Sanzioni tributarie, cause di non punibilità - QdS

Sanzioni tributarie, cause di non punibilità

Michela Forastieri

Sanzioni tributarie, cause di non punibilità

giovedì 11 Ottobre 2012

La normativa di riferimento è rappresentata dai Decreti Legislativi 471, 472 e 473 del 18/12/1997. La dottrina, ad esempio, considera un quid eccezionale i casi di violazione determinata da forza maggiore

ROMA – Sono già trascorsi quindici anni dall’entrata in vigore del nuovo assetto sanzionatorio tributario amministrativo, quello che, attraverso i Decreti Legislativi 471, 472 e 473 del 18/12/1997, abolendo le vecchie sopratasse e pene pecuniarie, ha inciso notevolmente nelle regole che presiedono alla applicazione delle sanzioni amministrative in caso di violazione delle norme tributarie.
Le disposizioni in argomento, più in particolare, recependo regole proprie del codice di procedura penale, hanno affermato alcuni principi fondamentali come quello della “legalità” (art.3 D.Leg/vo 472/97) e della “imputabilità” (art.4 D.Leg/vo 472/97), principi secondo i quali nessuno può essere assoggettato a sanzione quando la norma che prevede l’obbligo violato non è più in vigore (“favor rei”) e quando l’autore della violazione, al momento della commissione della irregolarità, non aveva capacità di intendere e di volere.
Con l’art.6 del D.Legislativo 472, inoltre, sono state previste alcune cause di “non punibilità” e tra queste spiccano quelle che riguardano il caso di violazione determinata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma, nonché il caso di violazione commessa per causa di forza maggiore.
Delle ipotesi di “obiettive condizioni di incertezza” se ne è già parlato dalle pagine del QdS lo scorso 11 aprile. .
Con riguardo all’altra ipotesi, concernente la non punibilità per causa di forza maggiore, la dottrina considera tale condizione come un quid eccezionale, imprevedibile e inevitabile e, quindi, un evento, derivante dalla natura o dal fatto dell’uomo, che non può essere previsto e non può essere contrastato.
Va detto comunque che si tratta di una ipotesi di esimente verso la quale l’Amministrazione Finanziaria ha sempre preso un po’ le distanze.
Recentemente, partecipando ad un convegno, anche Befera, Presidente di Equitalia (oltre che direttore dell’Agenzia delle Entrate), parlando però nella veste di Agente della Riscossione e non come Ente impositore, ha affermato che “non ci sono evasori veri ed evasori falsi” e che non si può giustificare l’evasione “per necessità”. Affermazioni le quali, tuttavia, verosimilmente volevano solo evitare che al fenomeno dell’evasione potesse essere data una qualunque giustificazione, senza lo stesso Direttore avesse voluto escludere – ad avviso di chi scrive – la possibilità dell’esistenza di casi di violazione determinata da forza maggiore.
Ed a questo proposito va segnalata l’esistenza di giurisprudenza (Commissione Trib. Provinciale di Lecco n. 352 del 23/7/2010 – Commissione Trib. Regionale di Roma n. 158 del 20/6/2012), la quale ha ampliato il concetto sostenendo che, in caso di mancato pagamento dei tributi, può essere riconosciuta la “causa di forza maggiore” e, quindi la non punibilità, quando la violazione è dipesa da mancanza di liquidità dell’azienda legata ad insufficienza di incassi oppure alla esigenza di dare la precedenza ad altri creditori (come – ad esempio – i lavoratori dipendenti) piuttosto che all’Erario.
L’assenza di liquidità assume particolare significato quando dipende dal mancato pagamento, da parte della Pubblica Amministrazione, per operazioni poste in essere nei suoi confronti, una circostanza che assume talvolta connotati di natura sociale, specialmente quando, in un periodo di crisi globale come è quella attuale, i corrispettivi legittimamente pretesi dal cittadino vengono pagati dall’Ente Pubblico con ritardi che (come risulta da una recente statistica) in media sono di sei mesi ma che spesso sono anche di gran lunga superiori ad un anno. La non volontarietà della violazione commessa, comunque, deve essere adeguatamente dimostrata dal contribuente al fine di consentire al Giudice di verificare se, nel caso portato alla sua attenzione, vi sia spazio per disapplicare la sanzione applicata dall’Ufficio.
Per completezza va detto pure che, nel corpo dello Statuto dei diritti del Contribuente, esiste un’altra disposizione, l’art. 9 della Legge 212/2000) la quale prevede la “Rimessione in termini” da parte del Ministero delle Finanze quando il tempestivo adempimento dell’obbligo tributario sia dipeso da causa di forza maggiore.
Al riguardo, il Ministero dell’Economia e delle Finanze , qualche tempo fa, ha fatto sapere che tale disposizione è applicabile nei casi in cui l’impedimento al tempestivo assolvimento degli obblighi tributari interessa la generalità dei contribuenti. Secondo il Ministero, infatti, questa disposizione non si può applicare nel caso di un evento impeditivo che riguarda il caso singolo, ma solo nel caso di eventi naturali (come le calamità naturali), oppure determinati dall’uomo (come uno sciopero), che prescindono dalla situazione contingente del singolo contribuente, al quale, comunque, ad avviso di chi scrive, resta ferma la possibilità di chiedere al Giudice l’accertamento della una causa di forza maggiore che gli ha impedito di adempiere all’obbligo fiscale e, conseguentemente, la disapplicazione della sanzione non a norma dello “Statuto”, bensì a norma dell’art.6 del Decreto Legislativo 472.

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