Sindaci siciliani e Social, connessi e contenti. Occhio agli scivoloni sul palcoscenico del web - QdS

Sindaci siciliani e Social, connessi e contenti. Occhio agli scivoloni sul palcoscenico del web

Valeria Arena

Sindaci siciliani e Social, connessi e contenti. Occhio agli scivoloni sul palcoscenico del web

venerdì 28 Febbraio 2020

Il modo di dialogare con i cittadini è cambiato. Uno sguardo a come si comportano i nostri amministratori. Il messinese Cateno De Luca il primo cittadino più social dell'Isola, “Mi sono adeguato ai tempi”. Il sociologo Francesco Pira, "la realtà cambia repentinamente e bisogna che i cittadini recuperino la loro responsabilità"

PALERMO – Va a Cateno De Luca la fascia di sindaco più social della Sicilia. Un risultato scontato se consideriamo che nessun altro primo cittadino ancora in carica ha tracciato la sua figura in rete con la stessa impetuosità e costanza dell’attuale sindaco di Messina.

In De Luca, infatti, si fondono tutti gli aspetti che la politica contemporanea ha inglobato e fatti suoi, ossia spettacolarizzazione e volontà di comunicare direttamente con gli elettori bypassando e contrastando i tradizionali mezzi di comunicazione. Alla tregua di Trump e Salvini, l’ex deputato dell’Ars usa i social per nobilitare la propria figura pubblica (anche quando si tratta di questioni giudiziarie) attaccare i nemici, proseguire la sua perenne campagna elettorale e annunciare azioni e iniziative in qualità di amministratore locale.

Basti pensare alle dirette Facebook durante il periodo degli arresti domiciliari, il video in cui si filmò su una motocicletta nel suo ufficio per sponsorizzare un evento a due ruote a Messina o quando impersonò i panni di uno dei personaggi della serie tv “La casa di carta” nel bel mezzo di un normale controllo in un cantiere di lavoro nella villa pubblica di Quasimodo (per omaggiare quattro musicisti messinesi che avevano girato un video, a cui De Luca ha anche prestato il volto, sulla città con la colonna sonora della produzione Netflix).

Un’anima da showman che si è manifestata la prima volta nel dicembre 2007, prima dell’evento dei social, all’Assemblea regionale siciliana, dove diede vita a uno spogliarello con una Bibbia in mano per protesta contro Miccichè che lo aveva appena estromesso dalla Commissione Bilancio.

Insomma, un utilizzo dei social che a volta travalica il rigore istituzionale, come si vede chiaramente quando si confronta lo stile di De Luca con quello dei sindaci degli altri grandi Comuni siciliani. Leoluca Orlando, per esempio, vecchio lupo di mare della politica isolana e nazionale e figlio, rigorosamente per questioni anagrafiche, di un contesto politico, sociale e culturale differente, ha sempre mantenuto sul web toni più pacati. L’unica eccezione riguarda la battaglia personale contro Matteo Salvini, in particolare sul tema dei migranti, che proprio sui profili ufficiali ha trovato un fertile terreno di sfida. Per il resto, come accennato, l’uso delle piattaforme digitali da parte del sindaco di Palermo attiene alla sfera della comunicazione istituzionale tradizionale: comunicati, annunci relativi all’Amministrazione locale, ordinanze e pubblicizzazione di eventi pubblici. Il tutto in conformità con il profilo ufficiale del Comune.

Quest’ultima linea caratterizza anche Salvo Pogliese, attuale sindaco di Catania, Maurizio Dipietro, primo cittadino del Comune di Enna, Giuseppe Cassì, sindaco di Ragusa, e Lillo Firetto, eletto ad Agrigento ormai cinque anni fa e prossimo a una nuova sfida elettorale. Tutti e quattro, estremamente presenti sui social, usano i loro profili per promuovere la città di riferimento, i concittadini che primeggiano in varie discipline e settori e informare elettori e cittadini su iniziative portate avanti dall’Amministrazione locale, senza dimenticare ordinanze ed eventi pubblici.

Spicca, tra i sindaci rimasti fuori da questo elenco, Roberto Giambino, sindaco di Caltanissetta, in prima linea a difesa del Movimento 5 stelle, di cui è iscritto. Nel suo profilo pubblico, infatti, si susseguono numerosi post relativi alle iniziative e dei pentastellati a livello nazionale.

All’appello manca il sindaco di Siracusa, Francesco Italia, il primo cittadino più giovane, insieme a De Luca, tra quelli delle nove province siciliane. Italia, che possiede un profilo privato su Facebook, ha deciso di non renderlo né pubblico né istituzionale all’indomani della sua elezione. Al momento, infatti, tutte le comunicazioni ufficiali avvengono attraverso la pagina del Comune di Siracusa. Una scelta atipica per un giovane imprenditore prestato alla politica.

Caso a parte, invece, quello di Giacomo Tranchida, sindaco di Trapani, presente sul Facebook con un profilo personale poco aggiornato. Anche lui, infatti, lascia le comunicazioni ufficiali alla pagina del Comune.

Il sindaco di Messina, Cateno De Luca: “Mi sono adeguato ai tempi”

MESSINA – Il sindaco più social dei nove capoluoghi siciliani è senza dubbio Cateno De Luca, primo cittadino della Città dello Stretto, con il quale abbiamo voluto approfondire questa “passione” per i nuovi canali di comunicazione tramite il web.

Lei è uno dei sindaci che più utilizza i social network per comunicare. Perché questa scelta?
“Mi sono adeguato ai moderni mezzi di comunicazione. I social sono uno strumento soprattutto intergenerazionale e li utilizzo molto per arrivare ai giovani. Questo mi ha consentito di creare un rapporto con la città avvicinando tutti i cittadini al Palazzo. Non è un mezzo che adoro, sembra strano ma è così: sono stato quasi spinto a utilizzarli dal mio amico Danilo Lo Giudice (deputato Ars e sindaco di Santa Teresa Riva, nda) che nel 2013 mi ha creato un profilo. Da lì però ho scoperto la potenza di questi canali di comunicazione. A volte ne abuso, me ne rendo conto, tanto che ogni tanto sento la necessità si staccare e disintossicarmi. Forse anche perché curo personalmente i miei profili. E questo è anche il motivo per cui ogni tanto qualche strafalcione mi scappa, perché tra una riunione e l’altra mi capita spesso di scrivere dei post”.

Le sue iniziative sul web sono state spesso sopra le righe. Non crede che questo possa sminuire il suo ruolo istituzionale?
“Non credo di aver perso autorevolezza nell’ambito della comunità, quindi significa che è uno strumento talmente connaturato con la quotidianità, che al di là di quelle che sono le comunicazioni e la forma in sé, è considerato connesso alla mia attività. Ci sono addirittura dei piccoli appuntamenti quotidiani (il riferimento è all’agenda che ogni mattina il sindaco pubblica sui propri profili, nda) che se non rispetto quasi danno vita a una sorta di psicosi su cos’ha e dov’è finito il sindaco”.

Cosa possono offrire i social di positivo a un amministratore e qual è, invece, il loro aspetto negativo?
“Di positivo c’è l’autenticità, soprattutto se li utilizza il diretto interessato. Lo ripeto, però: è una cosa molto complicata e difficile da gestire, perché non ho nessun guru alle spalle e nessuna struttura che mi dice cosa pubblicare, come e quando. I social rappresentano la mia umoralità e, al netto di qualche strafalcione di tanto in tanto, fidelizzano chi mi segue, perché c’è la percezione di qualcosa di autentico. Di negativo c’è che qualche volta i messaggi vengono postati anche quando si è un po’ distratti. Una comunicazione fatta di getto, non ponderata, può creare un effetto boomerang. Magari con una squadra che lavora per te, che filtra e traduce le espressioni più forti, avrei evitato qualche passo falso. Ma il mio punto di forza resta la genuinità. Ho deciso di assumermi il rischio anche di queste conseguenze. D’altronde, essendo una persona molto diretta, ormai chi mi segue tende a perdonarmi a prescindere, ma non ne vorrei mai approfittare”.

Intervista a Francesco Pira, docente di Comunicazione e Giornalismo dell’Università di Messina

PALERMO – Per comprendere meglio il rapporto tra politica e social network abbiamo posto qualche domanda a Francesco Pira, professore di Comunicazione e Giornalismo del Dipartimento di Civiltà antiche e moderne dell’Università degli Studi di Messina.

Per la politica l’utilizzo dei social network è ormai diventato quasi necessario. Questo secondo lei rafforza o sminuisce il ruolo di chi utilizza questi canali?
“La parola chiave è disintermediazione. Oggi, infatti, la politica ha necessità di parlare direttamente con il suo pubblico, e uso la parola pubblico, invece di cittadini o elettori, non a caso, perché il processo di vetrinizzazione ha coinvolto molto anche la sfera politica. Ogni politico cerca di parlare al proprio pubblico utilizzando codici e linguaggi che sono appropriati al messaggio che si vuole veicolare. Emblematica è stata la formazione del nuovo Governo, quando i maggiori leader politici facevano determinati pronunciamenti sui social e poi avevano un comportamento completamente diverso nel momento in cui incontravano i giornalisti. Questo accade a cascata in tutte le realtà locali. L’aspetto della disintermediazione è importante. Oggi, se voglio far sapere qualcosa a un giornalista, la pubblico sul mio profilo o la invio su WhatsApp e bypasso tutti i vari canali istituzionali e tutti quei filtri che potevano essere utili per la politica. Noi pensiamo che la disintermediazione sia solo un fatto positivo, perché il politico o l’Amministratore parla direttamente agli elettori, ma parlare senza freni e inibizioni non sempre è positivo. Se pensiamo al rapporto tra sindaci e social, ci sono grossi problemi: è un rapporto che secondo me non sta funzionando alla luce del fatto che molto spesso gli inviti a incontrarsi e confrontarsi non hanno seguito. Quindi, da una parte abbiamo le contestazioni agli amministratori locali a mezzo social e dall’altra l’impossibilità di avere un vero confronto lontano dalle piattaforme digitali. E questo indebolisce il ruolo di cittadino socialmente responsabile, anche perché noi pensiamo ci sia un rapporto diretto tra consenso e partecipazione social e invece non è così”.

Eppure spesso capita che gli amministratori snobbino i canali istituzionali a favore dei social…
“Ogni volta che si parla di comunicazione politica e istituzionale c’è sempre un equivoco di fondo: si tenta sempre di educare soltanto i giornalisti, i comunicatori, i dirigenti e gli impiegati. Oggi la politica ha capito che si parla ai cittadini attraverso gli algoritmi. Perché dovrei confrontarmi con un giornalista quando posso tranquillamente affidarmi a un social network, che con pochi euro mi permette di veicolare il mio messaggio a cittadini che posso selezionare secondo determinati parametri. Dobbiamo prendere atto che i social esistono e che la politica sta comprendendo il valore di questi strumenti. Basti pensare per esempio all’arrivo di Salvini su Tiktok, che significa parlare a ragazzini che possono avere 16 anni e dunque tra due anni voteranno. Non più, quindi, solo la televisione, gli eventi pubblici, le manifestazioni, ma esiste tutto un mondo che si può raggiungere solo ed esclusivamente attraverso i social, un mondo non fatto soltanto di giovani, ma anche di persone di media e grande età”.

Ma questo non crea un clima di costante campagna elettorale?
“Noi siamo in permanent campaign, come dicono gli americani, da almeno vent’anni. Che questa campagna elettorale perenne abbia tra le preferenze degli italiani la televisione, i giornali o i social, cambia poco. Questo clima è pericolosissimo perché non abbiamo contezza delle grandi questioni: votiamo per l’Europa e parliamo dei problemi nazionali, votiamo per i sindaci e parliamo di immigrazione. Si crea una confusione di fondo che non fa bene all’elettorato, oltre ad amplificare il clima di propaganda. C’è differenza, infatti, tra propaganda e comunicazione politica: la prima tende all’indottrinamento, mentre la seconda a valorizzare l’interlocutore. Proprio in questi giorni a Roma stanno riscrivendo la legge 150 del 2000, quella sulla comunicazione pubblica, perché si è capito che, dopo 20 anni, non ha dato i risultati sperati e soprattutto che il contesto è ormai completamente stravolto”.

La percezione dei cittadini e il loro rapporto con la politica tramite i social, invece, li responsabilizza o li deresponsabilizza?
“I cittadini sono lontanissimi dalla politica e dalle istituzioni. Certo, ci sono dei tentativi, basti pensare alle Sardine o al ciclo che si è appena chiuso col Movimento 5 stelle, ma oggi i partiti non riescono più ad avere quell’appeal che avevano una volta. C’è una fortissima spinta sovranista e populista a livello mondiale. Tutto parte da due questioni di fondo: l’idea che ci hanno dato della globalizzazione, che poi si è tradotta in qualcosa di diverso, e l’idea che ci hanno dato della crisi economica, che poi si è tradotta in qualcosa di diverso. Continuiamo a criminalizzare i social pensando che siano il problema, ma il rapporto tra il politico e il cittadino sta scomparendo. Ho passato gli ultimi due anni della mia vita a studiare le fake news e posso dire in maniera molto netta che le fake news attaccano fortemente le istituzioni e la politica e che non sono bufale fatte da buontemponi, ma ci sono delle industrie molto precise e determinate e che cittadini non sanno distinguere una notizia falsa da una notizia vera. Se andiamo a studiare i dati statistici dell’ultima campagna elettorale delle Europee, posso dire che in Italia sono stati chiusi 23 mila profili falsi. Dov’è la credibilità della politica qui? Faccio un altro esempio: la Francia e la Germania hanno una legge di contrasto alle fake news e la Francia, prima delle Europee, ha lanciato una campagna attraverso i social per chiedere alla gente di andare a votare. Bene, il risultato è che Twitter non ha potuto postare la campagna perché gli algoritmi che aveva determinato per applicare la legge contro le fake news andavano in contratto con la compagna stessa. Da ciò si comprende che è molto complesso ragionare su quello che si può fare o non fare. C’è sicuramente un problema di gestione reale dei social: basti pensare che Zuckerberg pensava di dominare la vasta platea dei giovani con Instagram e adesso è arrivato Tiktok, che ha sconvolto tutto e sta iniziando a interessare anche la politica. Mentre i politici tentano di trovare nuove risposte, la realtà cambia repentinamente e bisogna che i cittadini recuperino la loro responsabilità. I social non servono per aggredire o mobilitare, ci vuole un ragionamento di responsabilità sociale. Bisogna partire dai più piccoli, spiegare cos’è l’emozione, anche in rete, e spiegare qual è l’uso consapevole delle nuove tecnologie. Noi non facciamo né l’uno né l’altro e confondiamo l’emozione con l’emotivismo e la possibilità di sfogarci in rete con l’uso corretto delle tecnologie”.


Il sindaco di Siracusa, Francesco Italia: “I social network strumenti fondamentali ma mai dimenticare il ruolo istituzionale”

SIRACUSA – Nella nostra analisi sui profili social dei sindaci siciliani abbiamo involontariamente fatto un torto al primo cittadino aretuseo, Francesco Italia. Abbiamo scritto che il sindaco di Siracusa utilizza soltanto il profilo Facebook del Comune e che il suo spazio web privato è utilizzato in minor misura e con poca frequenza. Ci è però colpevolmente sfuggito il profilo Francesco Italia sindaco, costantemente aggiornato dal vertice dell’Amministrazione aretusea.

Sindaco, in realtà lei è tra i più attivi sui social network. Il suo doppio profilo ci ha tratto in errore…

“Sì, ritengo i social network uno strumento indispensabile. Sono un sindaco che risponde personalmente alle domande dei cittadini sui profili istituzionali, tanto che ho attivato anche un numero WhatsApp personale, oltre a essere presente anche sulla chat comunale e una pagina su Instagram. Mantengo comunque un profilo privato, perché credo sia giusto separare la sfera personale da quella pubblica”.

A volte abbiamo assistito a qualche politico che, sui social, si è lasciato andare a uscite un po’ sopra le righe. Lei cosa pensa di questo trend?

“Personalmente, attraverso i canali social, penso soltanto a divulgare informazioni utili ai cittadini e in relazione a ogni settore di cui si occupa la mia Amministrazione. Faccio un esempio recentissimo, quello del Coronavirus: i social network sono stati utilizzati per veicolare notizie ufficiali e contrastare le fake news. Non ho gradito, per esempio, il video con la mascherina postato dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. Credo che iniziative di questo tipo non facciano altro che alimentare un clima di allarmismo immotivato. Ciò che mi guardo bene dal fare, soprattutto sui social network, è dimenticare di essere un pubblico ufficiale. Ognuno ha il suo stile, non voglio fare pagelle, ma certi comportamenti credo sia meglio evitarli”.

In che modo la presenza sui social aiuta la sua azione amministrativa?

“Viviamo in un momento storico in cui se non parli non esisti e se non posti sembra quasi che tu non stia facendo nulla. Non sono un fanatico del post a tutti i costi, ma è importante raccontare ai cittadini come si svolgono le attività dell’Amministrazione pubblica e come si sta lavorando. Ormai per il cittadino la fonte principale d’informazione sono social network e siti web. Ecco perché la tempestività è indispensabile, e i social aiutano a raggiungere nei tempi più brevi un pubblico vasto”.

Carmelo Lazzaro Danzuso

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