Parla il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano - QdS

Parla il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano

redazione

Parla il segretario generale di Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano

mercoledì 06 Settembre 2023

Alvano: “Si tratta di una sfida epocale, ma la Pubblica amministrazione è preparata solo in parte”. “Non è stata data una grande risonanza né alla scadenza del 6 luglio né a quella del 30 novembre

Qual è la situazione della Sicilia rispetto all’obbligatorietà dell’utilizzo della Pec per le comunicazioni tra Pa, ma anche per i gestori di pubblici servizi e le società a controllo pubblico, e il cittadino? Interviene al QdS Mario Emanuele Alvano, segretario generale di Anci Sicilia.

Come lei ben sa lo scorso 6 luglio è stato introdotto l’obbligo della comunicazione tra la PA e il cittadino attraverso la PEC. Qual è la situazione in Sicilia? Le amministrazioni comunali sono pronte?
“Questo domanda porta, inevitabilmente, a risposte diverse a seconda del Comune in questione, a quanto in questi anni ha lavorato per la c.d. transizione digitale, quanto abbia sfruttato le misure del PNRR e quanto è pronta la macchina interna, ossia quanto sono preparate le persone interne all’amministrazione, ad affrontare questa sfida che non è assolutamente una sfida solitaria ma solo un ulteriore passo nel processo di transizione digitale. Purtroppo non sono in grado di darle una risposta univoca. Quello che posso dire è che certamente, per quanto riguarda i comuni siciliani, c’è bisogno di un’azione di formazione sulle persone che non di strumenti. Gli investimenti del PNRR hanno principalmente riguardato l’infrastruttura del Comune e quello che è mancato, e ancora manca, è il lavorare sul personale. Quella del 6 luglio è una sfida epocale, perché interrompe la modalità che per decenni è stata utilizzata nel rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione visto che oggi, attraverso la PEC si può rendere questo rapporto più veloce e più economico ma proprio la pubblica amministrazione è preparata solo in parte. Tutti i percorsi per l’attuazione parziale della transizione digitale sono stati scanditi da numerose proroghe, il Codice dell’Amministrazione Digitale ne è un esempio per eccellenza. Indubbiamente le scadenze che ci troviamo davanti sono importanti perché ci consentono di fare uno scatto in avanti ma il fatto che, per queste scadenze, si sia pronti è un altro discorso, perché non è stato quasi mai così. La stessa ulteriore data del 30 novembre (quella dell’obbligo generale dell’utilizzo della PEC, nrd) nasconde in sé alcune incognite”.

Si parla, in questo periodo intermedio, di una modalità mista…
“Il vero problema è che una modalità mista non è sicuramente il modo migliore per la comunicazione della PA. L’ideale sarebbe poter passare da una modalità cartacea, con la raccomandata, all’utilizzo esclusivo della PEC. Peraltro non sappiamo se questa del 30 novembre potrà essere una scadenza definitiva perché ci sono ancora dettagli da chiarire”.

Ossia?
“Per esempio se quanti non sono ancora possessori di una Pec la acquisiranno e la sapranno utilizzare, penso alla fascia più anziana della popolazione o a quanti non hanno confidenza con questi strumenti necessari che spesso non hanno possiedono”.

Si potrà verificare il fatto che, nonostante il destinatario sia possessore di Pec, si continui da parte della Pa a utilizzare l’invio cartaceo?
“Non lo possiamo escludere anche se non dovrebbe essere così. In realtà non è stata data a questa scadenza del 6 luglio, ma nemmeno a quella del 30 novembre, una grande risonanza e alcuni processi, oltre alla loro entrata in vigore, devono essere metabolizzati e forse questo periodo sarà di transizione, per permettere che la macchina amministrativa sia in grado di affrontare al meglio le nuove norme, soprattutto a quelli che ancora oggi non hanno un background necessario, e adeguarsi, sempre sperando che la scadenza del 30 novembre possa portare a una modalità uniforme, che non costringa l’ente a fare un lavoro doppio”.

Mi sembra evidente che il problema della formazione, e del suo finanziamento, sia tra i principali ostacoli alla piena realizzazione di questo passo della transizione digitale. Dobbiamo contare, quindi sulla buona volontà del personale della Pa?
“Decisamente sì, e dell’amministrazione che mette a disposizione i pochi mezzi che ha per l’attività fi formazione. Dobbiamo riconoscere che il processo di trasformazione digitale del nostro paese è molto faticoso. È avvenuto attraverso alcune forzature che si sono rivelate non fattibili e hanno portato a proroghe su proroghe. Sicuramente non è nato con tempi, modalità e coordinamento di azione che era necessario. Ci sono delle storture, forse necessarie per far partire il processo, ma che oggi rappresentano nodi che oggi è necessario sciogliere. Faccio riferimento, ad esempio, al rapporto tra l’amministrazione e le software house che sono state, e continuano a esserlo, decisive per aver favorito il processo e l’utilizzo delle risorse del Pnrr ma la tendenza è stata quella di sostituirsi alla Pa. Il vero salto in avanti avverrà quanto il funzionario, la struttura della pubblica amministrazione, diventeranno protagonisti del processo impadronendosi pienamente degli strumenti informatici e li utilizzerà per dialogare quotidianamente con il cittadino. Si tratta di una piccola rivoluzione, di un cambiamento metodologico al fine di favorire la semplicità e l’economicità del rapporto con il cittadino, quindi PEC ma anche domicilio digitale e quei servizi come il PIAO (Piano integrato di attività e organizzazione, ndr), il PagoPA (il sistema dei pagamenti a favore delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi in Italia, ndr) e lo SPID perché tutto ciò mira alla semplificazione dei processi, riducendo anche la necessità del cittadino di recarsi fisicamente nei vari uffici delle pubbliche amministrazione. In questo caso l’attività formativa potrebbe essere realizzate senza grossi impegni economici, lavorando tramite alcune economie di scala, visto che questi saranno gli strumenti base che non sono destinati a cambiare. La cosa grave è che non sono previste come operazioni di sistema ma sono rimesse alla buona volontà del singolo funzionario o all’impegno di un singolo Comune”.

La data del 6 luglio non è stata prorogata, se una PA m’invia una raccomandata pur comparendo nell’elenco dei domicili digitali, la posso ignorare?
“Da quanto ho potuto analizzare, non dovrebbe succedere ma dovremo tener conto di decisioni, di giurisprudenza per capire se questa norma, che sembra rigida, nella sua interpretazione potrebbe avere attenuanti sia nei confronti sia della PA sia del cittadino che, a sua volta, potrebbe non essere informato e che, a sua volta, egli stesso si deve rivolgere alle PA attraverso la PEC e non le raccomandate cartacee”.

In chiusura, criticità primaria?
“Penso soprattutto alla scadenza del 30 novembre, essendo la PEC un servizio non gratuito e al fatto che molti utenti non sono dotati di strumenti hardware, software, di connessione e competenza adeguati al suo utilizzo. Serviranno dei ‘luoghi’ d’intermediazione per consentire che questa transizione non si trasformi in un vantaggio per alcuni e una dannazione per altri”.

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