Un processo di cambiamento rimasto “incompleto” - QdS

Un processo di cambiamento rimasto “incompleto”

redazione

Un processo di cambiamento rimasto “incompleto”

Roberto Greco  |
martedì 26 Settembre 2023

Intervista al primo cittadino del capoluogo Roberto Lagalla: “La strada verso la legalità è ancora lunga e deve essere percorsa”

Il professor Roberto Lagalla si è insediato sullo scranno di sindaco lo scorso anno, a seguito delle elezioni amministrative che saranno ricordate come fine della cosiddetta Era Orlando. Il QdS gli ha chiesto di parlarci di Palermo perché, proprio in questi ultimi trent’anni e prima di essere sindaco, è stato assessore e deputato regionale, docente universitario e poi rettore dell’Università degli studi del capoluogo siciliano.

Sindaco, negli ultimi trent’anni, sia con la sua attività di docente che di politico, ha vissuto intensamente, e spesso in prima linea, questa città. Qual è il suo ricordo dei bui anni Ottanta e, dopo le stragi del 1992, di quando si iniziò a prendere consapevolezza di quanto stava accadendo e iniziare un percorso di riscatto?
“Il ricordo è legato alle drammatiche e strazianti immagini dei funerali di magistrati rappresentanti delle Forze dell’ordine uccisi dalla mafia, uomini e donne dello Stato che in quello Stato credevano e si opponevano alla ferocia e alla capacità che aveva la criminalità organizzata di influenzare la società civile. È legato a quelle immagini perché accanto a quelle bare avvolte dal tricolore non c’erano più solo figure appartenenti alle istituzioni, ma tantissima gente comune che urlava dolore. C’era disprezzo verso la mafia e voglia di riscatto di un’intera città. Ecco, quei palermitani, quei lenzuoli bianchi stesi nei balconi rappresentavano una nuova consapevolezza che probabilmente non si aspettavano neanche i mafiosi, convinti di fare leva sulla paura. Le vittorie dello Stato arrivate prima con le condanne del Maxiprocesso e poi gli arresti post stragi del 1992 hanno sicuramente dato una spinta a questa presa di consapevolezza”.

Nel tempo è evidente che Palermo sia cambiata, anche se non sempre in meglio. La consapevolezza di cui parlavamo prima si è trasformata in agire o, per parafrasare Tomasi di Lampedusa, ancora una volta i cambiamenti sono stati espressione di una volontà di non cambiamento?
“Non voglio credere che questa consapevolezza sia rimasta solo un atteggiamento di facciata che non si è poi trasformato in azioni concrete. Prendiamo l’esempio di Libero Grassi. All’inizio degli anni Novanta il coraggio di non piegarsi al ricatto mafioso da parte dell’imprenditore rappresentava un eroico caso isolato. Oggi possiamo dire che non sia più così. Sono tanti gli imprenditori che hanno deciso di denunciare i propri estorsori, contribuendo in modo decisivo a farli arrestare. E questo è successo anche grazie all’impegno sul campo delle associazioni antiracket e alla vicinanza delle Forze di polizia. Poi, però, non possiamo prenderci o prendere in giro. Il cambiamento totale ancora non è stato completato, altrimenti una figura come il procuratore della Repubblica Maurizio De Lucia non avrebbe motivo di dire che c’è ancora una certa borghesia che cerca la mafia per fare affari. E la strada verso la legalità è ancora lunga e deve essere percorsa, lasciando fatti concreti e non lanciando slogan, e questo è un compito che deve essere messo in pratica, in primo luogo dalle istituzioni”.

Abbiamo assistito, negli ultimi anni, a una recrudescenza sociale, basti pensare agli ultimi eventi di violenza che hanno rimesso i cittadini palermitani, come successe per le stragi, di fronte all’evidenza che molti mali non sono stati curati e che, invece, sono stati solo utilizzati blandi “antibiotici”. Qual è il pensiero a questo proposito?
“Sui recenti episodi di violenza e sulla questione sicurezza in generale credo sia doveroso un ragionamento ampio, a 360 gradi. È chiaro che si tratti di segnali che nessuno sta sottovalutando e le prime misure a tutela di una maggiore sicurezza dei cittadini sono state prese, grazie anche alla sensibilità del prefetto Maria Teresa Cucinotta e il supporto delle Forze dell’ordine. Però non ci sto neanche a fare passare l’immagine di una Palermo insicura. È un’affermazione corroborata dai numeri, dai dati. Dati che dicono che nell’ultima classifica nazionale riguardo all’indice di criminalità Palermo si trova al trentunesimo posto. Considerando che Palermo è la quinta città d’Italia, non si può certo dire che sia tra i centri più insicuri in Italia”.

Oggi si trova sullo scranno più alto di Palazzo delle Aquile. È chiaro che, dal suo punto di osservazione privilegiato, la città assume un altro aspetto. Palermo è cambiata o ha solo tentato di farlo?
“Torno al ragionamento fatto prima. Palermo è cambiata, ma credo anche che per anni sia stata fatta una narrazione della città poco aderente alla realtà. Parlo da amministratore di un Comune e credo che non si possa fare slogan di legalità, quando ci sono stati un’Amministrazione senza bilanci per più di tre anni, un cimitero con 1.400 bare insepolte che si sono accumulate per oltre quattro anni o un cittadino doveva attendere fino a circa 150 giorni per vedersi rinnovata la carta d’identità. Ecco, più che agli slogan, preferisco agire concretamente perché sono i segnali tangibili di legalità che possono contribuire a un processo di cambiamento che è partito da lontano, ma non può certo considerarsi concluso”.

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