C’è un’emergenza? Si salvi chi può! - QdS

C’è un’emergenza? Si salvi chi può!

Riccardo Bedogni

C’è un’emergenza? Si salvi chi può!

venerdì 31 Luglio 2009

Prevenzione. Scarsissima pianificazione in caso di calamità naturali.
Catania e Ragusa. I 58 Comuni della provincia etnea hanno presentato il Piano, ma solo 30 sono stati ritenuti idonei. Peggio hanno fatto a Ragusa: su 12 documenti, nessuno è “in regola”.
Messina virtuosa. Nella Città dello Stretto il Piano più avanzato, anche per quanto riguarda l’informazione alla cittadinanza: il documento coordinato da un commissario prefettizio

PALERMO – Rischio sismico, industriale, idrogeologico, idraulico. E ancora, rischio incendi, trasporto di merci pericolose e rischio vulcanico. Nel territorio siciliano le componenti, naturali e non, per un possibile evento calamitoso che coinvolga la popolazione ci sono tutte.
La Regione siciliana con L.r. 14/1998 “Norme in materia di Protezione civile”, ha recepito la L.n. 225/92, che istituiva il Servizio nazionale della Protezione civile, nonché le funzioni attribuite in materia alle Regioni, Province e Comuni, dall’art. 108 del D.lgs 112/1998. Per prevedere, prevenire e fronteggiare l’emergenza, la legislazione vigente assegna competenze ai diversi soggetti istituzionali del sistema, a seconda della categoria di evento in base all’art. 2 della 225, e impone loro di dotarsi di un Piano di Protezione civile.
Dai dati forniti dal Dipartimento regionale della Protezione civile, poco più del 50% dei Comuni siciliani ne è dotato; di contro sono totalmente deficitarie le Province. Per quanto riguarda i Comuni, va tuttavia precisato che i dati risalgono al settembre 2007, quindi vanno rivisti perché un piano d’emergenza territoriale deve essere costantemente aggiornato. Inoltre, dei 249 comuni che l’hanno redatto, solo per il 30% è ritenuto idoneo dal Dipartimento regionale.
Tra i Comuni capoluogo, spicca in negativo Agrigento, l’unico a non averlo, anche se dicono sia in fase di approvazione. Il più virtuoso, quello di Messina, che si trova in una fase più avanzata, anche per quanto riguarda l’informazione alla cittadinanza, perché coordinato dal Commissario prefettizio e dal Dipartimento regionale in seguito all’ordinanza n. 3603, “Emergenza città di Messina”, della presidenza del Consiglio dei ministri .
A livello provinciale, per aver quanto meno redatto il Piano, il primato spetta alla totalità dei 58 Comuni del catanese e ai 12 del ragusano, anche se tra i primi solo 30 sono ritenuti idonei e nessuno tra i secondi. Infatti, fa notare il responsabile dell’ufficio di Protezione civile della Provincia di Ragusa, Paolo Pollicita, “i Piani comunali sono predisposti con un metodo superato, che prevedeva una semplice elencazione di nomi e di numeri utili”.
Sulla base delle informazioni fornite dagli altri responsabili degli uffici provinciali, che dovrebbero fungere da collettore dei Comuni, ad essere dotati di Piano – redatto col metodo “Augustus”, dal nome dell’imperatore romano che duemila anni fa affermava come “il valore della pianificazione diminuisce con la complessità dello stato delle cose”, che deve avere le caratteristiche di semplicità e flessibilità –  sono: 10 in provincia di Siracusa; 3 in provincia di Caltanissetta; 8 in quella di Agrigento; 14 nel palermitano; 9 nell’ennese; 15 in provincia di Messina e 2 in quella di Trapani. In netto contrasto con i dati del Dipartimento regionale.
Un ruolo trainante e da stimolo per i Comuni potrebbe averlo l’Anci Sicilia ma, come dice il segretario generale Andrea Piraino, “la problematica non è mai stata approfondita” e si sta solo discutendo un’intesa con la Protezione civile regionale per agevolare i programmi e l’organizzazione, “arenatasi a causa del terremoto in Abruzzo”.
Diversa la situazione per quanto concerne le Province. La Legge regionale n. 14 del 31 agosto 1998 dispone soltanto che queste istituiscano gli uffici di Protezione civile, per far fronte alle competenze assegnate dal D.lgs. 112/98 per “la predisposizione dei Piani provinciali di emergenza sulla base degli indirizzi regionali”.
“Il problema – evidenzia Carlo Bertolino, coordinatore dell’ufficio di Protezione civile della Provincia di Trapani – è che mancano del tutto gli indirizzi regionali cui fa riferimento il Decreto legislativo”.
Tutte le Province e il 90% dei Comuni hanno però adottato un Piano relativo al rischio incendi d’interfaccia, quelli che possono coinvolgere la popolazione, in base all’Opcm 3606/2007, e stanno elaborando quello per il rischio idrogeologico come da stessa ordinanza.

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