La pubblicità è cosa buona e giusta - QdS

La pubblicità è cosa buona e giusta

Carlo Alberto Tregua

La pubblicità è cosa buona e giusta

martedì 26 Settembre 2023

Chi acquista sceglie meglio

Vediamo presentatori/trici di programmi di intrattenimento o culturali o di informazione scusarsi di fronte a telespettatori/trici o radioascoltatori/trici per gli intermezzi pubblicitari. Dicono: “Interrompiamo per pochi secondi”, “torniamo quasi subito”, “aspettateci” e via elencando.
Non comprendiamo questa posizione mentale di fronte a chi vede o ascolta, come se costoro fossero refrattari alla pubblicità.

A nostro modesto avviso si tratta di un malvezzo perché si pongono i comunicati commerciali come se fossero una sorta di zavorra, come se venissero in ultimo nella comunicazione radiotelevisiva, invece di esaltarli come cavalli che tirano tutte le trasmissioni, che pagano autori e autrici, presentatori/trici, maestranze e dirigenti e che sono il motore del progresso.
Senza pubblicità si fermerebbero le società editoriali di ogni genere e tipo, la Rai perderebbe circa ottocento milioni, le televisioni private non potrebbero andare avanti: insomma, un disastro.

Anziché essere grati agli inserzionisti, cioè a coloro che pagano – ovviamente per avere un ritorno in termini economici e per rendere noti i loro prodotti e servizi – si cerca di sminuire la portata e la forza dei messaggi che raggiungono coloro che vedono o ascoltano.
Non solo non si tiene conto che questa forza economica regge tutte le attività, ma anche che offrire una gamma così vasta di beni e servizi ai/alle cittadini/e e alle imprese dà loro il non trascurabile vantaggio di scegliere quello che conviene loro in termini qualitativi ed economici.
In altri termini, la pubblicità mette in migliori condizioni chi acquista beni e servizi poiché permette di conoscere i diversi prodotti sul mercato e di scegliere quelli più confacenti e più utili alle proprie necessità.
Non si capisce perciò, ripetiamo, l’ostracismo a questo strumento moderno che tiene in piedi tutti i meccanismi economici di mercato. Mentre capiremmo i/le presentatori/trici di programmi radio-televisivi se, quando arriva il momento della pubblicità, dicessero, come suggeriva il grande giornalista Maurizio Costanzo: “Consigli per gli acquisti”.

C’è stata un’epoca d’oro per la pubblicità televisiva quando esisteva solo un canale pubblico che emetteva il famoso e non dimenticato Carosello. Si trattava di siparietti che rappresentavano storie molto ben realizzate ed anche interessanti sul piano etico, che sono rimaste nella memoria di chi ebbe la fortuna di vederli, ma che ancora oggi si trovano sotto forma di Dvd reperibili, seppure non facilmente, sul mercato.
Slogan che sono rimasti nella memoria di tanti e che hanno rappresentato un’Italia in via di grande sviluppo, con una crescita notevole dell’economia e con una ricostruzione che quella generazione può orgogliosamente pensare di essersi intestata, farcita di enormi sacrifici e della voglia di portare tutto il Paese in una condizione di normalità.
Non bisogna mai dimenticare quel meraviglioso e faticosissimo periodo, perché è stato il motore di tutto quanto si è verificato successivamente.

La pubblicità è cosa buona e giusta, dunque. È utile non solo a chi vende prodotti e servizi, ma anche ai/alle consumatori/trici, che possono scegliere meglio ciò che a loro serve.
Qualcuno obietta che essa condiziona i consumi. È vero, però, bisogna tener conto che le persone vengono condizionate se si fanno condizionare, vale a dire se non hanno acquisito gli strumenti mentali tali da evitare di subire (salvo nei casi come quelli dei messaggi subliminali).
In altre parole, ogni persona deve decidere se vuole essere un soggetto, dunque non condizionabile nei limiti del possibile, o un oggetto.

Nel nostro Paese la televisione pubblica, che Biagio Agnes riteneva avesse nel Governo “l’editore di riferimento”, oggi dichiara di essere pluralista e lo è in qualche misura. Non possiamo, però, negare che le maggioranze politiche di diverso tipo cercano di influenzarne l’indirizzo per trasmettere messaggi ai/alle cittadini/e.
Una volta c’era la prima Rete democristiana, la seconda socialista e la terza comunista, chiamata TeleKabul. Oggi le reti hanno una gamma di influenze maggiori, ma tutto questo non ha portato all’obiettività necessaria. Peccato!

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