di avversione e grandi ostilità nei confronti delle buone pratiche e dei processi ascritti tutti al patrimonio genetico di un saper fare, che affonda le sue radici in alcuni preziosi antichi rituali, consolidatesi nei secoli, ed in alcuni settori merceologici persino nei millenni, quali dinamiche fondanti di una sperimentazione che, ha sempre proceduto dentro i laboratori aziendali distribuiti nel territorio italiano, senza soluzione di continuità. A ragione di ciò, venendo a mancare uno dei fondamenti generativi di quelle traiettorie di innovazione e di sviluppo, di proposizioni proprie degli ambiti afferenti alla Cultura del Progetto in cui si esprime il design italiano, che ha nella sperimentazione il suo epicentro attivo, tale erosione, ha generato una aridità delle proposte poste in ostensione da parte di alcune rinomate aziende, protagoniste per decenni del miglior Made in Italy, nelle recenti manifestazioni di carattere internazionale.

Nonsedia
Centrino (foto Irene Tranchida)

Diffusa situazione di crisi creativa

Tale diffusa situazione di crisi creativa, che certamente reca in sé preoccupanti riflessioni sulla natura identitaria e sulle traiettorie modali d’esercizio del design italiano – riflessioni, inerenti le traiettorie d’esercizio che dovranno delinearsi in alcuni ambiti applicativi nel nostro paese -, ha fatto sì che le proposizioni messe in campo in questi anni dal brand Orografie, attraverso una serie di azioni, quali: un manifesto d’intenti scritto a quattro mani da Vincenzo Castellana e Domitilla Dardi, storica e critica del Design già direttrice del dipartimento del Design del MAXXI di Roma; una collezione, che viene da una efficace operazione di scouting dei suoi autori, che hanno individuato e designato, insieme a nomi altisonanti, rappresentativi di una avanguardia che delinea una ensemble costituita da poderosi designer di caratura internazionale, quali Elena Salmistraro, Giulio Iacchetti, Francesca Lanzavecchia, Martinelli+Venezia, insieme a giovani talenti dell’Italian Design, intercettati mediante la piattaforma Emersivi (ennesima creatura del brand, ad opera di Vincenzo Castellana e Giorgia Bartolini, che negli anni, mediante il dispositivo del workshop esibito ad EDIT Napoli, è riuscito nell’intento di poter reclutatore alcuni tra i migliori giovani talenti della disciplina presenti nel nostro paese, ponendoli nella condizione di poter esprimere le loro possibilità creative in un ecosistema ambientale costituito da una crew formidabile, certamente invidiabile, attraverso un dispositivo aggregante che si conferma dunque quale terreno di sperimentazione e innovazione scelto dal brand, per incontrare la visione delle nuove generazioni di progettisti, nati già anfibi ed in immersione nel mondo del design, della grafica, dello story-telling e della progettazione); un film, realizzato con l’intento di poter porre in visione le preziose pratiche ed i processi ideativi e realizzativi dei dispositivi facenti parte delle collezioni; shooting fotografici, disposti ed eseguiti in contesti architettonici dal valore riconosciuto in ambito planetario, quali sono quelli propri del Barocco siciliano; una comunicazione, costituita da supporti grafici che possiedono caratteristiche ineguagliabili, tali da divenire ambiti elementi di acquisizione da parte dei fruitori in ogni evento espositivo; allestimenti espositivi, che perseguono gli intenti delineati nel Manifesto del Design Anfibio, assistiti da supporti mediatici atti a poter replicare, ininterrottamente, le connotazioni essenziali del brand, talvolta posti in ostensione attiva mediante l’intervento di elementi coreutici o di vere e proprie performance; – hanno fatto sì che il brand potesse intercettare le curiosità ed i consensi di una vasta critica di settore, ponendo Orografie nell’Olimpo delle aziende del design italiano che si fanno portatrici, ed insieme promotrici, di nuove traiettorie di senso, nuovi paradigmi del nostro vivere contemporaneo.

E proprio dalla piattaforma Emersivi e, nello specifico, dal workshop tenutosi nel 2024 il cui brief, di design di prodotto, era focalizzato su due ambiti specifici – Food Rituals e Selfcare -, gli studenti del terzo anno di Industrial Product Design del Politecnico di Milano, assistiti dalla docente Marinella Ferrara e dal tutor Alessandro Squatrito, si sono misurati con il pensiero di Orografie declinando, in forma di progetto, le loro idee. E ne sono nati alcuni sorprendenti dispositivi, che saranno presenti all’interno dell’allestimento espositivo del brand durante la Milan Design Week 2024, nei luoghi di Viale Gorizia 14, all’interno dell’evento denominato Nuovi riti da abitare a Design Variations. I cinque giovani designer “emersi” sono: Giulio Codella (2000) con Maleducato/Maleducata, Omar Hannachi (2001) con Impianto, Marta Marino (2001) con NonSedia, Giorgio Pagani (1999) con NonTavolo, Xu Zheng (1999) con Virgola.

Nella rosa dei Big Designer

Nella rosa dei Big Designer invece troviamo le inedite creazioni di Giulio Iacchetti con il suo Trespolo, uno sgabello con due piani posti a quote differenti, tante funzioni in una forma semplice: una seduta per due, una workstation, un tavolino; di Elena Salmistraro con Centrino, un vassoio ornamentale che, grazie ai suoi contenitori ed ai tre sostegni per lo smartphone, si presta anche all’utilizzo come centrotavola; di Lanzavecchia con Pane e Vino, un set di stoviglie, composto da sei piatti, una ciotola e una brocca, impilabili in una composizione scultorea; Standa con Colombo, un oggetto da tavolo ispirato alla forma dell’uovo, che può fungere da svuota tasche e sostegno per lo smartphone, integra anche un supporto per bastoncini di incenso; e Vincenzo Castellana alla prima prova da designer con il brand con Azz, un sotto tazza per bicchiere, tazzina o mug, la cui base si sviluppa in una “V” rovesciata che serve a sorreggere uno smartphone.

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