Sharm, COP27 alla ricerca dell’Arca - QdS

Sharm, COP27 alla ricerca dell’Arca

Carlo Alberto Tregua

Sharm, COP27 alla ricerca dell’Arca

mercoledì 09 Novembre 2022

Produrre energia dall’energia

I Grandi della Terra si riuniscono per la ventisettesima volta a Sharm El Sheikh in occasion della prossima COP (Conference of Parties) con il tentativo di giungere a qualche soluzione concreta, al di là delle vuote chiacchiere che hanno concluso i lavori delle ventisei precedenti riunioni.

La questione sul tappeto è molto chiara e riguarda un cambiamento radicale nell’uso dell’energia in tutto il Pianeta, per evitare che le emissioni antropiche erodano la calotta atmosferica.
Quest’ultima protegge gli esseri viventi dai raggi solari, filtrati dalla stessa che li fa arrivare sulla Terra a una cinquantina di gradi. Senza di essa le temperature sarebbero così fredde da impedire la vita sul nostro Pianeta.

Perché la calotta continui a esercitare la sua funzione di filtro, occorre che non cambi il suo spessore. Affinché questo avvenga, è necessario che l’inquinamento diminuisca fortemente e, per fare ciò, bisogna diminuire moltissimo l’uso dei carburanti fossili per sostituirli con fonti di energia rinnovabile.

Le energie non fossili sono tante: eolica, solare, idrica, idrogeno, geotermica e altre.
La domanda conseguente è: perché, dunque, l’umanità si intestardisce a usare materiali inquinanti al posto di quelli non inquinanti? La risposta è semplice e riguarda i costi di produzione dell’energia stessa. Questi sono molto bassi quando la materia prima è il petrolio o il carbone e molto più alti quando si utilizzano altre fonti.

C’è un altro problema dell’inquinamento e quindi dell’assottigliamento della calotta terrestre, e riguarda il continuo accumulo di CO2, che è la risultante anche dei processi di produzione di energia.
Ora, di per sé la CO2 è energia, dunque perché non si la utilizza? Perché per produrre energia dall’anidride carbonica occorre più energia: il cosiddetto gap energetico. Ma la ricerca continua in questo versante e sta portando via via a dei processi che hanno bisogno di minore energia, quantitativa e in termini di valore. Quando si arriverà a questo risultato si potrà attingere a quell’immenso serbatoio che è la CO2 esistente nell’atmosfera.

Per la verità vi sono già impianti che producono energia dalla CO2, ma ancora sono di modesta entità.
Vi è un altro filone per produrre energia pulita: il nucleare da fusione. Significa che il processo utilizza come materia prima l’acqua marina, non inquinante, e inoltre gli impianti durano a tempo indeterminato e le scorie si ripongono in enormi magazzini blindati a molta profondità che non potranno così inquinare.
Ma, c’è un ma. Per costruire impianti di questo genere ci vogliono almeno dieci anni, cosicché questa soluzione adottata oggi potrà dare sollievo oltre il 2030.
A Sharm, i “Grandi” dovrebbero vedere intanto come impostare le produzioni per trovare soluzioni a breve termine.
Una soluzione da mettere in campo sarebbe quella di “lastricare” il Sahara con pannelli solari e impiantare pale eoliche, perché in quel territorio, oltre al caldo cocente, c’è anche il vento potente del deserto.
L’energia così prodotta in quantità enorme potrebbe essere canalizzata attraverso il Mediterraneo, arrivare in Italia, che potrebbe diventare un hub europeo, perché farebbe passare il tutto per poi distribuirlo nei Paesi del Vecchio Continente.

Dunque, il nostro Paese avrebbe interesse a partecipare con le proprie imprese pubbliche e private a questa iniziativa (“Desertec”), a cui aderiscono numerosi Paesi del Nord Africa e del Medio-Oriente.
Occorre quindi un’iniziativa a livello europeo per mettere d’accordo questi Paesi e anche quelli di transito dell’energia, come Algeria, Tunisia e Marocco, e, se la Libia trovasse un assetto politico stabile, anche attraverso quel Paese.

Non solo l’immenso impianto indicato darebbe sollievo all’Italia e all’Europa, ma anche ai Paesi del Nord Africa, perché la produzione di energia nel Sahara e il relativo trasporto lascerebbero sul transito delle fette economiche che darebbero ricchezza e lavoro a quelle popolazioni.
A Sharm El Sheikh si metteranno sul campo soluzioni concrete o si andrà alla ricerca dell’araba fenice? Ai posteri l’ardua sentenza.

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