Cannabis, tutti i limiti della "coltivazione domestica" - QdS

Cannabis, tutti i limiti della “coltivazione domestica”

redazione web

Cannabis, tutti i limiti della “coltivazione domestica”

sabato 28 Dicembre 2019

Dalla Cassazione, dopo la storica sentenza, molti paletti: "la può fumare solo il coltivatore". Emma Bonino, "finalmente è caduto un tabù". Un coro di proteste dalla destra, dal Family day alla Meloni, da Forza Italia alla Lega Nord

Per Emma Bonino, storica leader radicale, vede nella sentenza della Cassazione sulla “coltivazione domestica” della cannabis, il risultato “di quarant’anni di impegno, in particolare del mio impegno”.

“Si è rotto un tabù – ha sottolineato – e questo è un primo passo per poter ragionare oltre i cliché e gli stereotipi”.

E il parlamentare del M5s Matteo Mantero, firmatario dell’emendamento sulla cannabis light non votato dal Parlamento perché dichiarato inammissibile dalla presidente Elisabetta Casellati (Fi), commentando la sentenza della Cassazione detto: “si mette fine alla stortura tutta italiana di una legge che consegnava il mercato monopolista delle droghe leggere nelle mani della mafia. Adesso è arrivato il momento che il legislatore si svegli”.

Il dibattito sulla pericolosità della cannabis dura, come ha sottolineato la Bonino, da quarant’anni. Ma da tempo, al di là delle ideologie, ne sono state accertate ormai le qualità terapeutiche. Da dieci anni in Italia i medici possono prescrivere preparazioni magistrali contenenti sostanze attive vegetali a base di cannabis per uso medico da prepararsi in strutture preposte. Come già previsto dal Testo Unico sulle droghe 309 del 1990, la sostanza può esser coltivata dietro autorizzazione di un organismo nazionale ad hoc. E sulla cannabis terapeutica si è espressa, come ha scritto il Qds.it, anche la Regione siciliana.

Va aggiunto, per completezza di informazione, che la cannabis viene consumata ogni anno da più di 147 milioni di persone al mondo, ovvero il 2,5% della popolazione mondiale e che tra i Paesi ad aver legalizzato l’uso terapeutico ci sono Australia, Canada, Cile, Colombia, Germania, Grecia, Israele, Italia, Paesi Bassi, Perù, Polonia e Regno Unito e negli Usa trentuno degli Stati hanno fatto lo stesso.

Resta il problema della presunta e mai scientificamente dimostrata dipendenza su cui punta San Patrignano e soprattutto quello – sottolineato da Mantero e che fin dall’inizio fu il nodo evidenziato dai radicali e da Marco Pannella – della vendita: se si è costretti a comprare da uno spacciatore, si crea il presupposto perché al consumatore, spesso minorenne, vengano forniti altri stupefacenti davvero pericolosi.

La sentenza della Cassazione risolve questo nodo, inserendo però molti paletti nella massima di diritto – la sentenza ancora non è stata depositata – sulla depenalizzazione della coltivazione domestica di piante stupefacenti.

In attesa che il Parlamento finalmente legiferi, i magistrati hanno scritto che le piantine in casa devono essere coltivate su balconi e terrazze in piccolissime quantità e con “rudimentali tecniche”, senza cioè fertilizzanti e impianti di irrigazione. Il consumo, inoltre, è riservato al solo “coltivatore” e non estensibile a parenti o amici.

Contro la sentenza si è espresso ovviamente la destra italiana: in un video via social, Antonio Tajani vicepresidente di Forza Italia, ha parlato di “drogati che hanno cominciato con una canna”, il senatore Udc Fabio De Poli di “follia diseducativa”, il governatore leghista Massimiliano Fedriga si è detto contrario a questi “piccoli passaggi” verso la “droga libera”.

Attacco ai giudici, poi, dal Family day: “si inventa un diritto a drogarsi che non ha alcun fondamento giuridico e alimenta una cultura dello sballo che oltre a minare l’integrità psicofisica dei giovani, è fra le maggiori cause di incidenti stradali mortali”. Sulla stessa scia anche il Moige, “seriamente preoccupato per il messaggio devastante ai giovani”.

Ma non si tratta di associazioni apolitiche: il 28 marzo scorso a Verona ebbe luogo il cosiddetto “Congresso mondiale delle famiglie”, definito in un’inchiesta de L’Espresso, “Un raduno della destra oscurantista e integralista, che riunisce nazionalisti ortodossi russi, conservatori evangelici americani e ultrà cattolici italiani in una sorta di fronte neo-crociato“.

Un blocco che finanzierebbe, secondo l’inchiesta di Report “La fabbrica della paura” andata in onda sulla Rai nell’ottobre scorso, oltre ai cosiddetti movimenti Pro Life italiani, anche la Lega Nord di Matteo Salvini – attraverso Alexey Komov, presidente onorario dell’Associazione Culturale Lombardia Russia del leghista Gianluca Savoini, e uomo di fiducia del miliardario “filantropo” russo Konstantin Malofeev) e organizzazioni neofasciste italiane come la Forza Nuova di Roberto Fiore.

Queste associazioni, in tutto e per tutto politiche, hanno però “l’accortezza di rovesciare i loro messaggi in positivo, presentandosi come movimenti per la famiglia”.

Su The vision si ricorda come tra gli sponsor del WCF di Verona ci fossero Generazione Famiglia, Comitato Difendiamo i Nostri Figli e ProVita Onlus, “vicinissime alla Lega di Lorenzo Fontana e di Simone Pillon, creatore del gruppo interparlamentare Vita, famiglia e libertà” cui è iscritto Massimo Gandolfini, presidente del Family Day.

Ricorda anche che il World Congress of Families è stato segnalato come “gruppo d’odio” da diverse organizzazioni per i diritti civili: causa del declino della famiglia naturale, come dichiarato in un loro documentario del 2007, Demographic Winter, sarebbero il divorzio, l’omosessualità e le donne lavoratrici.

Ricorda infine, The vision, che secondo un’inchiesta dell’Human Rights Campaign, il World Congress of Families statunitense ha un budget annuale di 216 milioni di dollari e la maggior parte arriverebbe “da quello che da sempre è il primo alleato dell’organizzazione, la Russia”. E dunque, secondo Report, da quel Konstantin Malofeev sanzionato, oltre che dall’Ue, anche dagli Stati Uniti per aver minacciato la pace in Ucraina.

La leader di FdI Giorgia Meloni, anche lei presente al raduno veronese di
World Congress of Families , commentando la decisione della Cassazione ha affermato adesso di condividere le preoccupazioni espresse da queste associazioni e di voler continuare “al loro fianco la battaglia per una vita libera da ogni droga e dipendenza”.

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