L’amore è autentico se serve l’Essere - QdS

L’amore è autentico se serve l’Essere

Carlo Alberto Tregua

L’amore è autentico se serve l’Essere

mercoledì 17 Ottobre 2012
I media hanno ristretto fortemente il concetto di amore e lo conducono più all’aspetto materiale che a quello immateriale. E invece, l’amore è immenso, è grande, e comprende tutte le relazioni umane, ma anche i rapporti fra uomini, animali (San Francesco 1182-1226) ed il mondo vegetale.
L’amore è autentico se serve l’Essere, e se serve all’Essere per salvarsi dalle ingiustizie e dall’ignominia. I principi morali e i valori sono antecedenti al cristianesimo. Nel capitolo 125 del Libro dei Morti dell’antico Egitto, che risale a 1500 anni prima di Cristo è scritto “Ho soddisfatto Dio con ciò che ama, ho dato pane all’affamato, acqua all’assetato, vestiti all’ignudo, una barca a chi non ne aveva”. Queste frasi sono riportate nell’intelligente libro di Vito Mancuso, L’Anima è il suo destino.
Amare il prossimo come se stessi dovrebbe essere un ovvio comportamento. Ognuno di noi, nel suo sommo egoismo, ama sé stesso più di ogni altro. E, dunque, se riuscisse ad amare il prossimo alla stessa maniera, diffonderebbe questo sentimento a macchia d’olio.

Il bene non viene creato dal nulla, ma è iscritto nella logica dell’Essere. Essere persona per bene è uno stato mentale, una precondizione del vivere, non un fine da raggiungere. Tutto ciò che è bene, non si deve interpretare, ma capire ed adeguarsi ad esso, in modo da servirlo, con attenzione ed umiltà. Se l’amore non serve l’Essere, è solo un’illusione, un capriccio, una forma di egoismo.
L’anima nasce col concepimento oppure è inserita nel corpo umano dal suo Primo Architetto? Un dilemma cui è difficile rispondere nonostante numerosissimi volumi di studi ed opinioni in merito, anche antecedenti all’inizio del cristianesimo.
La lotta per la sopravvivenza comincia già nel momento del concepimento. Infatti, vi è guerra fra tutti gli spermatozoi, perché solo uno di essi, il primo, entra nell’ovulo e lo feconda. Tutti gli altri muoiono. Ma questo rientra nella Catena alimentare, che produce la vita solo mediante la morte di altri esseri viventi. L’erba dei prati viene uccisa dal brucare delle pecore, l’uomo uccide animali e piante. Gli animali uccidono altri animali per vivere.

 
Se ci pensate, anche il corpo vivente è soggetto a un continuo alternarsi fra la vita e la morte. Infatti la crescita cellulare è possibile solo mediante il fenomeno dell’Apoptosi (morte cellulare): le cellule nate si danno la morte per lasciare il posto alle altre cellule, e così via. Non sappiamo se questo processo, che chiamiamo vivere, potrebbe essere chiamato anche morire.
Molti vedono la morte come una maledizione o una nemica. Più corretto sarebbe vederla come la fine naturale di un corpo vivente nato tempo prima. Essa non va mitizzata. Come affrontarla? Non certamente all’ultimo momento. La soluzione sta nell’imparare a morire , cioè prepararsi durante tutta la vita, sapendo che essa è ineluttabile. L’unica cosa certa al mondo è la naturale scadenza degli esseri viventi.
Il saper morire ci affranca da ogni soggezione e costrizione. L’hanno detto fra gli altri Spinoza, Hegel, Wittgenstein. Francesco D’assisi  parla della morte come sorella e per essa loda il Signore.

Imparare a morire, dunque, è esercizio quotidiano, perché solo così si apprende la meravigliosa arte del vivere. Immanuel Kant (1724-1804) ci parla della ragione in quanto destinata al fare ed anche concreta, attiva, interessata, simpatetica e volitiva.
Blaise Pascal (1623-1662) ha scritto: “Se non si ama la verità non si può conoscerla”. Avere come compagna perenne la verità è un grande privilegio ed anche un modo per semplificare la vita. I bugiardi, infatti, sono costretti a ricordare le bugie per non smentirsi.
Chi crede alla vita eterna, non deve aspettare l’ultimo minuto, perché l’eterno non è il futuro, ma il presente. Quando il corpo muore, lo spirito gli sopravvive. Questo fatto non è ammesso dagli atei ed è poco sostenuto dagli agnostici.
Pensare è un esercizio appassionante perché consente di capire, seppure nei limiti angusti dell’uomo, la proporzione fra gli eventi ed il rapporto fra la storia ed il presente, da cui può nascere il futuro.
Senza questa visione generale di ciò che è accaduto, senza capire (o tentare di farlo) il perché degli eventi ed il perché dei comportamenti umani, restiamo a livello materiale degli animali. Quindi incapaci di amare tutto ciò che vive.

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