La “fuga” di Giovanni Savino dalla Russia e la voce dei “disertori”

La “fuga” di Giovanni Savino dalla Russia e la voce dei “disertori” della guerra

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La “fuga” di Giovanni Savino dalla Russia e la voce dei “disertori” della guerra

Marianna Strano  |
domenica 24 Aprile 2022

Lo storico Giovanni Savino racconta la sua fuga dalla Russia e il fronte pacifista. E offre possibili risposte all’orrore della guerra e alle posizioni russo-fobiche durante l'incontro No alla guerra

Una fuga involontaria da un Paese amato – la Russia, un rischio e la consapevolezza di lasciare un fronte antiguerra nutrito ma costretto al silenzio: è l’esperienza vissuta, da uomo e da storico, da Giovanni Savino. Il ricercatore, professore di Storia contemporanea a Mosca specializzato in nazionalismo russo, è stato costretto a lasciare quella che è stata la sua casa per 17 anni poco dopo l’inizio delle ostilità contro l’Ucraina a causa delle sue posizioni pacifiste.

Dopo il ritorno in Italia, Savino si è impegnato per dare voce al fronte antiguerra russo (che esiste ma rimane quasi ignorato dalla stampa internazionale). In più, ha tentato di spiegare la complessità della guerra Russia-Ucraina tenendo lontane da sé narrazioni estremiste e/o semplicistiche. Di questi temi ha discusso anche durante l’assemblea pubblica Нет войне (“No alla guerra”), tenutasi sabato 23 aprile al Giardino di Scidà a Catania. Un intervento molto intenso nell’ambito della riunione organizzata da “I siciliani giovani” e “Arci Catania”, in collaborazione con la Rete “Catania No War” e diverse associazioni pacifiste, per dire stop alla guerra e alla “corsa agli armamenti” che rischia di trasformare gli eventi in Ucraina nel potenziale incipit di una disastrosa “Terza Guerra Mondiale”.

La testimonianza di Giovanni Savino

“Mi sono trovato in questa situazione: insegnando e occupandomi di storia contemporanea, gli studenti mi hanno chiesto cosa pensassi di quello che stava accadendo. Non ho pensato neanche per un attimo di sottrarmi alla domanda. Ho detto che la guerra sarebbe stata una catastrofe per la Russia – prima che economica e sociale, culturale – perché le spinte alla disumanizzazione dell’altro, l’assenza di ogni possibilità di ragionamento e di dibattito democratico, il voler dimostrare di essere meglio dell’altro non possono che comportare qualcosa di orribile”, racconta Giovanni Savino.
“A causa di questa mia posizione e anche a causa del fatto che in Russia è vietato chiamare la guerra con il proprio nome – cioè guerra – ho dovuto intraprendere questa sorta di ‘fuga’ dalla Russia”. Una scelta sofferta per una persona che sulla Russia, sulla sua storia e sulla sua incredibile cultura ha costruito gran parte della propria vita professionale e personale.

“La Russia non è un monolite”: il fronte antiguerra

Giovanni Savino non è certo l’unico a non appoggiare “l’operazione speciale” in Ucraina. Non è possibile attribuire a tutti i russi le atrocità vissute dalla popolazione ucraina, così come non si può pensare che la Russia intera supporti con entusiasmo le azioni di Putin e dei suoi collaboratori.
“Quello che desidero dire a gran voce è che non bisogna pensare che la Russia sia un monolite. Questo non vuol dire che Putin domani o dopodomani non ci sarà più, ma che in Russia tanta gente e tanta cultura è contro questa operazione. Ed è giusto dirlo”, dichiara lo storico italiano.
Nel corso del suo intervento, Savino ha dedicato uno spazio proprio ai “disertori” russi (e ucraini). Si tratta di un gruppo che esiste ma che non trova spazio nelle narrazioni russo-fobiche del conflitto né nella stampa rigorosamente putiniana: “Dei disertori russi si parla poco, anche nella stampa indipendente russa. I russi e gli ucraini sono due popoli completamente compenetrati dal punto di vista culturale, con una forte affinità linguistica. Soprattutto, bisogna ricordare che ci sono milioni di persone che hanno parenti sia in Ucraina che in Russia. Questo dato ha un effetto sulla gente: avallare questa guerra, per molti, può voler dire andare a sparare sui propri parenti, sia da un lato che dall’altro. E naturalmente è inaccettabile”.

La legge contro le “fake news” e la propaganda per la delazione

I “disertori” ci sono, ma non hanno vita facile in Russia o altrove. Chi ostacola la narrazione/propaganda russa voluta da Putin sull’operazione Ucraina rischia multe e perfino la prigione (fino a 15 anni di carcere). È una conseguenza più o meno diretta della nuova legge contro le fake news e il vilipendio delle forze armate approvata dal Cremlino lo scorso 4 marzo.
A meno di due mesi dall’approvazione, in Russia risultano già 998 casi e più di 700 siti bloccati. Numeri destinati a crescere. Alla legge bisogna poi accostare la propaganda a favore della delazione. Un danno immenso soprattutto per accademici e studenti russi, tra i primi a essere stati “isolati” dopo l’inizio del conflitto Russia-Ucraina lo scorso 24 febbraio.

I disertori “di serie B”: le difficoltà per i russi in fuga

Chi tenta di fuggire dalla Russia per ragioni politiche (come il mancato supporto alle operazioni in Ucraina) vive momenti di difficoltà. Molti lasciano la Russia e raggiungono Paesi come Georgia, Armenia e territori dell’Asia centrale. Raggiungere territori europei e ottenere un supporto dignitoso, invece, è quasi una missione impossibile: “Per i russi non è un momento facile”, spiega Giovanni Savino sottolineando come si sia creato negli ultimi due mesi “un fronte antirusso più che anti-Putin o anti-guerra”.
Il professore universitario spiega alcune delle difficoltà affrontate da chi – contrario/a alla guerra – tenta di superare i confini russi: carte non funzionanti, conti negati a causa di sospetti legami con gli oligarchi russi, permessi di soggiorno non accordati, accuse per un conflitto mai voluto o supportato.
Come agire e dimostrare che esiste un’altra Russia che di armi e conflitti non vuol sentire parlare? Il “treno” della violenza e del nazionalismo estremo è già partito e avviato in Russia (ma anche, pare, in Ucraina) e non è stato fermato in tempo. È però importante agire per la pace e garantire ai disertori di guerra una vita dignitosa. “Sono 3 le azioni da intraprendere in questo senso”, spiega Giovanni Savino.
1. Provare a garantire dei canali per coloro che lasciano la Russia per ragioni politiche;
2. Garantire l’accesso al permesso di soggiorno in maniera facilitata;
3. Promuovere la cultura russa, anche perché “la cultura russa è particolare in quanto nasce in tutte le sue sfaccettature sempre in contrapposizione al potere e questo tipo di cultura non si può ‘regalare’ a Putin”.
Lo spettro della guerra nucleare dall’Ucraina alla Sicilia

“Non penso che il mondo possa tornare a come era prima del 24 febbraio. Studiando la svolta nazional-imperialista di Putin ho capito una cosa: Putin non bleffa, quello che dice fa. È importante per lui restituire il ruolo di grande potenza alla Russia, costi quel che costi”, spiega Giovanni Savino.
Quale possa essere il costo di questa “missione” è abbastanza evidente: sangue, atrocità, perfino il rischio di una “catastrofe del nucleare”. E se l’Ucraina teme di essere il primo target di un eventuale attacco nucleare (che si spera di non vedere mai diventare realtà), il resto del mondo non può ritenersi al sicuro. Un obiettivo importante per Putin, infatti, potrebbero essere le numerose basi NATO esistenti e in Italia ce ne sono, in Sicilia e a Napoli per esempio.
Rispondere a questa situazione con l’invio di armi (più volte invocato dal presidente ucraino Zelensky) non è la soluzione per fermare un “treno” in corsa che rischia di travolgere l’umanità intera. “La logica dello scontro frontale probabilmente non ci serve. Dobbiamo fare in modo che chi ha cominciato questa guerra si senta isolato e delegittimato anche a scagliare il primo colpo”, spiega Savino.

Disarmo e isolamento come soluzioni alla deriva bellicista

Una posizione sposata, naturalmente, da tutti i presenti all’assemblea “No alla guerra” a Catania. “No armi, ma cibo e aiuti umanitari” e “verità per gli obiettori di coscienza russi e ucraini, una voce molto importante contro la narrazione bellica”: questo serve secondo Mao Valpiana, presidente nazionale del Movimento Nonviolento e protagonista della manifestazione per la pace di Leopoli in Ucraina.
“Bisogna smettere di vendere armi e uscire dai format della narrazione dominante. L’azione diretta non violenta è la soluzione”, è l’opinione di Carlo Gubitosa di PeaceLink.

L’azione diretta non violenta inizia sicuramente con l’informazione corretta sul conflitto, che non può e non deve lasciarsi sedurre da narrazioni estremiste (di qualsiasi tipo) o da semplificazioni eccessive. Non si tratta di un semplice scontro “Putin VS NATO”, né della guerra di un popolo intero contro un altro. “L’impero del male non viene solo da una parte”, come ha affermato Alfonso Distefano del Coordinamento “Catania NO War”, e bisogna comprenderlo per evitare che il mondo entri in una logica bellicista distruttiva.

“Può esistere un modo di vedere le cose differente, un tentativo di riportare la complessità della realtà all’interno di questa semplificazione e disumanizzazione dell’altro a cui stiamo assistendo”, dice Elena Maiorana (“Donne di Classe”). Sono parole che ricordano al mondo che non si può rimanere distaccati e che invitano a dare spazio a storie come quelle di Giovanni Savino, dei rifugiati dai Paesi coinvolti nel conflitto (o meglio nei conflitti, visto che di guerre ce ne sono ancora troppe al mondo) e di chi cerca di riportare la pace in un mondo sempre più incline all’odio.

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