Ricchi dividendi per lo Stato povero - QdS

Ricchi dividendi per lo Stato povero

Carlo Alberto Tregua

Ricchi dividendi per lo Stato povero

martedì 13 Aprile 2021

Il ministro dell’Economia e Finanze, Daniele Franco, continua a comunicare all’opinione pubblica italiana una terminologia volutamente errata relativa alle operazioni di bilancio, che via via sono state effettuate per sostenere (poco e male) i cittadini italiani colpiti dall’ondata virale.
Anche altri ministri e politici hanno continuato a chiamare scostamenti quelli che in effetti sono stati nuovi debiti, che poi vengono coperti via via dall’emissione di nuovi buoni del Tesoro, i quali si sommano ai precedenti, fino alla ciclopica cifra di 2.600 miliardi (160% del Pil).
Dunque, si tratta di debiti e non di scostamenti. Perché i governi chiamano con un nome improprio e diverso ciò che effettivamente avviene? La risposta è lampante. Lo fanno per ingannare i cittadini i quali si impressionerebbero sapendo che lo Stato si è indebitato per quasi duecento miliardi nel periodo Covid e continua ad indebitarsi con i nuovi scostamenti, non si sa fino a quando.
O, per lo meno, si sa: fino a quando teste dure come Speranza, teleguidato dal Cts, vorrà tenere chiuse tutte le attività turistiche, ricettive, culturali e sportive.


Per fortuna, lo Stato sta incassando ricchi dividendi da strutture pubbliche come la Banca d’Italia, che ha versato una supercedola da 5,9 miliardi di euro su un utile netto di 6,3, oltre a 1,4 miliardi di tasse di competenza.
Non basta. La Cassa Depositi e Prestiti ha conseguito un utile netto di 2,8 miliardi, oltre che un’enorme nuova raccolta postale fino a 275 miliardi di euro. Su quell’utile netto, probabilmente, girerà allo Stato un miliardo fra cedola e imposte. Così seguiranno le altre Società partecipate in attivo come Eni, Enel e le realtive controllate.
Sull’altro piatto della bilancia, però , vi è una quantità enorme di spesa assistenziale fra cui l’inutile Reddito di cittadinanza, il cui costo totale arriverà, secondo stime comuni, a circa 40 miliardi nel 2029. Una spesa che ha una sua validità per quanto concerne il sostegno ai veri poveri e disabili, ma che ha fallito totalmente il suo obiettivo sul fronte della ricerca di nuova occupazione, cui sono stati dedicati circa tremila navigator che hanno operato con la benda sugli occhi e le mani legate.

Anziché continuare nella dissennata opera assistenziale, che andrebbe fortemente amputata, lo Stato, le venti Regioni e le due Province Autonome dovrebbero utilizzare la maggior parte delle risorse per gli investimenti pubblici e per sostenere quelli produttivi.
Ricordiamo che il 3 ottobre 1990 (dopo la caduta del Muro di Berlino avvenuta il 9 novembre 1989) la Germania dell’Est si unì a quella dell’Ovest e l’allora cancelliere Helmut Kohl stanziò enormi cifre nei Länder dell’Est che dopo più di trent’anni hanno raggiunto il Pil regionale e pro-capite di fatto uguale a quello dei Länder dell’Ovest.
In Italia, l’Unità del 1861 ha invece prodotto un percorso inverso, perché il Piemonte e le altre Regioni del Nord depredarono letteralmente il Regno delle Due Sicilia e tutto il Mezzogiorno, e hanno continuato per centosessanta anni a investire nel Nord che oggi ha un reddito pro-capite e un Pil pro-capite circa il doppio di quelli del Sud.
Anche il gap infrastrutturale fra Nord e Sud è enorme, ma nessun governo, forse neanche quello attuale, ha intenzione di andare verso un livellamento.


Nel Sud, vi è un grande porto-container, quello di Gioia Tauro, ma le Ferrovie dello Stato non hanno creato i raccordi per immettere tali container sulla rete ferroviaria nazionale e internazionale, cosicché la sua attività è di fatto amputata. Sembra che ora, con la progettazione della Lav (Linea ad Alta Velocità) Salerno-Reggio Calabria, si voglia creare tale raccordo. Vedremo.
A proposito di tale tratta, c’è da sottolineare positivamente la sua deviazione verso Cosenza. Il che comporterà che vi saranno ben 187 chilometri di Lav in galleria. Essa si suddividerà in sei lotti: Battipaglia-Praia (127 km), Praia-Tarsia (58 km), Tarsia-Cosenza (30 km), Cosenza-Lamezia (66 km), Lamezia-Gioia Tauro (45 km), Gioia Tauro-Reggio Calabria (45 km).
Non sembra, però, che si stiano facendo i progetti per la Messina-Catania-Palermo, tra l’altro come Lbv (Linea Bassa velocità) e non come Lav (Linea Alta Velocità), un’ulteriore discriminazione.
Sulle infrastrutture torneremo perché costituiscono la chiave di volta per risolvere la depressione del Sud.

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