Verde pubblico, serbatoi di CO2. Gli alberi vicini alle strade assorbono di più - QdS

Verde pubblico, serbatoi di CO2. Gli alberi vicini alle strade assorbono di più

Marcello Giuffrida

Verde pubblico, serbatoi di CO2. Gli alberi vicini alle strade assorbono di più

sabato 27 Aprile 2019

Un ettaro di nuova foresta può immagazzinare circa sei tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Kenya, India e Islanda sono i Paesi con i progetti di riforestazione maggiormente ambiziosi

BRONTE (CT) – Ridurre le emissioni inquinanti non basterà: per contenere l’aumento delle temperature medie del nostro Pianeta a 2 gradi centigradi entro la fine del secolo, rispetto all’età preindustriale, bisognerà rimuovere moltissima anidride carbonica dall’atmosfera. Ogni attività dell’uomo genera una quantità calcolabile di emissioni di gas a effetto serra. È necessario neutralizzare la produzione di queste emissioni mediante il processo di compensazione: ovvero, bisogna mettere in atto progetti volti a ridurre le quantità di gas emessi. In particolare, il verde pubblico contribuisce fortemente alla riduzione di anidride carbonica nell’aria.

Gli alberi e il verde in generale hanno la capacità tramite il processo fotosintetico, di fissare l’anidride carbonica presente nell’aria. Il carbonio viene immagazzinato in modo relativamente duraturo nella biomassa legnosa degli alberi. La capacità di assorbire anidride carbonica dall’atmosfera è pertanto funzione essenziale dell’incremento medio di massa legnosa degli alberi.

Gli alberi si comportano come “serbatoi ” di carbonio, contrastando così l’effetto serra. Un ettaro di nuova foresta può immagazzinare mediamente circa sei tonnellate di anidride carbonica ogni anno, raggiungendo l’attività massima a partire dai dieci anni di vita. Gli alberi situati in prossimità delle strade assorbono nove volte più inquinanti degli alberi lontani dalle stesse, convertendo i gas dannosi in ossigeno e in altri gas naturali benefici. Le emissioni dei gas di scarico delle autovetture, sono tra i principali problemi di salute pubblica e contengono grossi quantitativi di inquinanti.

Secondo una recente pubblicazione delle statunitensi National Academies of Sciences, Engineering and medicine, si potrebbero cancellare fino a 10 miliardi di tonnellate di CO2 ogni anno a livello mondiale, a costi inferiori a 100 dollari per tonnellata di anidride carbonica mediante forestazione e riforestazione, gestione più attenta degli ecosistemi terrestri e costieri per incrementare la loro capacità naturale di trattenere il carbonio, impianti Ccs applicati alle bioenergie (Bioenergy with carbon capture and storage).

Quest’ultima soluzione prevede di destinare ampi terreni alle coltivazioni per assorbire la CO2 durante la crescita delle piante e poi produrre energia o carburanti con le biomasse: catturando le relative emissioni di anidride carbonica, la CO2 verrebbe stoccata in depositi sotterranei, come ex giacimenti di gas.

Secondo uno studio condotto da Coldiretti, l’Acero riccio è l’albero maggiormente depurativo: infatti, ogni esemplare è in grado di assorbire fino a 3800 chili di CO2 in vent’anni e ha un’ottima capacità complessiva di mitigazione dell’inquinamento e di abbattimento delle isole di calore negli ambienti urbani. A pari merito, con 3100 chili di CO2 aspirate dall’aria, ci sono poi la Betulla verrucosa e il Cerro.

Il Ginkgo biloba oltre ad assorbire 2800 chili di CO2 vanta anche un’alta capacità di barriera contro gas, polveri e afa e ha una forte adattabilità a tutti i terreni compresi quelli urbani. Fra gli alberi anti smog troviamo anche il Tiglio, il Bagolaro che è fra i più longevi con radici profonde e salde come quelle dell’Olmo campestre.

Molteplici sono le opere di riforestazione che si stanno attuando in tutto il mondo. La principale riguarda il progetto brasiliano della Ong statunitense Conservation International che prevede la piantumazione di 73 milioni di alberi in Amazzonia. L’operazione si svolgerà nella zona dove si è verificato il 50% della deforestazione mondiale e dove la foresta pluviale è stata abbattuta per far posto a coltivazioni e pascoli.

Il progetto del Governo del Kenya prevede la riforestazione delle zone montane, con venti milioni di nuovi alberi. L’iniziativa è stata presa dopo che si è calcolato che l’8% delle foreste keniote era andata perduta nel giro di un paio di decenni a causa dell’utilizzo energetico del legname, cosa abbastanza comprensibile se si pensa che nel Paese il 50% della popolazione è priva di elettricità.

L’India punta al Guinness dei primati in tema riforestazione. Il 2 luglio 2017, in un solo giorno, il Paese asiatico ha piantato 66.750.000 alberi, grazie alla straordinaria mobilitazione di 1,5 milioni di cittadini, nello stato di Madhya Pradesh. È stato così battuto il proprio precedente record, stabilito nel 2016, che era di 50 milioni di alberi, sempre in un giorno e con l’ausilio di 800 mila cittadini, nello stato dell’Uttar Pradesh.

Ma l’esperienza più particolare in materia di riforestazione arriva dall’Islanda, luogo che è stato quasi interamente disboscato per questioni energetiche e dove non sono più ricresciute le piante a causa delle pecore. Il Governo ha deciso di intensificare l’opera rimboschimento con l’obiettivo del 12% di territorio boschivo entro il 2100 e lo fa piantando tre milioni di alberi ogni anno. Il progetto è lo strumento che consentirà di abbattere le emissioni di CO2 dell’Islanda, assorbendo il 15% residuo delle emissioni dovuto alla produzione di energia da fossili. Percentuale bassa visto che la nazione dei ghiacci produce da oggi l’85% dell’energia che usa da rinnovabili.

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