Governo, Di Maio tra diktat e crisi d'identità - QdS

Governo, Di Maio tra diktat e crisi d’identità

redazione

Governo, Di Maio tra diktat e crisi d’identità

sabato 31 Agosto 2019

Il capo politico grillino cambia in corsa i termini dell'accordo con il Pd probabilmente perché si rende conto di aver detto troppi sì a Salvini venendo così superato da Conte nella considerazione degli iscritti al M5s. L'ironia dei social. E si attende l'intervento di Grillo

Nuovo vertice sul programma questa mattina dopo che ieri è sembrato vacillare il governo 5S-Pd sulle dichiarazioni di Di Maio.

L’incontro tra le due delegazioni, coordinato dal premier incaricato Conte è convocato a Palazzo Chigi.

Ieri Di Maio, forzando la mano nell’incontro, aveva consegnato una lista di venti punti al premier incaricato affermando, “o si approva il programma M5s oppure è meglio il voto”.

Confermata anche la consultazione su Rousseau – una sciocchezza di dimensioni incredibili visto che non ha alcun fondamento istituzionale – mentre tra le priorità dei grillini non c’è la modifica dei decreti sicurezza.

Un’altra ragione di scontro ieri con il Pd, insieme al nodo del vicepremier che – evidentemente per ragioni esclusivamente personali – sta molto a cuore a Di Maio.

La tensione, insomma, sta facendo venir fuori tutte le criticità del “sistema” grillino, dall’apparente “democrazia della rete” alla reale tendenza a concentrare il potere nelle mani di pochissimi, che poi, come tutti, si affezionano alle poltrone.

Luigino Di Maio, insomma, appare ormai – soprattutto ai suoi – un leader in forte crisi d’identità, costretto a cambiare in corsa i termini dell’accordo con il Pd probabilmente perché si rende conto di aver detto troppi sì a Salvini venendo così superato da Conte nella considerazione degli iscritti al M5s.

E adesso i grillini, a partire da Patuanelli che ieri ha cercato di gettare acqua sul fuoco, attendono il consueto intervento salvifico di Grillo.

L’ironia dei social media su “Giggino”

“E noi che pensavamo che il suo problema più grosso fosse quello con i congiuntivi… Siamo inguaribilmente ‘buonisti'”.

“Un uomo mediocre. Un leader pessimo. Un politico ridicolo. Un ministro fallimentare. Un quaquaraquà presuntuoso”.

#DiMaioBasta. E’ rivolta social a colpi di tweet contro Luigi Di Maio.

“Lasciare la trattativa” in mano sua “è da masochisti. Il m5s non ha capito ancora un cazzo”.

“Ma vi rendete conto nelle mani di chi avete messo l’Italia?”.

E c’è chi urla al sequestro: “Se qualcuno sta leggendo, per favore ci aiuti, siamo tenuti in ostaggio da 14 mesi da un gruppo di incompetenti, siamo allo stremo, fate qualcosa, non è uno scherzo. Gli Italiani”.

“Almeno l’altro aveva bevuto i Mojito, #DiMaio è pure sobrio” cinguettano.

E a tenere banco sono i celebri 20 punti di programma con la foto di Mattarella che lo interroga sulle tabelline. “I nostri 20 punti sono imprescindibili: 1° No Tav, 2° Sì Tav, 3° No Tap, 4° Sì Tap, 5° Si Vota su Rousseau, 6° Si Vota ad ottobre, 7° dec. Sicur. non si tocca, 8° Decr. Sicur. si può modificare… ecc “.

“Sì, Sì .. Giggì, mò me lo scrivo..” accompagnato dalla foto di Massimo Troisi in “Non ci resta che piangere”.

Governo, i punti del programma esposti da Di Maio a Conte

‘Discorso duro? Non l’ho sentito proprio’, ha detto poi Conte che, al funerale del cardinale Silvestrini, ha avuto un breve incontro con il Papa.

Ieri sera, pontieri al lavoro con il premier incaricato che a Palazzo Chigi, ha visto Franceschini e Orlando, D’Uva e Patuanelli. “C’è un percorso per un programma condiviso”, ha assicurato in una nota.

Conte chiede “rosa credibile” di nomi, il nodo vicepremier

Il premier incaricato, sin dalle consultazioni, fa capire subito che nel governo giallo-rosso ha tutta l’intenzione di giocare da protagonista, proponendo, secondo fonti parlamentari, a Pd e M5S di inoltrargli una rosa di nomi “credibili” per i ministri chiave nei confronti della quale Conte farà poi le sue scelte, confrontandosi alla fine con il presidente Mattarella che su quei nomi deve metterci la firma.

Con un nodo che resta irrisolto e che sta condizionando anche la composizione del programma comune: quello di Luigi Di Maio come vicepremier.

Ruolo che, per il capo politico, è funzionale anche a rafforzare la sua leadership. Da qui l’estremo tatticismo di una partita che oscilla tra semi-ultimatum, incontri annullati, e successive ricuciture.

“Conte premier super partes”

C’è una frase che Di Maio sottolinea subito: Conte è un premier “super partes”.

E’ questo il concetto che, nella strategia del M5S, fa da viatico al mantenimento di due vicepremier.

“Mica Conte è iscritto al Movimento?”, è, non a caso, l’osservazione che ribadiscono, in queste ore, i pentastellati.

Ma i Dem restano sulla sponda opposta: Conte, per il Nazareno, è espressione del Movimento.

Il premier da parte sua sembra volersi conquistare spazi di autonomia decisionale.

Spetterà comunque proprio a Conte trovare una soluzione.

Con una possibilità che si fa via via più concreta: che alla fine non ci siano vice e che il premier scelga un suo uomo di fiducia – non del Pd – come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.

Soluzione, quest’ultima, che secondo alcune fonti parlamentari potrebbe non essere osteggiata dal Quirinale.

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