Scherma, Garozzo dopo Tokyo 2020, "Non mi raccontano come merito" - QdS

Scherma, Garozzo dopo Tokyo 2020, “Non mi raccontano come merito”

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Scherma, Garozzo dopo Tokyo 2020, “Non mi raccontano come merito”

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giovedì 09 Settembre 2021

I suoi fan credevano nella riconferma della medaglia d'oro vinta a Rio. Invece ha portato a casa "solo un argento", impresa mai riuscita in Italia dal Dopoguerra. L'intervista di QdS.it all'atleta

Per Daniele Garozzo le Olimpiadi di Tokyo saranno sempre ricordate con un misto di delusione e orgoglio. L’atleta delle Fiamme gialle ha conquistato la medaglia d’argento nel fioretto, la sua specialità, ma allo stesso tempo ha disatteso quanti credevano nella riconferma della medaglia d’oro vinta a Giochi olimpici di Rio che lo ha consegnato alla storia della scherma italiana come lo schermidore che dopo vent’anni ha riportato il fioretto in cima.

LA DELUSIONE DELL’ATLETA, NONOSTANTE IL SUCCESSO

Ritornato in Italia, Garozzo ha affidato a un post su Instagram i suoi pensieri. Ha condiviso la foto delle due medaglie olimpiche e ha scritto: “Due medaglie individuali in due edizioni consecutive dei Giochi.
Quest’ultima stupenda medaglia è stata definita da molti ‘solo un argento’. Solo un argento. Che da atleta sia deluso, alla fine di una gara olimpica, da una medaglia d’argento è, aldilà di ogni retorica, ovvio.

Ma dopo la delusione resta l’orgoglio di aver compiuto un’impresa sportiva che, nella storia della mia specialità, era riuscita a soli 2 italiani e a nessuno dal Dopoguerra. Scusate se parlo di me, ma non mi abbandona la sensazione che i risultati di noi schermidori vengano dati per scontati.
Se arrivano le medaglie d’oro: ‘Hai fatto il tuo’; se arrivi secondo: ‘Bravino ma…’. Penso che la scherma abbia dato tanto all’Italia, anche in questa edizione meno brillante del solito, e mi chiedo: quale sarà il giorno in cui i campioni del mio sport verranno raccontati come meritano?”. Lo schermidore siciliano ha parlato ai microfoni di QdS.it.

L’INTERVISTA

Daniele, tornato ad Acireale, ha scritto su Instagram pensieri e riflessioni, sottolineando come avessero parlato della medaglia come di un “Solo argento…”

“Purtroppo è passato il messaggio che partecipare a un’olimpiade fosse scontato, soprattutto per noi della scherma oggi o arrivi alla vittoria o è una delusione. Credosia ingiusto e incompleto il racconto così. Dipende da come arriva quell’argento, dal percorso che si fa. È un insieme di cose che rendono quella medaglia molto speciale. Quantomeno per me e per altre persone.

Molti giornalisti sono stati molto duri con me sotto questo aspetto. Per questo c’è stata della tristezza rispetto a quel post e a quel che è stata la medaglia, anche se so bene il lavoro che c’è stato dietro e di questo ne vado molto orgoglioso. A volte, il messaggio che passa o comunque quello che vale per gli altri lo decidono i media. È passata come una sconfitta e questo mi è dispiaciuto”.

Nel post si chiede anche: “Quale sarà il giorno in cui i campioni del mio sport verranno raccontati come meritano”.Proviamo a raccontare come sono stati i cinque anni precedenti ai Giochi olimpici?

“Per quel che riguarda la mia provocazione nel post, mi riferivo a quando noi atleti della scherma verremo raccontati non solo il giorno in cui si prende una medaglia d’oro alle Olimpiadi in maniera positiva. Altrimenti veniamo raccontati come ‘delusione scherma’ o anche senza nomi, in via generica. La mia provocazione è rivolta a questo.

Sono stati anni molto lunghi. Dopo l’Olimpiade di Rio andata così bene, all’inizio c’è stato appagamento. Mi sono scaricato di energie e di cose accumulate da una vita in pedana per riuscire a raggiungere quell’obiettivo, anche così presto (nda. 24 anni). Sintetizzare cinque anni in poche battute è veramente impossibile. In questi anni ci sono state tante sconfitte che mi hanno permesso di essere lì a Tokyo al meglio della forma e mi hanno insegnato come ancora una volta cercare di rialzarsi possa essere il modo migliore per affrontare la pedana e anche la vita in generale”.

Parla delle sconfitte, cosa le hanno insegnato?

“In via assoluta, con il lavoro fatto con la psicologa, ho cambiato molto il mio modo di affrontare sia le gare sia le vittorie e le sconfitte. Prima, da ragazzino, ogni sconfitta era una tragedia. Non riuscivo a farne buon uso. Da molti anni a questa parte, come dicevo, la vittoria non è più la destinazione. È più un mezzo per dare il meglio di sè. È una bussola che mi guida alla vittoria. Tramite quella direzione, io cerco di dare il massimo ogni giorno ed è questo l’obiettivo finale”.

In questi quattro anni che sono diventati cinque, è subentrata la pandemia. Ha influito nella preparazione o nell’approccio alla gara olimpica?

“Non ho avuto particolari problemi sotto questo aspetto. Ho posticipato di un anno la preparazione fatta. Per il resto, tutto è filato liscio. È chiaro che dal momento in cui è scoppiata la pandemia alle Olimpiadi, avevamo fatto solo tre gare. Normalmente in un anno ne facciamo venti. Questo ha influito sulla prestazione perchè ovviamente fare gare abitua a farne altre, prendi il ritmo. Ciò non è stato possibile a causa della situazione che stiamo vivendo e ci siamo adattati a quello che avevamo”.

Ritornando alla gara olimpica, oggi col senno di poi, cosa non è andato?

“Per la gara individuale, forse in quel momento lì avrei potuto rallentare l’assalto, visto che avevo i crampi, anzichè fare un assalto breve, di lotta quasi. Per quanto riguarda la gara a squadre, poteva essere fatto qualcosa da parte di tutto il team. Non è andata così e quindi bisogna guardare subito avanti alle gare prossime”.

Ha detto che la scherma si racconta solo quando arrivano medaglie, ma quali sono i sacrifici dietro alla vittoria?

“Ce ne sono stati tantissimi in questi anni. Il più grande sacrificio è essere andato via di casa da solo a 18 anni e aver completato la scuola da solo a Frascati, lontano da Acireale, la mia città.
Frascati mi ha accolto come una seconda casa, è stato bello, ma allo stesso tempo molto pesante”.

Non solo campione olimpico, ma anche insegnante di scherma con il progetto Future Champions Camp. Quali sono le qualità da avere per tirare di scherma?

“Non ci sono qualità che bisogna avere. Basta la voglia di divertirsi e di giocare. Io quando sono al Future Champions Camp cerco di farli divertire e di fargli conoscere il nostro mondo. Sono tutti già ragazzi che fanno scherma e hanno voglia di mettersi in gioco e di imparare qualcosa. Cerchiamo di essere leggeri nell’insegnamento e fargli capire che la scherma è uno sport bellissimo dove bisogna divertirsi e dare il meglio di sè per migliorarsi”.

Ho visto che ha una sorta di piano B. È studente di Medicina e prossimo alla laurea. Cosa le piace?

“Molte cose. È un sogno a cui non volevo rinunciare. Sapevo già che la carriera sportiva sarebbe terminata prima o poi e dopo avrei potuto proseguire con qualcos’altro. Non vedevo altra professione che mi gratificasse di più quale quella del medico. Riuscire a guadagnarsi da vivere prendendosi cura della salute delle persone è una cosa che mi piaceva e mi piace molto tuttora”.

Nel post iniziale di cui abbiamo parlato, un particolare del duomo di Acireale fa da sfondo alle medaglie, riconoscibile anche se sfocato. È andato via prestissimo dalla sua città, ma dai suoi canali social e da come vive la Sicilia sembra che lei non sia mai andato via…

“Si si, è vero. Sono molto legato alla mia città. Nonostante siano dodici anni che manco, Acireale sarà sempre la mia città, la mia casa. La mia famiglia, i miei amici, le mie origini sono lì.Quando mi chiedono di dove sono, io rispondo sempre di Acireale”.

Progetti futuri?

“Questo mese ho ricominciato ad allenarmi e adesso vedremo il da farsi. Ripartiremo lentamente, anche perchè causa pandemia i calendari delle gare sono sempre molto altalenanti e variabili. Vedremo, nel frattempo continuo a studiare per laurearmi a marzo”.

E Parigi 2024?

“Vediamo…inizio ad allenarmi. Non faccio progetti a lungo termine”.

Sandy Sciuto

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