Anche in Sicilia esplode la rabbia degli agricoltori - QdS

Anche in Sicilia esplode la rabbia degli agricoltori

redazione

Anche in Sicilia esplode la rabbia degli agricoltori

Biagio Tinghino  |
venerdì 02 Febbraio 2024

Dopo tedeschi e francesi, nella campagne italiane monta la “rivolta dei trattori”: cosa c’è dietro la protesta. “Noi vessati dal caro-gasolio e dalle politiche Ue”

RAGUSA – Le proteste spontanee degli agricoltori che si stanno organizzando in questi giorni in diverse zone della Sicilia, sono arrivate anche nel territorio ragusano, con cortei stradali di trattori che si sono mossi nel territorio di Modica. Ma quali sono i motivi della protesta degli agricoltori siciliani ed europei? “Politiche comunitarie: la misura è colma! – dicono gli agricoltori in protesta -. Non c’è altra spiegazione per le mobilitazioni degli agricoltori in tutta Europa. Caro-gasolio e politiche green avrebbero come unico risultato il depotenziamento della competitività dei produttori italiani e dei maggiori Paesi produttori europei”.

Dopo Germania e Francia proteste anche in Italia e Spagna

I primi a scendere con i trattori nelle strade sono stati i tedeschi, seguiti da francesi, belgi. Ora aderiscono italiani e spagnoli. L’imposta riduzione delle superfici coltivabili, per esempio, viene interpretata dai produttori italiani non solo come una deminutio, ma anche come una corsia preferenziale per i competitor extra europei che, per costi di produzione e manodopera, sono già avvantaggiati rispetto a quanto prevede il quadro normativo Ue che annovera obblighi e cogenze infinitamente più severe. I Paesi terzi, inoltre, agiscono nelle loro coltivazioni spesso in stato di quasi assoluta libertà rispetto ai limiti dei residui ammessi in Europa.

L’accordo commerciale Mercosur

A cinque anni dalla firma dell’accordo commerciale Mercosur con i Paesi del sud America, grazie probabilmente a queste proteste, l’Ue si è svegliata e fa un passo indietro? Il Mercosour prevede la cancellazione dei dazi reciproci, oltre all’aumento delle importazioni da Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay, Paesi in cui le condizioni dei lavoratori non sono certo fiore all’occhiello per sicurezza e garanzia delle condizioni economiche e sociali. Le clausole ambientali richieste dall’Ue e rifiutate dagli Stati latino-americani farebbero (per il momento) desistere dalla ratifica dell’accordo. Un accordo che per l’agricoltura italiana ed europea risulterebbe ancora più deleterio, se si considera che le dinamiche geopolitiche, sempre più fluide, vanno verso scenari dalla difficile interpretazione.

Il consolidamento del Brics

Uno tra tutti è il nuovo asset mondiale che scaturisce dal consolidamento del Brics (Brasile, Russia, Cina e Sud Africa) che si vede rafforzato dalle simpatie di Etiopia, Egitto, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti. Si tratta di un nuovo modo di leggere l’economia del mondo che stravolge l’establishment dell’occidente così come lo abbiamo finora conosciuto, con il dollaro al centro degli scambi commerciali. Ovviamente non si tratta semplicemente di una valuta di riferimento ma dello stravolgimento dell’egemonia finanziaria e commerciale fin qui indiscussa e al centro del mondo.

Proteste anche contro le politiche nazionali

Non sono solo le politiche comunitarie (Pac e Green Deal, in primis) a preoccupare gli agricoltori italiani, ma anche quelle nazionali. La paventata reintroduzione dell’Irpef agricola preoccupa non poco la categoria che potrebbe vedersi vessata da una tassa, da molti imprenditori agricoli vista come iniqua. Altro focus è l’eccessivo permissivismo da parte dei governi verso le multinazionali dell’agrifotovoltaico che speculerebbero sui terreni agricoli, sottraendoli alle coltivazioni.

Confagricoltura ha deciso di avviare una serie di iniziative a Bruxelles per chiedere che le richieste degli agricoltori vengano affrontate con più sollecitudine, a tutela di un settore trainante della economia italiana che subisce le conseguenze economiche di uno scenario internazionale ad alta instabilità. “Confagricoltura è in prima linea, da due anni, nel contestare la Pac fino al 2027, sottolineando la necessità di avere una strategia che sappia tutelare la sostenibilità economica ed ambientale delle produzioni – ha detto il presidente dell’Unione Provinciale di Ragusa, Antonino Pirrè -. Stiamo conducendo una battaglia contro la riduzione dell’uso dei fitofarmaci senza avere un’alternativa che sia efficace. Abbiamo contestato la legge di restaurazione della natura e del Nutriscore, offrendo il nostro contributo. Siamo al fianco degli allevatori vessati da norme sempre più restrittive e onerose in tema di impatto ambientale e di emissioni in atmosfera”.

“Tra le nostre priorità – ha proseguito – c’è il rafforzamento del sistema assicurativo in agricoltura, sollecitando la riforma della normativa sulla gestione dei rischi, per arrivare a una maggiore diffusione delle coperture assicurative, alla riduzione dei costi per gli agricoltori e alla semplificazione delle procedure. Mentre in Europa qualche governo toglie le agevolazioni sul carburante agricolo, in Italia teniamo il punto e manteniamo la defiscalizzazione del gasolio anche grazie a Confagricoltura”.

“Non scendiamo in piazza per evitare possibili strumentalizzazioni di qualsiasi natura – ha aggiunto Pirrè – e perché applichiamo un approccio razionale alle sfide attuali, continuando a lavorare instancabilmente per sostenere gli agricoltori e promuovere soluzioni concrete a sostegno del settore agricolo, fondamentale per l’economia locale e nazionale, in un momento molto complesso in cui la liquidità delle aziende del settore primario è quasi azzerata a dall’aumento dei costi di produzione e dalla diminuzione dei prezzi all’origine”.

A tutto questo si aggiunge la crisi del Mar Rosso

All’Italia costa 100 milioni di euro al giorno. Un ritardo imposto dalla rotta attorno al Capo di Buona Speranza che determina un aumento del 120% dei costi di trasporto marittimo. Per ora gli effetti degli aumenti dei prezzi al consumo sono poco percettibili, ma a breve potrebbero diventare insostenibili con gravissime ripercussioni sulla popolazione. Frattanto al sud, in Sicilia, si consumano contraddizioni incomprensibili nell’erogazione dell’acqua irrigua ad opera dei Consorzi di bonifica. Nel palermitano l’erogazione del Consorzio da 18 milioni di mc nel 2008, passa agli attuali 2 milioni e diventa talmente insufficiente da costringere gli agrumicoltori a ricorre a forniture private con autobotti. Mentre nel siracusano l’acqua c’è, al biviere di Lentini, ma gli impianti di distribuzione sarebbero devastati al punto tale da non poter essere utilizzati.

Sulle Madonie 500 trattori. “Non riusciamo più a vivere”

La protesta dei trattori arriva anche sulle Madonie, in Sicilia. Ieri mattina 500 mezzi agricoli e altrettanti lavoratori del comparto hanno attraversato le principali strade dei Comuni delle Alte Madonie, partendo dal ponte di Resuttano (Caltanissetta) e passando per Alimena, Bompietro e Petralia Soprana (Palermo), sulla Sp19 e la Ss290. “Non riusciamo più a vivere del nostro lavoro – spiega Aldo Mantegna, allevatore di Gangi – Ai rincari sulle materie prime e sul gasolio, non si sono accompagnate misure di sostegno né l’aumento del prezzo di vendita dei nostri prodotti. Così non possiamo andare avanti”.

L’appello è al presidente della Regione Siciliana Schifani e all’assessore all’Agricoltura Sammartino: “Prendano una posizione chiara rispetto alle proteste: sono dalla parte degli agricoltori, degli allevatori e dei consumatori siciliani? Se sì, chiediamo che intervengano sulle materie di loro competenza e che si facciano portavoce con il governo nazionale ed europeo”. I manifestanti inoltreranno un documento con alcune rivendicazioni più urgenti e la richiesta di convocazione di un tavolo tecnico entro 7 giorni. In assenza di un riscontro, torneranno in piazza.

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