Sì alla Repubblica presidenziale, un presidente come Macron, Putin e Trump - QdS

Sì alla Repubblica presidenziale, un presidente come Macron, Putin e Trump

Carlo Alberto Tregua

Sì alla Repubblica presidenziale, un presidente come Macron, Putin e Trump

venerdì 15 Novembre 2019

I padri costituenti che scrissero un’ottima Carta costituzionale, in quel momento (70 anni orsono) erano fortemente influenzati sia dalla guerra che dal Ventennio fascista, nel corso del quale si erano verificate aberrazioni di ogni tipo.
La conseguenza fu che l’unica alternativa presa in considerazione fu la democrazia parlamentare, ovvero l’elezione dei vertici della Repubblica e del Governo effettuata dai parlamentari in secondo grado, e questi ultimi eletti direttamente dal popolo.
Questo impianto significava che i cittadini davano una delega a chi ritenevano fossero meritevoli di rappresentarli e poi i delegati avrebbero provveduto a eleggere il Presidente della Repubblica e a dare la fiducia al Governo, nominato da quest’ultimo, su indicazione del Parlamento.
Questo è l’impianto che dura da allora ed è ancora vigente. Ma con il tempo l’impalcatura ha dimostrato di non essere più efficace perché, per il primo quarantennio, i governi mediamente duravano meno di un anno e dopo non è andata meglio.

Ricordate i tempi del Pentapartito, del Quadripartito e poi delle convergenze parallele, il coinvolgimento non apparente ma sostanziale del Pci e via enumerando?
Per un certo periodo, i presidenti del Consiglio furono quasi tutti democristiani, poi riuscirono a diventarlo un repubblicano, Giovanni Spadolini (che rappresentava il 3% dei voti), e anche un socialista, Bettino Craxi (che rappresentava circa il 13% dei voti).
L’avvicendarsi continuo dei Governi non ha mai consentito di mettere in campo piani poliennali, perché ogni presidente del Consiglio che arrivava non sempre seguiva la linea politica del suo predecessore.
In questi ultimi venticinque anni neanche la legge elettorale maggioritaria ha risolto il problema, per quanto i tempi di permanenza del medesimo governo sono nettamente aumentati.
Le leggi elettorali sono cambiate, dal Mattarellum al Rosatellum, ma ancora oggi vi è il pernicioso risultato che non consente di capire chi abbia vinto le elezioni la sera della domenica, in cui la tornata di svolge.
La situazione politica diventa sempre più insostenibile ed è arrivato il momento di cambiare il meccanismo.
Beninteso non si tratta di approvare una ulteriore legge elettorale, più o meno maggioritaria, ma di sostituire quella per l’elezione del Presidente della Repubblica.
In questi settant’anni vi sono stati personaggi carismatici e mezze figure. Tuttavia non si può affidare il Paese alla fortuna che venga eletta una personalità. Perciò occorre cambiare il meccanismo costituzionale e procedere alla elezione del Presidente della Repubblica da parte di tutti i cittadini, come accade in Francia, ormai dal 1958 (riforma De Gaulle dalla IV alla V Repubblica), in Russia, dopo la caduta del Muro di Berlino (1989), e negli Stati Uniti con la Costituzione del 1789 con l’elezione del primo presidente George Washington.
Cosicché oggi i tre Paesi sono guidati rispettivamente da Emmanuel Macron, Vladimir Putin e Donald Trump. I citadini francesi, russi e nordamericani sanno con chi prendersela quando le cose non vanno e chi approvare quando tutto funziona. Una chiarezza indispensabile per una vera Democrazia.

Non sappiamo se l’attuale classe politica italiana sia nelle condizioni di dare un colpo di reni e procedere alla citata riforma costituzionale di tipo presidenziale. E ciò perché essa è modesta sul piano culturale, delle competenze e sulla capacità di guardare lontano e cioè lavorare per il futuro, quello dei giovani, piuttosto che per il presente. Non sappiamo se questi uomini politici, di tutti i livelli, siano egoisti o altruisti: propendiamo per la prima ipotesi.
Da qui l’incapacità e la pochezza di fare opere strutturali è evidente. Citiamo per tutti due casi: il Mose di Venezia, sommersa in questi giorni da centonovanta centimetri d’acqua con danni enormi alla Basilica San Marco. Ebbene la Laguna doveva essere protetta dalle 78 paratoie del Mose, il cui impianto è costato fino ad oggi 6 miliardi a partire dalla legge istitutiva del 1984 fino alla costruzione del 2003. Ma in 16 anni non è stato ancora completato.
Il secondo caso riguarda il Ponte sullo Stretto che costerebbe solo 3 miliardi e vivificherebbe tutto il Sud Italia, Sicilia compresa. Ma gli incompetenti dicono di “No”, senza alternative.

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