Un Municipio siciliano su tre è a rischio default - QdS

Un Municipio siciliano su tre è a rischio default

Paola Giordano

Un Municipio siciliano su tre è a rischio default

martedì 23 Luglio 2019

Trenta sono già in dissesto, molti altri in bilico. Il “Rapporto Ca’ Foscari sui Comuni” ha evidenziato lo squilibrio finanziario della realtà siciliana

PALERMO – Se le uscite restano consistenti ma le entrate scarseggiano, i conti non tornano: è una semplice legge della matematica. La conoscono bene i trenta Comuni siciliani che a oggi stanno affrontando un dissesto finanziario. E che, purtroppo, potrebbero aumentare presto: secondo il “Rapporto Ca’ Foscari sui Comuni 2018” è, infatti, un Ente siciliano su tre a essere in serie criticità.

Le cause sono tante ma i molti problemi che gli Enti locali riscontrano nella riscossione dei tributi sono sicuramente in pole position. Se a ciò si aggiunge il fatto che i trasferimenti statali e regionali sono sempre più risicati e che, per contro, le spese di ordinaria amministrazione (personale compreso) continuano a costituire uno dei capitoli di bilancio più sostanzioso, il pranzo è servito.

A offrirci un quadro aggiornato delle condizioni finanziarie dei nostri Comuni è Stefano Campostrini, professore ordinario del Dipartimento di Economia dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e responsabile della ricerca sulle finanze dei Comuni che ha portato al “Rapporto Ca’ Foscari sui Comuni” curato da Marcello Degni, magistrato della Corte dei Conti e anch’egli docente presso l’Ateneo veneziano.

Professor Campostrini, sulla base dei dati raccolti all’interno del “Rapporto Ca’ Foscari sui Comuni”, qual è la situazione degli Enti locali siciliani?
“La Sicilia è da annoverare tra le Regioni che hanno il più alto numero di Comuni in dissesto: al primo posto c’è sì la Calabria ma l’Isola ha sorpassato la Campania piazzandosi così al secondo posto. Anche sulle nuove discipline, il riequilibrio (pre-dissesto, introdotto a fine 2012) per esempio, la Sicilia si pone al secondo posto. Si tratta di una tendenza iniziata negli anni più recenti: la Sicilia non presentava queste criticità finanziarie a fine millennio. I peggioramenti sono stati contemporanei alla crisi finanziaria italiana, tanto è vero che il numero dei Comuni siciliani in dissesto degli ultimi cinque anni è arrivato addirittura a trenta. Per capirci, mentre nelle regioni del Nord i Comuni che hanno dichiarato dissesto o che sono in fase di riequilibrio sono poche unità, in Sicilia parliamo del 35% dei Comuni”.

In sostanza un Comune su tre ha manifestato alti livelli di criticità finanziaria. Secondo lei da quali fattori dipendono questi dati?
“Ci sono due cause: una tecnica e una pratica. Posto che le storie e le situazioni sono diverse da Comune a Comune, volendo generalizzare, nei Comuni siciliani si evidenzia una maggiore difficoltà di riscossione. La questione è che si mettono a bilancio crediti che si fa fatica a riscuotere ma che vengono contabilizzati come partite dovute. Parliamo di difficoltà di riscossione che in alcuni casi sono patologiche: ci sono Comuni in Sicilia e nel Mezzogiorno che riscuotono solo il 10% dei tributi locali. È chiaro che se un Comune ha alte spese correnti da sostenere e non ha flussi di entrate prima o poi salta. Questo meccanismo diventa tanto più grave nei Municipi di media e grande dimensione, dove le spese correnti sono molto alte. Il caso più celebre è quello di Catania. Il piccolo Comune che ha difficoltà economiche riesce a barcamenarsi di più rispetto alla grande città che, per ovvie ragioni, ha costi fissi molto più alti. A quest’analisi va aggiunto un altro dato importante: i Comuni di altre regioni riescono meglio a barcamenarsi perché hanno una quantità di personale nettamente minore rispetto a quella presente mediamente nelle amministrazioni siciliane. Il numero medio del personale dei Comuni rapportato alla popolazione siciliana è quasi il doppio di quello Veneto, dove i dipendenti sono 5,26 su 1.000 abitanti: in Sicilia quel numero sale a 9,35 dipendenti comunali per 1.000 abitanti. Questo non vuol dire necessariamente che la Sicilia ha troppi dipendenti: probabilmente sono i comuni veneti ad averne troppo pochi e con quei pochi si arrangiano. I costi fissi in quest’ultimo caso sono più bassi e quindi è più facile barcamenarsi”.

Come si spiega il fatto che il Veneto, pur non disponendo di un organico quantitativamente adeguato, abbia registrato pochissimi casi di Comuni in dissesto mentre in Sicilia le casse degli Enti locali traballano? C’è qualcosa che non quadra, non trova?
“Evidentemente, e soprattutto in alcune realtà, si sta adoperando uno strumento eccezionale per trovare soluzioni a problemi che eccezionali non sono. Deve essere trovata una soluzione che da un lato modifichi le attuali procedure che quando vengono adottate da troppi non funzionano. Dall’altro bisogna lavorare sul perché i Comuni abbiano difficoltà finanziarie”.

Quali sono le soluzioni?
“La nostra proposta è quella di suggerire ai governanti di lavorare almeno su tre livelli: il primo è quello di riformare il meccanismo che regola le criticità finanziarie che si è dimostrato poco funzionante e poco funzionale. Bisognerebbe poi ripensare alle finanze dei Comuni perché essi sono il braccio dell’apparato statale più vicino ai cittadini e in quanto tale, per il nostro ordinamento, non possono fallire perché offrono dei servizi essenziali ai cittadini. In ultima istanza bisognerebbe lavorare sull’aspetto formativo del personale. Se con poco alcune amministrazioni in Italia riescono a far quadrare i conti evidentemente c’è anche un’incapacità gestionale delle amministrazioni. Mi riferisco non solo al discorso relativo alla quantità del personale ma anche alla loro preparazione. Poi c’è la questione della riscossione. Servirebbe per questa un nuovo patto con i cittadini che consenta di passare dall’attuale circolo vizioso in cui si trovano le pubbliche amministrazioni (cittadini scontenti dei servizi e riluttanti a pagarli), a uno virtuoso all’interno del quale il cittadino capisca l’importanza di assolvere ai propri doveri fiscali. La bacchetta magica non ce l’ha nessuno però è chiaro che andare a stanare gli evasori attuando misure efficienti di riscossione aiuterebbe le finanze locali. L’attuale governo sta pensando alla costituzione di un gruppo di lavoro che dovrebbe modificare il Titolo VIII del Tuel (Testo Unico degli Enti Locali, ndr) che regola gli enti locali in difficoltà finanziarie. Il nostro auspicio, come tecnici, è che questo avvenga in tempi rapidi perché è uno degli aspetti fondamentali per far lavorare meglio i Comuni. Però è necessario investire anche sugli altri aspetti (finanziamenti e formazione) perché, affrontando solo la questione della normativa, si sistemerebbe il modo di correre al riparo ma non le cause che generano le difficoltà finanziarie”.

La posizione dell’Anci
Una “profonda fragilità” sempre più preoccupante

PALERMO – I drastici tagli dei trasferimenti statali e regionali hanno sicuramente dato il colpo di grazia alle casse comunali, ma non è questo l’unico motivo dell’attuale precarietà dei conti pubblici dei Comuni. Insieme a Mario Emanuele Alvano, segretario regionale dell’AnciSicilia e voce che sintetizza le posizioni degli Enti locali, abbiamo cercato di sviscerare le cause che generano le difficoltà finanziarie nelle amministrazioni siciliane.

Segretario Alvano, i numeri pubblicati nel “Rapporto Ca’ Foscari sui Comuni” mostrano che il 35 per cento dei Comuni siciliani presenta serie criticità finanziarie: o ha dichiarato il dissesto o ha avviato una procedura di pre-dissesto. Come analizzare questo dato?
“In Sicilia abbiamo circa cento Comuni che si trovano in differenti situazioni di criticità finanziaria: dissesto, pre-dissesto e deficitarietà strutturale. Quest’anno la situazione si è aggravata: sono stati rivisti gli indicatori sulla deficitarietà e sul piano della liquidità abbiamo una riduzione della misura dell’anticipazione di Tesoreria passata dai cinque dodicesimi ai quattro dodicesimi. Molti sono i Comuni che lamentano ulteriori elementi di criticità finanziaria. L’erogazione dei 115 milioni da destinare ai Comuni per spese per investimento è legata all’accordo tra Stato e Regione in materia di risparmi nella sanità. Ne consegue che l’effettiva erogazione avverrà solo dopo la chiusura di tale intesa. Si tratta di risorse importanti per pianificare investimenti ma anche per pagare le rate dei mutui. Vi è poi la necessità di rivedere i criteri di riparto del Fondo Autonomie Locali che penalizzano alcuni comuni molto più di altri. In particolare i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti nel riparto provvisorio del 2019 hanno subito una decurtazione di circa il 15 per cento delle risorse. Tagli che speriamo però vengano recuperati: in atto in tal senso vi è una intensa interlocuzione con la Regione”.

Lo scenario non è molto confortante…
“Il quadro a ben guardare non è omogeneo. Non tutti i Comuni siciliani, è bene evidenziarlo, registrano problemi finanziari: una parte di essi ha entrate sufficienti. è innegabile però che la grande parte dei Comuni siciliani, al di là di quelli in dissesto o pre-dissesto, si trovano in una condizione di debolezza finanziaria che dipende essenzialmente da due fattori: scarsa capacità fiscale e limiti capacità amministrativa. Abbiamo indici sul piano della riscossione particolarmente preoccupanti soprattutto sulla Tari ma anche, in misura minore, sull’Imu. Esaurita la procedura di dissesto, se non si attuano strategie che portando ad un equilibrio strutturale, i problemi finanziari con molta probabilità si ripresenteranno nuovamente. Occorre quindi una soluzione strutturale che affronti le cause profonde di questa fragilità. E che, soprattutto, rafforzi la capacità amministrativa dei Comuni da un lato e introduca meccanismi perequativi dall’altro. è diventato indispensabile per la loro stessa sopravvivenza aiutare i territori più deboli, molti piccoli Comuni delle aree interne dell’isola infatti da anni si stanno spopolando e rischiano di scomparire”.

I DATI PARLANO

30
Sono i Comuni siciliani che, a oggi, hanno in corso procedure di dissesto dinanziario

35%
La quota dei 390 Comuni dell’Isola che ha dichiarato dissesto o che è in fase di riequilibrio

15%
La quota di risorse decurtata nel riparto provvisorio del 2019 ai Comuni
con popolazione superiore a 5.000 abitanti

9,35
Sono i dipendenti comunali in Sicilia ogni 1.000 abitanti

5,26
Sono invece i dipendenti comunali in Veneto ogni 1.000 abitanti

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