I sindaci siciliani alla fine di un anno drammatico, per ripartire servono idee chiare - QdS

I sindaci siciliani alla fine di un anno drammatico, per ripartire servono idee chiare

Carmelo Lazzaro Danzuso

I sindaci siciliani alla fine di un anno drammatico, per ripartire servono idee chiare

venerdì 24 Dicembre 2021

A Palermo, Catania e Messina situazioni diverse ma obiettivi comuni: rilanciare l’economia e l’occupazione

PALERMO – Destini incrociati ma diversi sono quelli che si apprestano a vivere i sindaci delle tre principali città della Sicilia, Palermo, Catania e Messina. Tutti hanno dovuto fare i conti con un anno che definire complicato è un eufemismo, profondamente segnato dalle conseguenze del Covid-19 e dei provvedimenti imposti per limitare il diffondersi della pandemia.

Conseguenze che non sono state soltanto sanitarie, ma anche economiche e sociali, connesse a una crisi che ha ferito soprattutto le fasce più deboli della popolazione, che hanno trovato nei Comuni di riferimento un supporto per affrontare questo momento così complicato. Tutto ciò ha avuto due principali percorsi: da un lato la necessità, da parte dei Municipi, di riversare risorse maggiori su aiuti destinati alle fasce deboli della popolazione; dall’altro una considerevole battuta d’arresto sul fronte della riscossione delle tasse locali, perché chi non era (e purtroppo in alcuni casi non è ancora) nelle condizioni per poter mettere un piatto caldo sul tavolo della propria famiglia, di certo non è nelle condizioni per pagare tasse e altro.

Un circolo vizioso, quello appena descritto, che ha pesato come un macigno sulla situazione economico-finanziaria degli Enti locali e in particolare di quelli siciliani, già da tempo alle prese con conti che non sempre tornavano. Anche per questo l’Anci Sicilia ha organizzato un’importante mobilitazione che è riuscita ad attirare l’attenzione del Governo nazionale, ma questa è un’altra storia, che vi racconteremo nel dettaglio molto presto.

Oggi, invece vogliamo concentrarci sul 2021 delle tre Città metropolitane e su come i sindaci Leoluca Orlando, Salvo Pogliese e Cateno De Luca hanno gestito le rispettive Amministrazioni, proiettandoci anche verso il futuro di Palermo, Catania e Messina. Un futuro che, come più volte detto, dovrebbe trovare nello sviluppo infrastrutturale quel fondamentale volano per il rilancio economico dei territori in questione. Anche su questo fronte, però, si continua a procedere a piccoli passi. Per varie ragioni.

A Palermo la fine della sindacatura Orlando può certamente essere definita turbolenta. La maggioranza del Professore è andata via via perdendo pezzi, lasciandolo in perenne contrasto con il Consiglio comunale. Anche per questo il Piano triennale delle opere pubbliche 2020/2022 è stato approvato in Aula soltanto poche settimane fa, tra l’altro con lo stop alla Linea A del tram, vessillo dell’Amministrazione. E poi c’è tutto l’aspetto economico-finanziario, con un Piano di rientro già finito sotto esame.

Anche a Catania – già in dissesto – non mancano certo le difficoltà. Le ultime settimane sono state caratterizzate da una grave crisi nella gestione dei rifiuti, ma il sindaco Pogliese è determinato ad andare avanti per la propria strada, tanto da confermare anche al nostro Forum la volontà di ricandidarsi nel 2023.

Pure Cateno De Luca si appresta a lasciare la poltrona di sindaco, ma per tentare la corsa alla Presidenza della Regione. Una sfida ardua per chi ha lasciato un segno nella propria città, ma per riuscire anche a livello regionale dovrà confrontarsi con uno scenario ben più complesso e frastagliato.

Orlando alla fine del proprio mandato tra bilanci in bilico e opere osteggiate

PALERMO – Un percorso a dir poco complesso, quello di Leoluca Orlando nel 2021. Non soltanto gli strascichi della pandemia, ma anche una maggioranza implosa e mai più ricomposta, con le conseguenti difficoltà di far passare in Consiglio comunale i provvedimenti presentati dalla Giunta.

Un esempio lampante di quanto appena descritto è l’iter infinito che ha interessato il Piano triennale delle opere pubbliche 2020/2022, approvato soltanto poche settimane fa dopo mesi di rinvii, tira e molla e polemiche politiche. Un’approvazione che è costata cara all’Amministrazione, con lo stralcio del progetto per la prosecuzione della linea A del tram come schiaffo all’Esecutivo. Un progetto che è subito rientrato nel Piano triennale 2021/2023 per evitare conseguenze per l’opera pubblica, ma tutto questo la dice lunga sulle difficoltà che anche nei mesi che restano della sindacatura attenderanno il primo cittadino e la sua squadra. Anche perché l’obiettivo, neanche tanto semplice, è scongiurare il dissesto finanziario.

I conti del Municipio sembrano arrivati a un punto di non ritorno e il default sembra praticamente inevitabile. Eppure l’Amministrazione sta tentando in tutti i modi di scongiurare questo percorso. Da qui la presentazione di un Piano di rientro che non avrà certamente un iter agevole in Consiglio comunale. Orlando, però, è stato chiaro: “Sono contro il partito del dissesto – ha detto – perché se si forma il partito del dissesto si fa un danno alle prossime Amministrazioni e non a me, che sarò andato via. Con la dichiarazione di dissesto le future Amministrazioni dovranno fare pagare ai cittadini, con manovre lacrime e sangue, ciò che invece si può fare approvando il Piano di riequilibrio”.

Dal tema dei conti a quello delle infrastrutture, il tram continua ad avere un posto in primo piano. Ma oltre alla linea A, rientrata dalla finestra nel Ptop, come detto, sono attese altre opere molto importanti: il recupero del Baglio Mercadante (10,3 milioni), la collocazione temporanea dei loculi al cimitero dei Rotoli (0,8), la riforestazione di Monte Pellegrino (5), i parcheggi di interscambio del tram Don Bosco (25,8), Francia (35,4), De Gasperi (40,8), Boiardo (19), Libertà (36,4), Ungheria (19,2) e Giulio Cesare (7,5).

Pogliese e un anno che sarà decisivo per decidere il futuro di Catania

CATANIA – Ha dovuto fare i conti, anche per colpe che non sono tutte da attribuire al Comune, questo è giusto ricordarlo, con un finale di 2021 assai complicato il sindaco di Catania Salvo Pogliese. Dalla crisi dei rifiuti al maltempo che ha devastato la città, le emergenze sono state praticamente all’ordine del giorno. Eppure il primo cittadino non si è perso d’animo, tanto da confermare al nostro Forum l’intenzione di presentarsi agli elettori chiedendo un secondo mandato alla guida del Municipio nel 2023.

Sul fronte dell’igiene urbana Pogliese ha assicurato importanti novità nei primi mesi del nuovo anno: entro marzo, infatti, tutti i cassonetti dovrebbero essere tolti dalle strade per coprire in questo modo tutta la città con la raccolta porta a porta. Una svolta che, secondo il primo cittadino, porterà rapidamente dei benefici, a patto però che i cittadini mostrino la loro collaborazione.

Tra le priorità del sindaco, poi, c’è una svolta sul fronte della mobilità sostenibile, all’interno di un disegno molto chiaro e ambizioso. “La grande svolta – ha detto sempre in occasione del Forum con il QdS – arriverà con il completamento della metropolitana, che avrà 40 km di linee e 36 fermate, da Adrano fino all’aeroporto. L’Università di Catania ha calcolato che passeremo da seicentomila passeggeri a sei milioni. Nel frattempo stiamo lavorando molto sulle linee del Brt (Bus rapid transit). Va dato merito all’Amts del grande lavoro che sta portando avanti sulla mobilità sostenibile, che comprende anche i servizi di car e bike sharing”.

Pogliese ha poi posto l’accento sugli stanziamenti in programma per l’area industriale (devasatata ancora una volta dal maltempo) e le possibilità di sviluppo in vista di importanti investimenti da parte di grandi società e multinazionali. Senza dimenticare l’arrivo di nuove forze nell’organico del Comune e il turismo con i suoi segnali di ripresa e gli ambiziosi obiettivi per i mesi a venire.

Tanta carne al fuoco, insomma, per un percorso che Pogliese vorrebbe seguire in prima persona continuando a guidare la città.

Baraccopoli, la vittoria di De Luca che adesso punta Palazzo d’Orleans

MESSINA – Tanto si può dire su Cateno De Luca, ma ciò che non si può negare è che in qualche modo, dopo anni di parziale immobilismo, sotto la sua sindacatura Messina sembra aver trovato una nuova strada, incamminandosi verso nuovi orizzonti.

Non sappiamo se il modus operandi del primo cittadino – sempre sopra le righe – abbia in qualche modo a che fare con quanto ottenuto in questi quattro anni, ma i risultati parlano chiaro. Il primo e il più importante – di cui abbiamo scritto anche ieri sul QdS – è senza dubbio quello conseguito sulle baraccopoli.

Quella che è stata per decenni una vergogna messinese finalmente sembra essere arrivata a un punto di svolta e a un processo di risanamento sociale, culturale e igienico sanitario atteso per troppo tempo. “Il risanamento delle 78 baraccopoli – ha detto De Luca in occasione del nostro Forum – che riguardano 2.200 famiglie e circa ottomila persone era il mio primo obiettivo e su questo ormai è tutto incardinato. C’è un cronoprogramma: entro due anni devono essere tutti fuori dalle baracche, entro tre anni la demolizione complessiva”. Sul piatto ci sono quattrocento milioni di euro, ottenuti anche grazie a un rinnovato interesse per la questione a livello nazionale.

Nonostante De Luca abbia già annunciato di voler concludere in anticipo il proprio mandato per candidarsi alla Presidenza della Regione, restano ancora degli obiettivi da raggiungere: in primis la creazione di un Digital innovation hub in collaborazione con l’Università di Messina (entro fine febbraio, come riferito da De Luca, “sarà fatta la gara d’appalto del primo lotto”) e l’iniziativa per la forestazione urbana. “Sono circa 40 milioni di euro – ha spiegato De Luca – che abbiamo inserito nella strategia del Pnrr, un’operazione che ci consentirà di fare risalire Messina nella classifica che la vede tra le ultime città d’Italia per spazi attrezzati a verde”.

In ogni caso in questi primi mesi del 2022 De Luca lascerà la poltrona di sindaco: l’obiettivo è fissato su Palazzo d’Orleans e De Luca si è detto pronto alla sfida, puntando tutto sulla sua “capacità di coinvolgere”.

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