La Regione rifinanzia il contributo da 3mila a 5mila euro per le partorienti ma la situazione resta piena di criticità
PANTELLERIA (TP) – Vivere l’Isola nell’isola è la condizione di migliaia di persone che abitano le realtà cosiddette ‘minori’, una fortuna per chi vuole abbracciare una Sicilia autentica, dove i sapori e gli odori si amplificano. Ma ad amplificarsi è anche la difficile situazione che vivono le future mamme per la mancanza di reparti sanitari dedicati, comportando così il trasferimento in altre strutture con costi aggiuntivi.
In tal senso l’assessorato regionale alla Salute, con il decreto 1022/21, ha rifinanziato e incrementato il fondo grazie al quale potrà essere richiesto il bonus per partorire nelle strutture del Sistema sanitario regionale, che da tremila euro passa adesso a cinquemila euro. Per accedere al contributo occorre avere due requisiti: essere residenti in un Comune di un’isola minore siciliana in cui è assente, anche temporaneamente, un punto nascita e avere partorito in una struttura autorizzata del Servizio sanitario regionale. La Regione Sicilia precisa in un nota: “Il bonus ricorre anche in caso di interruzione di gravidanza verificatasi dopo il centottantesimo giorno dall’inizio della gestazione e nell’ipotesi di bambino nato morto o deceduto dopo un breve lasso di tempo. Il beneficio può essere richiesto entro 60 giorni dal parto e può essere esteso anche alle mamme che hanno partorito nel periodo tra l’1 gennaio 2019 e il 31 dicembre 2020”.
“Nella nostra isola era attivo un solo un punto nascita in deroga attivo fino all’entrata del Covid – ha dichiarato Francesca Marrucci, assessore alle Pari Opportunità del Comune di Pantelleria – ma nel momento in cui sarebbe servito di più la deroga è stata revocata. Quindi, ci siamo trovati una situazione davvero difficile, con trasferimenti a Trapani in piena pandemia e senza possibilità di avere un accompagnamento”.
“Occorrerebbero in primis – ha aggiunto – due stanze: una per le gestanti e una per le urgenze. Però, nonostante si sia interpellato il Comitato Nazionale, il ministero, la Regione Sicilia, è finito tutto in un nulla di fatto. L’impressione è che non ci sia un effettivo interesse. Allo stato attuale le donne devono necessariamente partire, trasferirsi altrove, fortunatamente adesso con i familiari, un mese prima del parto a Trapani o a Palermo”.
“Un altro paradosso – ha aggiunto ancora Marrucci – per le partorienti riguarda poi il rimborso spese – perché non arriva in tempo utile: la Regione ha stabilito un tetto massimo di circa 100 mila euro da mettere a disposizione di tutte le isole minori siciliane, di conseguenza le somme non bastano per tutte le partorienti, per cui si doveva e si deve sperare sempre in una ‘toppa finanziaria’ per garantire il contributo a tutti. Su questo ci siamo battuti anche a nome delle altre isole minori, non tanto per aumentare il plafhon ma per renderlo dinamico, cioè senza mettere una quota fissa ma semplicemente ad esaurimento di tutte le esigenze, la pratica è ancora in itinere”.
“Abbiamo fatto tantissime battaglie: il sindaco, il vice sindaco ed il presidente del consiglio hanno fatto uno sciopero della fame durante la pandemia ottenendo una rilevanza nazionale, ma si sono resi conto che le istituzioni si rimpallavano le responsabilità senza far nulla di concreto. Nonostante questo, continueremo di certo a chiedere l’apertura nei vari tavoli istituzionali”.
“La difficoltà principale – ha concluso – di certo, non è solo l’apertura fisica del reparto ma anche la ricerca del personale medico e paramedico che venga a lavorare nella nostra isola. In accordo con l’Asp e con la direzione sanitaria, l’amministrazione ha proposto di concedere incentivi economici a chi accetta ruoli professionali in posizioni geografiche ‘scomode’, ma anche questa proposta non è stata recepita. La salute non deve essere una battaglia politica ma di umanità, bisognerebbe quindi unirsi per un obiettivo comune: oltrepassare gli ostacoli e garantire il diritto alla cura sanitaria in tutte le sfaccettature.
Da Trapani a Messina, la musica non cambia. “Le stesse difficoltà sussistono e in tutte le isole minori”– ha dichiarato Marco Giorgianni, sindaco di Lipari. Nel nostro ospedale c’era un punto nascite, poi chiuso per motivi di sicurezza che comprendiamo, ma capiamo anche l’importanza di una deroga: è una possibilità che andrebbe ripercorsa. Una deroga che però non può essere richiesta e concessa senza che ci siano gli adeguati investimenti, perché è giusto che le condizioni di sicurezza debbano essere mantenute. Non abbiamo mai fatto e preteso una battaglia ideologica sul fattore ‘nato a Lipari’ nella carta d’identità, ma il costo per le famiglie è realmente insostenibile. Voglio invitare ad una riflessione: non sempre si può fare un ragionamento ‘costo benefici’, mantenere l’ospedale in condizioni ottimali con un reparto nascite ha un costo notevole rispetto al numero dei parti che abbiamo nell’isola.