Sicilia, la politica ha capito che il “nuovo” sono le donne - QdS

Sicilia, la politica ha capito che il “nuovo” sono le donne

Raffaella Pessina

Sicilia, la politica ha capito che il “nuovo” sono le donne

sabato 02 Luglio 2022


Chinnici e Floridia, la corsa alle Regionali si tinge di rosa: finalmente

La notizia ieri era sulle prime pagine di tutti i giornali: è la senatrice messinese Barbara Floridia, attuale Sottosegretaria di Stato al ministero dell’Istruzione, la candidata del MoVimento 5 Stelle per le primarie del fronte progressista, che serviranno ad individuare il candidato della coalizione nella corsa alla presidenza della Regione Sicilia.

Il fatto è stato immediatamente interpretato come una chiara “sfida” agli altri partiti, e c’è già chi scommette che anche in altre compagini politiche penseranno a candidare una donna alla poltrona di Presidente della Regione siciliana mentre, probabilmente, sono rimasti in pochi coloro i quali vedono nella scelta pentastellata solo una provocazione.

Di fatto, è questo il cambio di passo che si attendeva da tempo per superare una stasi politica con crisi e scissioni all’interno dei partiti, che hanno prodotto come unico risultato la misera affluenza alle urne.

Il Quotidiano di Sicilia aveva intuito una soluzione già lo scorso anno, nel mese di maggio, quando ha raccolto e rilanciato la proposta della deputata regionale pentastellata José Marano che, a quel tempo, aveva tutto il sapore di una provocazione: “Solo quando avremo alla guida della Regione siciliana una donna, potremo cominciare a parlare di cambiamento della nostra isola”, aveva spiegato Marano al QdS.

Il nostro Quotidiano ha subito raccolto l’appello, condiviso l’idea sposandone la causa e ha sottoposto a quel tempo la stessa domanda a tutti i partiti presenti all’Ars: “Siete favorevoli o no a candidare una donna alla presidenza della Regione?”.
Ecco alcune risposte tra cui quella dell’allora portavoce del M5S all’Ars Giovanni Di Caro: “Se ci sarà una candidata donna che ben venga, ma se il candidato sarà un uomo andrà bene lo stesso. Per noi il genere non è una condizione che implica o non implica una candidatura. Nello specifico, dunque, secondo me non si devono operare forzature. All’interno del M5s le donne le abbiamo sempre candidate e sono state sempre elette al pari degli uomini e non hanno mai avuto corsie preferenziali”. Sergio Tancredi di Attiva Sicilia si era detto d’accordo alla candidata donna, ma senza dimenticare le logiche di partito che pretendono una figura vincente uomo o donna che sia. Favorevole ad una presidentessa, ma solo dopo il secondo mandato a Musumeci, si è detto Giorgio Assenza di DB. “Non abbiamo affrontato la questione – ha detto il capogruppo del Pd Giuseppe Lupo, aggirando la risposta – diamo priorità alla lotta al Coronavirus”.

Oggi il Pd punta tutto su Caterina Chinnici alle primarie del centrosinistra. Ovviamente favorevole alla proposta Eleonora Lo Curto, capogruppo Udc all’Ars, per la quale si è già perso tempo, perché dovrebbe essere naturale e non una fatto eccezionale candidare una donna a governatore e forse non le sarebbe dispiaciuto essere tra le papabili. Oggi anche il centrodestra fa qualche nome al femminile, tra cui vi sarebbe quello di Patrizia Monterosso, presidente della Fondazione Federico II e anche quello di Barbara Cittadini, moglie dell’ex deputato Dore Misuraca. “Riguardo al nuovo presidente della Regione – ha dichiarato Gianfranco Miccichè, che è sì presidente dell’Ars, ma soprattutto figura di riferimento di Forza Italia – ci sono tre cose che non si sono mai verificate, e una o due di queste dovremmo provare a prevederle: non è mai stato di Forza Italia, non è mai stato palermitano, non è mai stato una donna. E questo non è normale. Io lavoro su questi tre punti”. Tirando le somme, se una anno fa, quando il Quotidiano di Sicilia aveva fatto da cassa di risonanza per la proposta di Marano, le reazioni erano state tiepide, oggi i partiti fanno a gara per tirare fuori il Jolly della donna da far eleggere a presidentessa della Regione. Giova ricordare che secondo l’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (Eige), solo una donna su quattro guida una formazione politica (26,1% del totale). Nel nostro Paese, si arriva al 28,6%, . Ma la parità di genere è ancora un miraggio.

Raffaella Pessina

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