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Gli studenti dell’istituto “Pestalozzi” in viaggio nei quartieri poveri di Catania

redazione

Gli studenti dell’istituto “Pestalozzi” in viaggio nei quartieri poveri di Catania

giovedì 30 Novembre 2023

Le testimonianze del parroco della Chiesa Resurrezione del Signore a Librino, del presidente dell’associazione “San Vincenzo de’ Paoli” e del vicedirettore della Caritas

Le testimonianze del parroco della Chiesa Resurrezione del Signore a Librino, del presidente dell’associazione “San Vincenzo de’ Paoli” e del vicedirettore della Caritas.

Quando si guarda all’obiettivo 2 dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – il contrasto alla fame nel mondo – da una prospettiva siciliana, i dati sono allarmanti. Secondo le ultime statistiche dell’Istat, relative al 2022, in Sicilia il 18,8% delle famiglie e il 24% degli individui vivono in povertà (contro una media nazionale al 10,9% e del 14,8%).

Una situazione resa ancora più grave dalla diffusa disoccupazione, la cui conseguenza drammatica è che molte famiglie, troppe, si ritrovano a non poter disporre sulla tavola del minimo necessario per un pasto nutriente. Per comprendere meglio il fenomeno, un gruppo di noi studenti dell’Istituto Alberghiero Pestalozzi ha voluto incontrare alcune personalità di riferimento che si confrontano quotidianamente con la povertà nei quartieri catanesi più indigenti, aiutando chi è in difficoltà.

A Padre Duilio Melissa, parroco della chiesa Resurrezione del Signore a Librino, abbiamo chiesto se la povertà, e in particolare la fame, sia ancora un problema nel quartiere, e se la maggior parte dei bisognosi siano famiglie con bambini o singoli individui. Confermando quanto sopra, ci ha riferito che le famiglie con bambini soffrono molto. Ha sottolineato come alla fame si accompagnano spesso la povertà economica, quella sociale e quella culturale, che sono altrettanto gravi. Gli abbiamo chiesto come noi studenti possiamo supportarli. La sua risposta è stata che tutti possono fare qualcosa, in base alle proprie capacità, forze e risorse. Chi ha la possibilità economica, può certo aiutare con la condivisione della spesa, ma chi non può, deve sapere che anche un gesto di affetto o un gesto di accoglienza possono fare grandi cose.

Abbiamo poi sentito Domenico Costanzo, il presidente dell’associazione “San Vincenzo de’ Paoli”. Con lui abbiamo compreso come il fenomeno della povertà alimentare non riguardi solo i quartieri popolari. Al centro di Catania, da sempre, i Vincenziani aiutano i bisognosi nel quartiere San Cristoforo. Ma dal 2019 a oggi le richieste di beni di prima necessità sono aumentate esponenzialmente in tutta la città di Catania. Anche a causa del numero di stranieri. Se nel 2019 erano circa settanta le famiglie assistite, oggi sono circa duecentoquaranta, il che equivale a più o meno a settecento utenti. I recenti cambiamenti relativi all’accesso ai sussidi statali hanno portato a un incremento di circa cinquanta famiglie, e le richieste non riguardano solo l’aiuto alimentare.

Vi è bisogno di prodotti per l’infanzia, di medicinali, perfino di indumenti. Motivati dai suoi racconti ci siamo chiesti: se l’associazione sostiene i poveri, come si può sostenere l’associazione in questa sua missione? Abbiamo scoperto che spesso i ragazzi delle scuole aiutano con le collette di alimenti, ma che possono aiutare anche con donazioni di buoni, utili per comprare beni concreti, costosi e indispensabili, come materiali scolastici, ma anche occhiali da vista, o capi di abbigliamento e scarpe.

Infine abbiamo voluto ascoltare colui che qui a Catania assiste ogni giorno i bisognosi. Il più informato, forse, sulla povertà e sulla fame: Salvo Pappalardo, vicepresidente della Caritas Diocesana. Una delle domande che gli abbiamo posto è stata: in che misura l’obiettivo 2 dell’agenda 2030 può riguardare anche la nostra città: ci sono molti poveri che soffrono la fame? Pappalardo ci ha risposto parlando di due diverse fragilità, quelle visibili e quelle invisibili. Il fabbisogno alimentare è presente e grave, ma rientra tra le povertà visibili del nostro territorio. La mensa della Caritas prepara mediamente ogni giorno circa cinquecento pasti. Numeri certo allarmanti. Ma la fame deriva spesso da povertà tremende e invisibili. Sono le dipendenze, quella patologica dal gioco, o quella dall’alcool e dalle sostanze stupefacenti. O la povertà aggravata dall’usura. Spesso le persone che navigano in cattive acque, dopo aver perso il lavoro perché la loro attività è fallita durante la pandemia, o dopo una separazione, scelgono di destinare le loro scarsissime risorse economiche a speranze illusorie e fatue, come una vincita al gioco o una dose. Ma ciò li porta a non avere più in tasca neanche quei pochi euro necessari a comprare un panino. Gli abbiamo chiesto che cosa hanno fatto e stanno facendo le istituzioni, la chiesa e i laici per sostenere chi ha bisogno.

Le istituzioni, ci ha spiegato, hanno sempre cercato di intervenire a beneficio delle famiglie, ma forse hanno sbagliato a non sedere al tavolo con chi affronta da vicino queste situazioni. I sussidi non sempre hanno salvaguardato la dignità delle persone, perché sono state erogazioni a pioggia. Mentre è il lavoro che salvaguarda la dignità. Le erogazioni non aiutano a uscire da quella situazione cronica di povertà, come farebbe invece un sussidio conferito a seguito di un lavoro, magari assimilabile al servizio civile, che pure è già normato. La chiesa interviene con le sue associazioni. Ma dovrebbe dare esempi maggiori, di vicinanza, alle persone. Non solo con la parola del Vangelo, che è la base per essere portatori di pace e costruttori del bene comune, ma anche con esempi concreti, di vera fratellanza, da parte di tutti i membri della chiesa.

Inevitabile la domanda: cosa si potrebbe fare di più? Secondo il presidente Pappalardo alcuni passi si stanno compiendo. Catania, su insistenza dell’Arcivescovo e del sindaco, sta cercando contrastare la dispersione scolastica. La Caritas diocesana ha già realizzato il primo centro a Catania, nella periferia di San Giorgio, affinché tanti bambini e ragazzi possano avere un riferimento scolastico anziché stare per strada.

Perché la cultura consente di conoscere, di arricchire il proprio sapere, di porsi delle domande e di ribellarsi a condizioni che ledono la dignità umana.

Un altro punto da aggiungere alla “to do list” sarebbe la lotta allo spreco alimentare, che è ancora presente a Catania. Infine le istituzioni dovrebbero pensare più al bene comune e meno al consenso, affinché il popolo possa avere la speranza di essere supportato e sostenuto.

Il confronto con queste voci che guardano con apprensione il problema ma cercano attivamente di fare il possibile per aiutare, è stato per noi un importante riscontro di realtà. Da tutte queste voci emerge un messaggio drammatico, ma anche una nota di speranza, fiducia in un bene possibile del quale tutti noi possiamo essere costruttori. La povertà e la fame sono ancora presenti in maniera allarmanti. Ma non mancano aiuti, istituzionali e non, religiosi e laici, e non deve mancare neppure il nostro.

Aurora La Placa, Alessandro Speranza, Giacomo Campo, Michael Militello, Virginia Caruso
IV Accoglienza Turistica, IOS Pestalozzi, Catania

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