Storia di un Giusto tra le nazioni - QdS

Storia di un Giusto tra le nazioni

Giuseppe Sciacca

Storia di un Giusto tra le nazioni

venerdì 13 Novembre 2020

Il papà di Piero Angela, Carlo, aiutò, a rischio della propria vita, molti ebrei durante la Shoah

Tra i personaggi più popolari e amati che il piccolo schermo ha per anni portato nelle nostre case vi è Piero Angela, giornalista e divulgatore scientifico che ha ideato e condotto la fortunata serie di Superquark e, come lui, il figlio Alberto Angela, il quale conduce con grande successo il programma di divulgazione culturale “Ulisse: il piacere della scoperta”.

Meno noto è invece Carlo Angela, papà di Piero e nonno di Alberto, che nel 2001 ricevette il riconoscimento, postumo, di Giusto tra le nazioni e a cui sia gli storici che i giornalisti sino a oggi non hanno prestato l’attenzione che merita, sebbene alcuni fatti eroici della sua vita abbiano risvolti a dir poco romanzeschi.

Nacque nel 1875 a Olcenengo, in provincia di Vercelli e conseguì nel 1899, nell’Università di Torino, la laurea in Medicina. Continuò i suoi studi di neuropsiachiatria a Parigi, dove oltre a un’accurata preparazione nella scienza medica acquisì una mentalità aperta e liberale.

Durante il primo conflitto mondiale fu ufficiale medico della Croce rossa italiana e alla fine della guerra divenne medico condotto, per alcuni anni, nel piccolo comune piemontese di Bognanco, posto nella valle che si apre alle spalle di Domodossola.

Affermatasi nel nostro Paese la dittatura, il medico Carlo Angela, dopo aver rinunciato agli incarichi anche politici che ricopriva, si trasferì a San Maurizio Canavese, paese a poche decine di chilometri da Torino, per assumere l’incarico di direttore sanitario della Casa di cura per malattie mentali Villa Turina Amione, luogo in cui durante l’occupazione tedesca, avvennero i fatti per i quali fu riconosciuto Giusto tra le nazioni. Erano gli anni difficili della Resistenza, della lotta partigiana agli occupanti nazisti, nonché della Repubblica sociale italiana, dei rastrellamenti e, per tanti, delle fughe tra le montagne.

Carlo Angela, incurante dei gravi pericoli a cui si esponeva, si adoperò, per anni ad accogliere e ospitare nella Casa di cura dove prestava la sua opera, tutti coloro che cercavano di sfuggire alla cattura delle forze nazifasciste, per i quali era sempre pronto a stilare una diagnosi falsa che ne giustificasse il ricovero, e per gli ebrei ai quali certificava anche l’appartenenza alla razza ariana. Decine e decine furono gli uomini e le donne che trovarono salvezza tra le mura di quella Casa di cura, dove ricevevano dal dottor Angela ogni attenzione e a cui veniva insegnato persino come comportarsi da malati mentali, giacché era sempre possibile qualche delazione che partisse dall’interno. Addirittura, alcuni ospiti furono costretti a subire cure non necessarie per non insospettire qualche infermiere meno fidato.

La mattina dell’11 febbraio del 1944, a seguito di un rastrellamento eseguito in paese, anche il dottor Angela venne arrestato e sarebbe finito fucilato come tutti gli altri catturati quel giorno, se non fosse, provvidenzialmente e inconsapevolmente, intervenuto in suo favore uno dei pazienti ricoverati nella clinica. Costui era il colonnello Carlo Robilant, ex segretario del partito fascista, che nel 1928 era stato costretto a dimettersi a causa di uno scandalo finanziario scoppiato nell’ente che gestiva e che intervenne nei confronti dei militari, per senso di gratitudine in favore del medico che lo curava.

L’opera eroica di Carlo Angela fu provvidenziale per i tanti ai quali salvò la vita, ma quel che meraviglia più di ogni altra cosa e che è essa fu condotta soltanto con l’aiuto di pochi fidati collaboratori, una suora e con la forza del suo immenso coraggio di uomo libero. Che la sua memoria sia una benedizione.

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