Il rapper palermitano Picciotto: "Racconto l'infanzia e l'adolescenza negate"

Il rapper Picciotto: “Nei miei brani, l’infanzia e l’adolescenza negate”

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Il rapper Picciotto: “Nei miei brani, l’infanzia e l’adolescenza negate”

Sandy Sciuto  |
venerdì 29 Aprile 2022

Il rapper palermitano Picciotto ha rilasciato i brani e i videoclip di "Miracoli" e "Bimbi". Nei suoi testi, la denuncia e il racconto della giovinezza negata in base a dove si nasce

Dopo “Manila” e “AMhardcoreD”, brani pubblicati l’8 marzo scorso e incentrati sulla sua vita privata e sulla sua primogenita, Picciotto ha rilasciato “Miracoli” e “Bimbi” disponibili dal 22 aprile 2022.
Parallelamente all’uscita dei brani, sono stati pubblicati i videoclip ufficiali realizzati dal Collettivo Round e da alcuni ragazzi coi quali Picciotto ha lavorato come educatore negli anni a Borgo Vecchio.
“Ho cercato di collegare le canzoni tra loro così come i lyric video prodotti. Entrambe raccontano la storia di chi ha avuto l’infanzia e l’adolescenza negata in base al posto in cui nasce” ha spiegato il rapper palermitano.

Chi è il rapper Picciotto

Picciotto, il cui rap di denuncia è nato e si è sviluppato nei centri sociali occupati, da quindici anni si occupa di laboratori di scrittura creativa incentrati sul rap e di progetti di contrasto alla dispersione scolastica, lavorando nelle scuole e in diversi quartieri popolari di Palermo.
Da sempre attento a ciò che succede nella sua città, negli ultimi mesi Picciotto ha dato vita all’ennesimo progetto che mette al centro Palermo attraverso i suoi artisti e la costruzione di immaginari reali. Il rapper ha fondato “Lo stato dell’arte”, un’etichetta discografica che ha come mission “provare a dare dignità ai sogni di ogni giovane musicista palermitano che per perseguirli non dev’essere costretto ad emigrare”.

Cover Bimbi

Da da quali esigenze sono nati i due nuovi singoli “Miracoli e “Bimbi”?
Entrambi i pezzi fanno parte di un macro-telaio di storie e saranno presenti nel mio prossimo album. L’esigenza principale è quella di raccontare la bellezza in determinati contesti che di solito vengono presi di mira anche dall’opinione pubblica. In questo caso si parla di diritti negati in contesti in cui infanti e adolescenti non hanno deciso di nascere e crescere.
In “Bimbi” c’è un parallelismo tra due ragazzini di tredici anni – uno del Sud Italia e uno siriano – incappati, loro malgrado, in situazioni speculari. Da una parte la microcriminalità, dall’altra il conflitto e la guerra non hanno lasciato scelta nella loro crescita privandoli del diritto di giocare. La fortuna di nascere e crescere, a volte, diventa una coordinata geografica.
In “Miracoli” c’è l’adolescenza. Ho immaginato uno dei due ragazzini uscire dal carcere minorile, tornare nel quartiere, in quegli spaccati dove alla ricerca della bellezza magari i miracoli non arrivano. In certi posti, nasci già condannato.
Oltre ad essere un musicista, sono anche un educatore. Lavorando con la fascia preadolescente, ho avvertito molto l’esigenza di raccontare alcune storie che in questi anni mi hanno attraversato.

Cover Miracoli

In “Miracoli” c’è il featuring con Bruna. Perché ha scelto lei e proprio per questo singolo?
Bruna è una delle mie artiste preferite. Sono anche il suo produttore perché da qualche mese ho avviato la società e l’etichetta discografica “Lo stato dell’arte”. La nostra mission è quella di far crescere e formare musicalmente giovani talenti palermitani. Bruna è tra questi ed è una delle voci più belle che abbiamo in città. Avevo voglia di dare sia un upgrade stilistico al brano sia di darle visibilità perché il contrasto tra le nostre voci crea cosa succede in quei posti (come a Borgo Vecchio dove abbiamo girato il video) ossia scovare la bellezza sommersa dal degrado.

In “Miracoli” ripete spesso: “Il vero dramma è che al malessere ti abitui”. Non crede nella redenzione?
Credo che in certi contesti non si abbiano gli strumenti per elaborare il cambiamento. Quando si tratta di educarsi al bello, bisogna che chi fa il nostro mestiere – componente sociale o componente artistica che sia – riesca a far le cose con gli abitanti e non per loro. Questa è una differenza sostanziale. Chi prende consapevolezza che un cumulo di macerie può diventare un campetto di calcio e quindi un luogo aggregativo, secondo me crea una rivoluzione e un esempio positivo. Se è possibile per uno, allora sarà possibile per tutta la comunità.

In “Bimbi”, invece, dice “la felicità è un concetto fragile”
Purtroppo, in questi tempi, è sempre più precario il concetto dell’essere felici. Lo testo su me stesso, ma credo che tanti esseri umani abbiano spostato il concetto di felicità in base a ciò che hanno e non a ciò che sono. È per questo che diventa sempre più fragile. Non è semplice essere felici, è una ricerca continua. A volte la felicità la scambiano per dei momenti effimeri. Credo che, se le si possa dare una connotazione, la felicità stia nell’equilibrio.

“Bimbi” ha ricevuto il riconoscimento “Voci per la libertà – Un premio per Amnesty”. Quali possono essere gli strumenti per ritrovare una salvezza?
La consapevolezza
. Nello specifico sui bimbi, credo che tutto passi dalla scuola pubblica che è l’ultimo presidio di democrazia possibile dove venti persone possono guardarsi in faccia, oggi che vengono meno le piazze e i luoghi di aggregazione. Da lì, partono gli strumenti per emanciparsi. Non è questione di essere un alunno modello. Io non lo sono mai stato. Mi ritrovo ad insegnare grazie alla musica e alla scrittura creativa. Credo di essere un esempio virtuoso per tutti i progetti che ho fatto in vari territori difficili di Palermo e non solo. Mi accorgo quanto il rap, la musica e i laboratori di didattica non formale poi hanno presa reale sui ragazzi. E forse dovrebbero essere istituzionalizzate queste pratiche perché aggregano e fanno crescere molto di più della classica didattica. Particolarmente per quei contesti. A volte la periferia è uno stato mentale, non è solo geografico.

In base a cosa sceglie gli artisti da supportare con “Lo stato dell’arte”?
Ciò che mi interessa moltissimo in un periodo in cui l’immagine è tutto è provare a costruire immaginari nuovi. Gli artisti che ho scelto, in tutto nove, li ho scelti per le qualità musicali e perché hanno cose vere da dire. I contenuti arrivano prima del contenitore per me. Il roster è fatto da generi musicali. Ci sono 5 rapper, 4 cantautori, ma non li posso catalogare perché ognuno di loro ha delle skills diverse e complementari. Ciò che fa esaltare il singolo ne “Lo stato dell’arte” è il gruppo.
Il precedente che vorrei far esaltare in città è il nuovo metodo di lavoro. Ci sediamo al tavolo settimanalmente. Decidiamo sulla produzione. Ci muoviamo da collettivo. Questa cosa ha dimostrato quanto valore aggiunto c’è nel muoversi in gruppo, esaltando le singole individualità.

Bruna e Picciotto

Palermo è onnipresente nella sua vita e nella sua arte. Quali sono gli aspetti su cui si deve lavorare secondo lei?
Con Palermo ci ho fatto pace un po’ di anni fa. Come tutti, ho avuto voglia di andare via, ho pensato, mi sono spostato, sono stato travolto dall’insoddisfazione e dal nichilismo del non cambierà mai nulla. Vengo da un background che è molto politico, cercando l’accezione positiva della parola politica e sapendo che oggi per i giovani è un concetto molto distante dalle parole chiave che hanno influenzato la mia crescita. Credo che tutto passi da lì, dalla partecipazione reale e dall’essere protagonisti delle proprie vite.
Dal punto di vista artistico, siamo l’ultimo posto per indotto musicale. Non abbiamo strutture, né grandi produzioni. Basti pensare che da settembre a maggio non c’è un locale al chiuso che possa ospitare mille persone nella quinta città più grande d’Italia.
Nonostante tutto, penso che ognuno di noi, se vuole rimanere in città, non può permettersi di fare solo il cantante o il musicista. Deve sapersi muovere a 360 gradi in tutto il comparto musicale: da come si organizza il concerto all’avere un’infarinatura di booking, management, publishing e comunicazione. Ci tengo molto che i miei artisti vengano formati in questo e che abbiano un po’ di riconoscibilità in quei territori. Questo secondo me completa un artista e ci dà una possibilità in più. Se creiamo il precedente, sarà sempre più semplice per quelli che verranno. Io sono anche un padre di due figlie e devo assolutamente pensare anche in prospettiva futura.

Quali sono i progetti futuri di Picciotto?
Spero di riuscire a trovare una settimana per riposarmi. Ci sono veramente tantissimi impegni. Non ho mai lavorato così tanto né ascoltato così tanta musica. È come se avessi, oltre le mie figlie, altri nove creature da curare perché so cosa significhi curare la sensibilità, l’immaginario, il sogno del poter vivere della propria arte. Io stesso ho attraversato quella fase. Essendo anche un educatore, ho il vantaggio di saper maneggiare con cura il genere umano che ho a disposizione. È tutto un work in progress, un esperimento. Il nome de “Lo stato dell’arte” significa proprio questo: qualcosa in continuo movimento. Il nome nasce da qualcosa che si aggiorna continuamente. Quest’estate sarà bella impegnativa.

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